Oggi spendiamo 4 miliardi l’anno per migliorare l’infrastruttura idrica nazionale. Ma ne servirebbero almeno 6. E nel 2026 si esauriscono i fondi PNRR. Il parere della Corte dei Conti

O si alzano le tariffe, o si trova un modo alternativo per chiudere il gap di investimenti nell’acqua. Che dal 2026 si allargherà con la fine dei fondi messi a disposizione dal PNRR. È la conclusione a cui arriva una relazione della Corte dei Conti sullo stato del servizio idrico in Italia pubblicata nei giorni scorsi.
Cosa dice la Corte dei Conti sul servizio idrico Italia
Oggi l’Italia ha in parte recuperato la distanza rispetto agli altri grandi paesi europei. Lo dimostrano i dati sugli investimenti pro capite, ad esempio, che passano da 33 a 70 euro a testa tra il 2012 e il 2023. Il grande problema è che questi miglioramenti non poggiano su un piano strutturale davvero sostenibile.
Da un lato, la Corte dei Conti promuove il PNIISSI, il Piano Nazionale di Interventi Infrastrutturali e per la Sicurezza del Settore Idrico, perché è uno strumento che ha dimostrato di poter coordinare gli interventi sull’intero territorio nazionale. Dall’altro lato, però, questi stessi interventi sono realizzati in gran parte con risorse che arriveranno presto ad esaurimento.
Stato della risorsa idrica e perdite nella rete
Il quadro di partenza sulla qualità della gestione dell’acqua e dell’infrastruttura idrica è noto da tempo.
In Italia, il volume d’acqua prelevato per uso potabile supera i 9 miliardi di metri cubi all’anno, con un prelievo giornaliero di circa 25 milioni di metri cubi. Tuttavia, solo la metà di questa quantità viene effettivamente erogata agli utenti finali.
Le ragioni? Perdite nella fase di potabilizzazione (1 miliardo di metri cubi) e nella rete di distribuzione (3,4 miliardi di metri cubi), pari a circa il 40% dell’acqua immessa in rete.
Secondo il consigliere della Corte dei Conti Gian Luca Calvi, che firma la relazione, questa inefficienza rappresenta un problema strutturale che necessita di interventi mirati per ridurre gli sprechi e migliorare la gestione dell’acqua.
Investimenti attuali e piani di finanziamento
Come si sta muovendo l’Italia per migliorare il servizio idrico? Attualmente, la relazione conta 628 interventi infrastrutturali in corso, per un valore complessivo di 5,3 miliardi di euro.
Di questi, 3,7 miliardi provengono dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), destinati a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento idrico, ridurre le perdite nelle reti di distribuzione (anche attraverso digitalizzazione e monitoraggio), e rafforzare la resilienza dell’agrosistema irriguo.
Il Piano Nazionale di Interventi Infrastrutturali e per la Sicurezza del Settore Idrico (PNIISSI) svolge un ruolo chiave nel coordinamento di queste iniziative, fornendo un’unica strategia per affrontare le carenze del settore.
Il fabbisogno di investimenti e il gap finanziario
Nonostante gli investimenti in corso, il settore idrico necessita di circa 6 miliardi di euro all’anno per mantenere e potenziare le infrastrutture esistenti. Tuttavia, le entrate del settore si fermano a circa 4 miliardi di euro, determinando un disavanzo che mette a rischio la sostenibilità economica del servizio idrico Italia.
Questo divario è reso ancora più critico dall’incidenza del costo dell’energia elettrica, che rappresenta circa un terzo delle spese operative e assorbe il 2,5% del consumo elettrico nazionale.
Criticità e prospettive future
Le principali sfide per il futuro riguardano la necessità di aumentare l’efficienza della rete, migliorare il sistema delle tariffe idriche per garantire la copertura dei costi e ridurre il consumo energetico nella gestione delle infrastrutture idriche. Un altro aspetto cruciale è il potenziamento del sistema di governance per una gestione più efficace delle risorse idriche e degli investimenti infrastrutturali.
Per colmare il gap di investimenti, l’Italia si trova a un bivio. La relazione spiega che “si pone la scelta tra l’adeguamento delle tariffe e il reperimento di fonti finanziarie di altra natura che sostituiscano le risorse assicurate, fino al 2026, dal Pnrr”. E sottolinea che l’Italia è fra i paesi europei con il più basso rapporto fra tariffa e Pil pro capite.