Il temuto via libera allo sfruttamento delle miniere “a mare aperto” non c’è stato. Ma a Kingston, in Giamaica, il fronte dei paesi e dell’industria che spinge per estrarre cobalto, terre rare, nickel, litio e altri minerali dai fondali oltre i 4mila metri di profondità riesce a evitare la moratoria globale
L’International Seabed Authority ha rinviato alla 30° sessione, tra 2 anni, il sì al deep sea mining
(Rinnovabili.it) – Rinvio di 2 anni per l’ok formale ma niente moratoria globale sul deep sea mining. L’ultima e attesissima riunione annuale dell’ISA, l’Autorità internazionale per i fondali marini, ha scelto di non dare il via libera alle miniere sui fondali oceanici in acque internazionali nonostante le pressioni di molti paesi. Ma non ha nemmeno chiuso la porta allo sfruttamento di questi giacimenti annunciando una moratoria, come chiedeva invece il fronte dei paesi contrari.
Cosa ha deciso l’ISA sulle miniere sui fondali oceanici
Dopo due settimane di negoziati, l’ente che agisce su mandato dell’ONU ha preferito prendere tempo. La laconicità del documento finale – 2 pagine, 4 punti – maschera tutta la complessità di negoziati che vanno avanti da anni e da cui dipende la conservazione di alcuni tra gli ecosistemi più fragili del pianeta.
L’ISA “intende proseguire l’elaborazione di norme, regolamenti e procedure relative allo sfruttamento”, si legge al punto 1, “in vista di una loro adozione durante la trentesima sessione dell’Autorità”. Sessione che è prevista per luglio 2025. Il linguaggio usato però non è perentorio. Il “with a view to”, “in vista di”, indica solo che si rimanda a una nuova data, non vincolante, come orizzonte temporale per finalizzare il regolamento sul deep sea mining. Lo ha confermato anche il presidente della riunione finale del Consiglio dell’ISA, Juan Jose Gonzalez Mijares, parlando di un “target indicativo”.
Braccio di ferro sul deep sea mining
Cade così nel vuoto il tentativo di Nauru lanciato esattamente 2 anni fa. Nel 2021 il piccolo paese insulare del Pacifico, che spera di ricavare grandi ricchezze dallo sfruttamento delle miniere sui fondali oceanici, aveva attivato una procedura in seno all’ISA per cui l’autorità avrebbe dovuto prendere una decisione sulle miniere sottomarine entro due anni.
La scelta aveva fatto molto discutere perché esistono pochissimi studi sul possibile impatto di questa attività estrattiva sull’ecosistema dell’oceano profondo e sulle ripercussioni sull’intera colonna d’acqua. E quelli che esistono, realizzati da scienziati indipendenti (cioè non al soldo dell’industria) indicano che l’impatto potrebbe essere molto pesante.
La scorsa settimana, un nuovo studio aveva certificato che appena 2 ore di deep sea mining al largo del Giappone (nella zona economica esclusiva nipponica, quindi in un’area che non ricade sotto l’ambito dell’ISA) avevano dimezzato le popolazioni di pesci anche a 1 anno di distanza, sia in quell’area che in quelle adiacenti.
I timori e la necessità di avere più informazioni prima di dare il liberi tutti all’industria mineraria ha portato alcuni paesi e istituzioni, tra cui Francia e Germania in Europa e la IUCN, la principale organizzazione conservazionista al mondo, a chiedere una moratoria globale finché non ci saranno evidenze sufficienti per supportare una decisione sul deep sea mining.