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Agricoltura: in Toscana CO2eq meno della metà della media nazionale

Le emissioni di gas serra derivanti dall’attività agricola sono pari al 3% della quantità totale di CO2

In Toscana le emissioni di gas serra derivanti dall’attività agricola sono pari al 3% della quantità totale di CO2. Il dato è inferiore alla metà della media nazionale, dove l’agricoltura contribuisce per circa il 7% al totale delle emissioni di CO2. In valore assoluto il dato riferito all’agricoltura toscana  è  inferiore a 1 milione di tonnellate di CO2 equivalente.  I  boschi toscani, che coprono circa il 50% della superficie regionale, hanno la capacità di assorbire circa  10 milioni di tonnellate di CO2, a fronte di un livello di emissioni di gas serra della regione, stimate nel 2007 pari a circa 33 milioni di tonnellate CO2.

Sono questi due dei dati più rilevanti  emersi dal convegno “Sostenibilità dei sistemi agricoli toscani e promozione delle produzioni a ridotta emissione di CO2” che si è svolto oggi a Firenze nell’aula magna della facoltà di Economia (via delle Pandette 32) che ha visto la presenza di numerosi esperti, docenti universitari e operatori della filiera agroalimentare.
Presentati oggi due studi commissionati dalla Regione alle Università di Pisa e Firenze

Il convegno è stato l’occasione per presentare i risultati di  due progetti finanziati dalla Regione Toscana.
A ) (SATREGAS)  – Sistemi Agricoli Toscani per la Riduzione delle Emissioni di Gas Serra,  finalizzato all’individuazione di strategie di coltivazione e prima trasformazione a bassa emissione di CO2  adatte ai sistemi agricoli toscani.
B)ARIA -Azioni Regionali per l’etIchettatura Ambientale, finalizzato alla valutazione delle emissioni di CO2 nelle fasi di conservazione,  confezionamento e trasporto dei prodotti agricoli e all’individuazione di modalità di comunicazione per la promozione di prodotti agricoli  a basso impatto ambientale.
I due progetti erano  stati affidati tramite bando pubblico rispettivamente al:
– DAGA (Dipartimento di Agronomia  e  Gestione  dell’Agroecosistema) dell’Università di Pisa
DIPSA (Dipartimento delle Scienze delle Produzioni Vegetali del Suolo e dell’Ambiente Agroforestale) dell’Università di Firenze, con la partecipazione della Scuola S. Anna di Pisa, del Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Firenze e del Centro Avanzi dell’ Università di Pisa. Hanno inoltre aderito alcune associazioni  di produttori e consumatori: Assoc. Chimica Verde, Consorzio Produttori, Latte Maremma, Toscana Cereali, Cerealtoscana, C.T.P.B. Associazione Consumatori Utenti Toscana, Associazione Regionale Allevatori della Toscana, Az. Agr. Le Rogaie. Coldiretti Toscana,  CIA Toscana, Unicoop Firenze.
Salvadori: “Dagli studiosi la conferma: giusta la filiera corta e la rotazione colturale”

“L’obiettivo che ha mosso la   Regione Toscana – ricorda l’assessore all’agricoltura e foreste Gianni Salvadori – è stato quello di  studiare  la possibilità di  ridurre le emissioni di gas serra nell’ambito dell’intera filiera agro-alimentare, sia migliorando o modificando le pratiche agricole correnti, che individuando modelli più virtuosi di trasformazione, distribuzione e consumo, soprattutto dei prodotti agricoli freschi, a partire dall’approfondimento di due casi studio: il pomodoro da mensa e il latte fresco. La ricerca ha messo chiaramente in evidenza – sottolinea l’assessore –  come sia possibile contribuire a questo obiettivo con  la  gestione  dei terreni  e la diffusione di pratiche colturali sostenibili.”
Ad esempio? “Gli studi condotti – prosegue l’assessore  – mostrano come lavorazioni ridotte  e più superficiali del terreno o il mantenimento il più a lungo possibile di una copertura vegetale sul terreno stesso, ad esempio attraverso l’inerbimento delle colture arboree o la realizzazione di colture da sovescio,  consentono di conservare nel suolo significative quantità di carbonio. Ma anche pratiche tradizionali – continua –  come la rotazione colturale, che  evita il ripetersi  sullo stesso terreno della medesima coltura, l’inserimento di specie foraggere, l’interramento dei residui colturali,  rappresentano  criteri di gestione del suolo che, aumentando il contenuto di   biomassa nel suolo, possono produrre sia la riduzione delle emissioni di gas serra che un aumento dei “sequestri” di carbonio. In altre parole, è come se la CO2 venisse “catturata” dal terreto invece che rilasciata in atmosfera.”
La ricerca ha dimostrato che la riduzione delle emissioni di gas serra si ottiene anche attraverso una gestione più razionale dei fertilizzanti, soprattutto di quelli azotati, sia nella scelta del tipo di concime da utilizzare che nella valutazione delle quantità da distribuire.
Anche per quanto riguarda l’attività di allevamento, il progetto ha verificato che una gestione corretta dell’alimentazione, dei reflui di allevamento e delle pratiche agronomiche per la produzione di alimenti destinati al bestiame possono ridurre in maniera considerevole le emissioni riconducibili al comparto zootecnico (principalmente metano e protossido di azoto).
In generale l’agricoltura biologica si è confermata come  uno dei sistemi di produzione che meglio può contenere le emissioni di gas serra, grazie alla sostanziale riduzione dell’impiego di mezzi tecnici. Inoltre alla  coltivazione in pieno campo,  ad esempio del pomodoro da mensa,  corrisponde un livello di emissioni inferiore del 50 %  rispetto alla coltivazione in serra.
Etichette parlanti per informare i consumatori. Indicazioni per il  PSR della Regione

Lo studio ha preso in considerazione anche le altri fasi della filiera agro-alimentare: la trasformazione, la distribuzione e il consumo dei prodotti agricoli freschi o trasformati.
“Ne emerge la conferma – continua l’assessore – di quello che abbiamo sempre sostenuto incentivando la filiera corta e i prodotti di stagione. Sistemi di approvvigionamento a lunga distanza o a bassa efficienza energetica implicano elevate emissioni non  soltanto per gli elevati consumi connessi al  trasporto, ma anche per il tipo  di confezionamento e per la modalità di conservazione. E da questo lavoro emerge anche quanto sia importante il ruolo dei consumatori e quanto sia necessario mettere a loro disposizione le informazioni che riguardano anche l’impatto ambientale connesso ai diversi sistemi produttivi.” Sulla base delle opinioni raccolte presso i consumatori attraverso una specifica indagine, il progetto ha definito alcune linee guida per lo sviluppo di un  sistema di etichettatura che potrà essere utilizzato dai produttori  in modo da  orientare in maniera consapevole le scelte verso prodotti che contribuiscono alla riduzione delle emissioni in atmosfera.
Gli studi effettuati danno inoltre utili indicazioni al Governo regionale per la prossima fase di programmazione. “I risultati del progetto – conclude Salvadori – ci sono utili per definire nel  PSR 2014-2020 politiche volte a favorire più  basse emissioni di CO2 e per individuare interventi per  fronteggiare i cambiamenti climatici  che oggi rappresentano una delle emergenze alle quali è obbligatorio fare fronte.