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Rifiuti marini, il Parlamento UE chiede un piano per ripulire i fiumi

Per i deputati europei ridurre l'impiego della plastica e aumentare il riciclo nel settore della pesca, sono due strumenti irrinunciabile per eliminare il marine litter

rifiuti marini
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Il 27% dei rifiuti marini è composto da attrezzature e scarti di pesca ed acquacoltura

(Rinnovabili.it) – L’Unione europea ha bisogno di un piano dedicato alla pulizia dei fiumi dai macro e micro rifiuti che vi confluiscono. Ma anche di alzare gli obiettivi di riciclo e upcycling quando si parla di pesca ed acquacoltura. Questa la posizione del Parlamento europeo i tema di marine litter. Gli eurodeputati hanno votato ieri la risoluzione di Catherine Chabaud (Renew, FR) con cui si chiede di migliorare e rendere più efficaci quadro legislativo e governance in materia di rifiuti marini. E allo stesso di tempo di incrementare ricerca e conosce sul tema accelerando lo sviluppo dell’economia circolare nel settore ittico.

L’attenzione al comparto è fondamentale. Ogni giorno 730 tonnellate di rifiuti vengono scaricati direttamente nel Mediterraneo, a cui si aggiungono annualmente altre 11.200 tonnellate arrivate in mare per vie traverse. Di questi il 27% è costituto da rifiuti della pesca e dell’acquacoltura. Basti pensare alle grandi quantità di attrezzature marine che vengono quotidianamente abbandonate, persi, o buttati in mare, dove “rimangono intatte per mesi o addirittura anni”. Queste cosiddette reti fantasma “hanno un impatto indiscriminato su tutta la fauna marina, compresi gli stock ittici”

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Ovviamente non è solo la spazzatura di grandi dimensioni a preoccupare. Oggi le micro e nano plastiche costituiscono uno degli allarmi ambientali più diffusi. Rappresentano una grave minaccia per molte specie di fauna marina e di conseguenza anche per i consumatori. Oramai non c’è acqua al mondo che risulti non contaminata e il passaggio dal mare al piatto è più rapido di quanto si possa pensare. Si stima che consumatore medio di molluschi del Mediterraneo, spiega Strasburgo in una nota stampa – ingerisca in media 11.000 pezzi di plastica all’anno.

Per contrastare il fenomeno dei piccoli e grandi rifiuti marini, i deputati UE propongono di accelerare lo sviluppo di un’economia circolare nel settore ittico, eliminando gradualmente gli imballaggi in polistirolo espanso e migliorando i canali di raccolta e riciclo. Inoltre, sottolineano l’importanza di identificare nuovi materiali nella progettazione ecocompatibile degli attrezzi da pesca.

La risoluzione esorta gli Stati membri a istituire un “fondo speciale per la pulizia dei mari”, gestito tramite il nuovo Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMPA) o altre linee di finanziamento pertinenti, al fine di finanziare una serie di azioni:

  • la raccolta dei rifiuti marini da parte dei pescherecci;
  • la fornitura di adeguate strutture di stoccaggio dei rifiuti a bordo e il monitoraggio di quelli pescati passivamente; il rafforzamento della formazione destinata agli operatori; 
  • il finanziamento dei costi del trattamento dei rifiuti e del personale necessario;
  • investimenti intesi a predisporre nei porti strutture adeguate adibite al deposito e allo stoccaggio della raccolta.

Non solo. I deputati chiedono alla Commissione e ai Paesi UE di adottare le linee guida volontarie dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura per la marcatura degli attrezzi da pesca. Assieme ad un piano d’azione comunitario per ridurre sostanzialmente l’uso della plastica e per affrontare l’inquinamento di fiumi, corsi d’acqua e coste.

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“I rifiuti marini – spiega Chabaud – sono una questione trasversale che deve essere affrontata in modo olistico. La lotta contro i rifiuti marini non inizia in mare, ma deve coinvolgere una visione a monte che comprende l’intero ciclo di vita di un prodotto. Ogni rifiuto che finisce in mare è un prodotto uscito dal ciclo dell’economia circolare. Per combattere l’inquinamento, dobbiamo continuare a promuovere modelli di business virtuosi e integrare nuovi settori come la pesca e l’acquacoltura in questi sforzi globali. Non c’è pesca sostenibile senza un oceano sano”.