Passare dal convenzionale all’agricoltura biologica è possibile
(Rinnovabili.it) – Convertire i terreni dall’agricoltura convenzionale all’agricoltura biologica permetterebbe di ridurre le emissioni di gas serra, l’utilizzo di pesticidi e il deflusso dell’azoto dei fertilizzanti che crea le zone morte. Inoltre, non è vero che passando al biologico si va incontro ad una perdita catastrofica delle rese, al punto che basterebbero pochi aggiustamenti per poter sfamare il mondo in maniera sostenibile. Lo afferma una nuova ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, da un team internazionale guidato da un ricercatore del Research Institute of Organic Agriculture (FiBL) di Frick, in Svizzera.
Lo studio parte da una simulazione che tiene conto di diversi scenari climatici e delle proiezioni dell’ONU sull’aumento demografico. In base a questi calcoli, i ricercatori sostengono che i 9 miliardi di persone sul pianeta nel 2050 potrebbero essere alimentati come prima, anzi meglio di prima, con una serie di accorgimenti: combinando la produzione biologica con una dieta vegetariana, riducendo lo spreco alimentare e tornando ai metodi tradizionali di fissazione dell’azoto nel suolo invece di affidarsi fertilizzanti.
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Le terre agricole, convertendo tutto il suolo da convenzionale a biologico, aumenterebbero dal 16 al 33% per soddisfare la domanda, con conseguente crescita dell’erosione. Fatto che potrebbe essere un problema, perché cambiare l’uso del suolo a foreste, cerrado o torbiere causerebbe un aumento delle emissioni. Servirebbero poi grandi cambiamenti nei sistemi agricoli per mitigare l’impatto, come la coltivazione di legumi per reintegrare l’azoto nel terreno.
Senza cambiare l’estensione dei terreni, invece si potrebbe risolvere il problema con una conversione parziale delle colture, 60% biologico e 40% convenzionale. Il tutto, però, a patto che vengano dimezzati gli sprechi e i ridotti i terreni destinati alla produzione di mangime. Al fondo della filiera, questo si concretizza nella riduzione sostanziale del consumo di carne. I ricercatori affermano che, in termini di introito proteico, la quota di proteine animali dovrebbe calare dall’attuale 30 all’11%.