Il DL Siccità del 2023 è una buona base di partenza per l’adattamento alla siccità in Italia
Negli ultimi mesi la pioggia ha allontanato il rischio di un’altra estate in emergenza siccità (a parte la Sicilia), mentre le nevicate sulle Alpi hanno riportato la riserva idrica nivale a livelli in linea con l’ultimo decennio. Ma per limitare l’impatto della siccità in Italia in futuro, bisogna agire in fretta su due fronti: infrastrutture e governance. Rendendole “a prova di clima”. Come? A questa domanda risponde un Position Paper di REF Ricerche rilasciato oggi.
Infrastrutture e governance per mitigare il rischio siccità in Italia
Quello che non serve è una serie di interventi-tampone. La resilienza di un territorio, sostiene il documento, è data dalla solidità della rete di infrastrutture idriche. Gli anelli deboli della catena compromettono l’intero sistema, non solo una sua parte.
La capacità di adattarsi alla siccità dipende da un intreccio di elementi e fattori, tra cui il mantenimento in efficienza e la nuova capacità degli invasi, la presenza di desalinizzatori in grado di fare fronte alle punte di domanda, una rete di distribuzione efficiente e senza perdite, il riuso delle acque depurate e affinate in ambito agricolo, sistemi irrigui efficienti e colture coerenti con la disponibilità di acqua, una integrazione sistematica delle soluzioni basate sulla natura.
Per procedere in modo ordinato con gli interventi di ripristino o di creazione di nuove infrastrutture serve una governance dell’acqua capace di sostenere la trasformazione necessaria ad affrontare la sfida della siccità in Italia.
La chiave di volta è riflettere le necessità dettate dall’adattamento alla crisi climatica nel costo dell’acqua, sostiene REF Ricerche. Come? Applicando il principio del Full Cost Recovery (FCR). La totalità dei costi del servizio deve essere coperta dalle tariffe, e tra questi costi vanno conteggiati non solo quelli operativi, ma anche “i sussidi per garantire l’accesso alla risorsa, i costi ambientali della risorsa (ERC) e gli investimenti per raggiungere l’efficienza”.
Servono poi due tipi di attori per far funzionare un modello di governance attento alle specificità dei territori ma in grado di pianificare interventi con uno sguardo più ampio. Da un lato, “si rende necessaria l’esistenza di un’Autorità indipendente”, che stili un insieme di regole organiche e possa vigilare sull’intero comparto. Dall’altro lato “è necessaria la presenza di enti tecnici locali” a scala di bacino idrografico che abbiano il polso della situazione e possano indirizzare interventi e realizzazioni di infrastrutture “in modo tale da tutelare la risorsa idrica sull’intero territorio di competenza, superando regionalismi e conflitti locali”.