Ad oggi, i 2/3 della popolazione mondiale, pari a circa 4 miliardi di persone, affrontano le conseguenze della scarsità di risorse idriche per almeno un mese all'anno.
Una ricerca sullo stress idrico mette in luce l’importanza della gestione “transfrontaliera” dell’acqua
(Rinnovabili.it) – Secondo uno studio condotto dalla Aalto University, il numero di persone esposte allo stress idrico potrebbe raddoppiare entro il 2050 rispetto ai dati del 2010. Ciò significa che, se non si contenesse l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C, altri 380 milioni di persone potrebbero essere in serio pericolo a causa di una cattiva gestione delle risorse idriche.
Ma non solo. Perché anche se gli obiettivi dell’accordo di Parigi fossero raggiunti e la crescita della popolazione fosse più bassa del previsto, il numero di persone esposte allo stress idrico potrebbe comunque aumentare del 50% entro il 2050 rispetto al 2010. Nello specifico, ciò potrebbe accade in Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale e centrale.
Secondo il team di ricerca finlandese, circa 2/3 della popolazione mondiale (pari a 4 miliardi di persone) affrontano le conseguenze della scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. Generalmente, la disponibilità di acqua è influenzata da processi fisici, quali ad esempio la quantità di precipitazioni, il tasso di evaporazione e la geologia della superficie terrestre, ma anche e soprattutto dalla gestione umana, attraverso la costruzione di dighe e l’estrazione di acque sotterranee.
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Ma non solo, perché per molti paesi la disponibilità di acqua dipende anche dal modo in cui i paesi vicini (ad esempio quelli a monte) gestiscono le risorse idriche. In questo caso, si parla di risorse “transfrontaliere” e includono, ad esempio, i fiumi che attraversano più paesi.
Lo studio, pubblicato su Earth’s Future, si concentra sul modo in cui i cambiamenti climatici potrebbero plasmare lo stress idrico oltre i confini nazionali. Con il termine “stress idrico” si indica il rapporto tra utilizzo e disponibilità d’acqua e, nello specifico, la scarsità della risorsa rispetto alla domanda.
I risultati parlano chiaro. Sebbene “non ci sono molte nuove aree che devono affrontare un elevato stress idrico, i bacini fluviali già stressati vedranno livelli di stress ancora più elevati in futuro“, dichiara Matti Kummu, docente della Aalto University. Ciò dipende soprattutto dalle caratteristiche dei driver dello stress idrico, vale a dire i cambiamenti nella disponibilità e nel consumo di acqua locale, nonché nella disponibilità e nel consumo di acqua a monte.
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Mentre i cambiamenti a livello locale sono soprattutto influenzati dai cambiamenti climatici, che alterano i modelli di precipitazione e di evaporazione, i cambiamenti a monte sono più dipendenti dalle azioni dirette dell’uomo e dalla crescita della popolazione. Ad esempio, un calo delle nevicate su una catena montuosa può ridurre la disponibilità di acqua a monte, ma le azioni umane, come la costruzione di dighe, avranno un impatto maggiore sulla la quantità di acqua disponibile a monte, con conseguenze anche sulle risorse idriche dei paesi a valle.