La Washington State University sostiene che l’agricoltura biologica sia il miglior sistema per nutrire il mondo afflitto dai cambiamenti climatici
(Rinnovabili.it) – Osteggiata, irrisa, oscurata e maltrattata da molta “scienza ufficiale” e dai colossi dell’agribusiness, l’agricoltura biologica è uno dei settori la cui crescita sembra inarrestabile. Ma c’è di più: secondo la ricerca più accurata mai condotta finora, è anche l’unico sistema in grado di nutrire il mondo afflitto dal riscaldamento globale.
Lo studio, pubblicato su Nature Plants, ha esaminato centinaia di studi pubblicati negli ultimi 40 anni. Le sue conclusioni non solo contrastano con le affermazioni delle lobby, ma contraddice la retorica di molti governi favorevoli all’agricoltura industriale. Inoltre, specialmente nei Paesi emergenti, il biologico «può essere il modello ideale per affrontare i cambiamenti climatici».
L’agricoltura biologica è considerata dai suoi critici come «un approccio inefficiente per la sicurezza alimentare», «un sistema agricolo che diverrà meno rilevante nel futuro», un metodo «ideologico» e «con molti difetti» per il «maggior uso di terra al fine di produrre un’uguale quantità di cibo».
Ma il professor John Reganold della Washington State University, che ha scritto la ricerca, lascia parlare i numeri: le vendite mondiali del biologico sono aumentate di cinque volte a tra il 1999 e il 2013: oggi valgono 72 miliardi di dollari e si prevede un raddoppio entro il 2018. La pratica è certificata in 170 Paesi, e anche se i rendimenti sono più bassi rispetto all’agricoltura chimica, non si tratta di cifre molto inferiori. Per molte colture il deficit potrebbe essere più che dimezzato tramite una rotazione delle colture ed evitando le monocolture: per le leguminose come fagioli, piselli e lenticchie non vi è alcuna differenza tra convenzionale e biologico, con quest’ultimo definito «un’alternativa molto competitiva per l’agricoltura industriale».
Ma la necessità di una agricoltura più naturale e senza la mediazione di colossi della chimica è resa più impellente dal peggioramento degli effetti dei cambiamenti climatici. Come sottolinea la nuova ricerca, «le aziende agricole gestite organicamente hanno spesso dimostrato di produrre rendimenti più elevati rispetto alle loro omologhe convenzionali» durante le siccità, perché i concimi che usano trattengono l’umidità nel terreno. I concimi organici, inoltre, accrescono la quantità di carbonio nel sottosuolo, mentre l’agricoltura intensiva non fa altro che aumentare l’erosione e ridurre la fertilità. Di recente l’Università di Sheffield ha certificato che l’agricoltura intensiva ha distrutto un terzo delle terre coltivabili del mondo.
Le tecniche biologiche, come anticipato, sono ancora più efficaci nei Paesi in via di sviluppo, dove la maggior parte degli agricoltori non può permettersi di comprare fertilizzanti artificiali o pesticidi. Un rapporto delle Nazioni Unite, che ha esaminato 114 progetti che coinvolgono quasi 2 milioni di aziende agricole africane, ha notato rendimenti più che raddoppiati.
Infine, al di là dei numeri, l’approccio agroecologico è più in armonia con la natura, la biodiversità e i diritti umani.