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Nuova minaccia agli oceani: l’estrazione mineraria in alto mare

Utile al reperimento di minerali e metalli preziosi, l’estrazione mineraria in alto mare, è una nuova ed incombente minaccia alla salute degli ecosistemi marini. Da Greenpeace a Sir David Attenborough, scienza e ONG si appellano ai governi

estrazione mineraria in alto mare
Credits: ladywinter39ru © 123rf.com

Invece di tutelare il patrimonio naturale e porre un limite alle attività antropiche più distruttive, c’è chi guarda all’estrazione mineraria in alto mare 

(Rinnovabili.it) – Acidificazione, inquinamento, pesca eccessiva e trivellazioni petrolifere non sono gli unici fattori a minacciare la salute degli oceani. Incentivata dalla crescente domanda di materiali preziosi, anche l’estrazione mineraria in alto mare sta diventando un problema serio per gli oceani

Secondo uno studio condotto da Fauna and Flora International (FFI), i piani proposti per l’estrazione nei fondali marini potrebbero causare una perdita significativa di biodiversità nonché di microbi importanti per lo stoccaggio del carbonio. Il processo, inoltre, potrebbe creare pennacchi di sedimenti in grado di soffocare la fauna selvatica anche in aree lontane dai siti minerari. 

Non ha dubbi Greenpeace, che già nel rapporto “In acque profonde del luglio 2019, denunciava i “gravi ed irreversibili danni” che le “spregiudicate società minerarie” arrecheranno agli ecosistemi marini pur di “saccheggiare minerali e metalli sui fondali dei nostri oceani”. “Se l’industria dell’estrazione mineraria – continuava Greenpeace – pensa di poter spedire macchinari mostruosi a scavare sott’acqua, allora avrà bisogno di ingegnarsi parecchio per convincere chi ci governa che si tratti di una buona idea”. 

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Eppure dozzine di licenze esplorative sono già state concesse senza alcuna regolamentazione stringente. Mancano anche limiti e regole per uno “sfruttamento responsabile” di questa risorsa globale, anche se si spera si facciano passi avanti nella prossima riunione dell’International Seabed Authority delle Nazioni Unite. Una richiesta in tal senso viene anche dal naturalista britannico Sir David Attenborough che ha esortato i governi a vietare ogni simile attività in acque profonde. Il vicepresidente della FFI si appella alla comunità scientifica: “la fretta di estrarre in questo ambiente incontaminato e inesplorato rischia di avere impatti terribili ed irreversibili. Di fronte a decisioni con così grandi conseguenze ambientali dobbiamo essere guidati dalla scienza”. 

L’FFI ha avvertito che l’attività umana ha già avuto impatti devastanti sugli oceani i quali hanno assorbito un terzo delle nostre emissioni di carbonio e il 93% del calore aggiuntivo dovuto alla crescente concentrazione di gas serra. Anziché licenze per l’estrazione mineraria in alto mare, ci sarebbe piuttosto bisogno di un solido Trattato globale per la protezione degli oceani, che ponga la conservazione al centro dell’agenda politica. 

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