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Strategia marina, nessun paese UE rispetta il Green Deal

I piani nazionali sono disallineati e carenti. Manca cooperazione transfrontaliera e una pianificazione che tenga conto dell’impatto della crisi climatica. Ripristino degli ecosistemi e tutela del 30% delle acque spesso sono disattesi. Il rapporto del WWF sulla pianificazione dello spazio marittimo europeo

Strategia marina: nessun paese UE rispetta il Green Deal
Foto di Giuseppe Gallo su Unsplash

Il Mediterraneo è la regione peggiore per solidità della strategia marina

L’Europa non si sta preparando un “futuro blu sostenibile”. La strategia marina dei 16 stati costieri dell’UE è in larga parte carente e non è allineata con gli obiettivi su clima e natura fissati dal Green Deal. Per alcuni paesi, Italia inclusa, mancano addirittura i piani nazionali. Lo denuncia il WWF rilasciando oggi l’ultimo di 5 rapporti che analizzano nel dettaglio le macro-regioni marittime europee.

Strategia marina, nel Mediterraneo è assente

La situazione più problematica è nel Mediterraneo. I piani nazionali sono “disallineati” sia in ambito domestico sia in ottica transnazionale. Non tengono conto del cambiamento climatico e “sono fuori strada per raggiungere gli obiettivi di energia rinnovabile e protezione marina”. Manca una solida cooperazione transfrontaliera e un coinvolgimento significativo delle parti interessate. Due fattori “fondamentali per una regione che fa molto affidamento sulle piccole imprese in settori come il turismo e la pesca”.

Per 4 paesi – Italia, Grecia, Croazia e Cipro – il WWF non ha neppure potuto valutare nel dettaglio le misure perché mancano i documenti che gli stati avrebbero dovuto presentare a Bruxelles nel 2021. Il migliore è la Slovenia, che adotta un approccio con ottica di ecosistema nella gestione delle sue acque, mentre Francia e Spagna hanno piani solidi per la protezione di almeno il 30% dei loro mari e per il ripristino degli ecosistemi blue carbon.

“A parte Slovenia e Malta, tutti gli Stati membri del Mediterraneo centrale e orientale rimangono senza un piano nazionale, nonostante la forte dipendenza di queste nazioni dal turismo legato al mare”, sottolinea il WWF.

Luci e ombre della gestione dei mari europei

I risultati migliori si registrano nel Baltico, ma su ogni fronte ci sono delle criticità. L’approccio con ottica di ecosistema non è applicato in modo armonico nella regione e i piani nazionali nel complesso non riescono a proteggere 1/3 delle acque. Nessun paese ha poi previsto azioni per il ripristino degli ecosistemi.

I paesi affacciati sul mare del Nord raccolgono pieni voti nella pianificazione delle rinnovabili offshore, ma talvolta presentano conflitti irrisolti con aree marine protette e siti Natura 2000. E nessuna strategia marittima nazionale rispetta la strategia UE sulla biodiversità.

Sul versante atlantico i paesi registrano “scarsi risultati” per quanto riguarda la protezione della natura e il ripristino degli ecosistemi marini, fattori “essenziali per sostenere le economie blu nella regione e migliorare la resilienza delle coste ai cambiamenti climatici”.

Il quadro non è positivo nemmeno nei territori extraeuropei come le Azzorre, le Canarie, e i territori francesi d’oltremare. “Le loro acque costituiscono la maggior parte dell’area marina dell’UE e le loro comunità si trovano ad affrontare sempre più problemi”, commenta Helena Rodrigues del WWF. “In caso di disastri climatici intensi e frequenti, la necessità di processi coerenti e coordinati per gestire in modo sostenibile le zone più remote dei territori dell’UE è più essenziale che mai”.

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