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Le zone costiere sono in pericolo

Dal 1970 a oggi l’erosione ha già “mangiato” 40 milioni di chilometri quadrati di spiagge in Italia. E il futuro appare ancora più nero

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Foto di enriquelopezgarre da Pixabay

di Isabella Ceccarini

Da qui alla fine del secolo molte zone costiere rischieranno di essere sommerse a causa dell’innalzamento del livello dei mari dovuto al riscaldamento globale. La nostra scarsa attenzione ci porta a pensare che il problema sia lontano da noi, e riguardi tutt’al più gli atolli di arcipelaghi lontani come le Maldive. Se le Maldive finiranno sommerse, il resto del mondo non sarà immune da rischi.

Il Mediterraneo, in particolare, essendo un mare chiuso, ha un equilibrio molto fragile, anche dal punto di vista dell’inquinamento. Gli studi dell’Onu sui cambiamenti climatici non sono affatto confortanti. Prevedono innalzamenti che vanno da 0,94-1,03 metri (nell’ipotesi migliore) a 1,31-1,45 metri (nell’ipotesi peggiore). Le spiagge più colpite saranno quelle del Mar Egeo, ma spariranno chilometri di arenili anche in Italia: si calcola che da qui al 2100 l’Italia potrebbe perdere il 30% di coste. Se questo è gravissimo, non meno grave è constatare che dal 1970 l’erosione ha già “mangiato” 40 milioni di chilometri quadrati di spiagge senza che nessuno se ne sia preoccupato seriamente: qualcuno obietterà che il cambiamento climatico è un fenomeno di grande portata, ma il consumo dissennato di suolo e la costruzione di edifici quasi dentro l’acqua hanno causato un deterioramento delle zone costiere che una politica ambientale accorta avrebbe potuto e dovuto evitare.

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La ricerca che i geologi marini Diego Paltrinieri e Giancarlo Faina hanno curato per Legambiente, Lo stato di erosione delle coste in Italia, purtroppo conferma questa situazione. La ricerca si basa sui dati pubblicati dal Ministero dell’Ambiente insieme a Ispra e alle Regioni costiere.

Facile comprendere perché per il nostro Paese la drammaticità di questo quadro ambientale sia destinato ad aggravarsi per le ripercussioni sociali ed economiche che deriverebbero dall’erosione delle zone costiere: le nostre spiagge hanno un immenso valore strategico per il turismo e non possiamo permetterci di perderle. La sfida che Legambiente lancia ai comuni costieri è quella di trovare soluzioni condivise, innovative e di qualità per coniugare lo sviluppo del territorio con la sua protezione.

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In questo anno caratterizzato dall’emergenza Covid-19 tutti gli altri problemi sembrano inevitabilmente destinati a ricoprire un ruolo secondario nelle scelte dei governi, come pure dell’Europa. Le proteste di Greta Thunberg e dei ragazzi di Fridays for Future che avevano mobilitato il mondo intero incoraggiando impegni internazionali oggi sembrano una scialba cartolina dell’ambientalismo. Magari basterebbe fermarsi a pensare che se con il vaccino si verrà fuori da questa pandemia, contro il cambiamento climatico non esiste un vaccino se non quello dell’intelligenza e del rispetto dell’ambiente. Cominciamo a lavorarci.