Rinnovabili

Proteste in Francia contro i mega bacini irrigui: “L’agribusiness si accaparra l’acqua di falda”

Mega bacini irrigui: proteste in Francia contro l’accaparramento dell’acqua
crediti: Confederation Paysanne

Il 25 marzo ci sono stati scontri violenti durante una manifestazione contro i mega bacini irrigui a Sainte-Soline

(Rinnovabili.it) – Da 30 a 200 feriti di cui alcuni molto gravi, 4000 granate di dispersione lanciate dalla polizia in 2 ore di scontri, 30mila i manifestanti arrivati da tutta Francia e da alcuni paesi vicini. Il cantiere dell’invaso artificiale è fermo, ma i lavori riprenderanno. Riprenderanno con tutta probabilità anche le proteste. È il bilancio degli scontri durante la protesta di sabato 25 marzo contro la costruzione di uno dei tanti mega bacini irrigui in costruzione, quello di Sainte-Soline, trecento abitanti nelle campagne della Nuova Aquitania, Francia sud-occidentale.

Per affrontare la carenza d’acqua e aiutare l’agricoltura, già dal 2017 le autorità locali hanno lanciato un piano che prevede la creazione di diversi bacini artificiali (inizialmente 19) per aumentare la riserva idrica a uso irriguo. A novembre dello scorso anno anche il dipartimento vicino, Vienne, ha presentato un piano analogo per aumentare le riserve idriche di 9 mln m3 d’acqua. È qualcosa che ricorda da vicino il “piano laghetti” presentato da Anbi e Coldiretti già alla fine del 2021, e che ritorna ciclicamente nel dibattito nostrano man mano che il rischio siccità in Italia e lo stress idrico avanzano.

Cos’è successo a Sainte-Soline?

In occasione della giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, tre associazioni della società civile – Confederation Paysanne, Soulèvements de la Terre e Bassines Non Merci – hanno organizzato una tre giorni di mobilitazione contro il cantiere del bacino artificiale di Sainte-Soline. È la seconda protesta nella zona dopo quella di ottobre 2022. Anche allora ci furono scontri violenti tra forze dell’ordine e manifestanti. E anche allora il ministero dell’Interno aveva lanciato l’allarme contro gli “ecoterroristi”, denunciando l’infiltrazione di almeno un migliaio di “elementi radicalizzati” pronti a usare la violenza. “Non ci sono “elementi radicali” ma un popolo dell’acqua che si solleva”, replicano gli organizzatori.

Sabato il corteo ha percorso i 6 km che separano l’accampamento – regolarmente autorizzato – dal cantiere con l’intenzione di accerchiarlo e bloccare i lavori. Circa 3000 poliziotti hanno provato a fermare i manifestanti. A bordo di quad si sono mossi nei campi usando fumogeni e granate a dispersione. Una parte dei manifestanti sarebbe comunque riuscita ad accedere all’area del cantiere e a mettere fuori uso una delle pompe che dovrebbero riempire d’acqua la piscina artificiale.

Perché la Francia protesta contro i mega bacini irrigui?

Non è un’opposizione a “mega progetti” derubricabile a semplice sindrome nimby. La ragione della protesta è il ricorso a soluzioni, come i mega bacini irrigui, che sono sfasate rispetto alla crisi climatica, replicano modelli insostenibili di agricoltura, aggravano ancora di più la sofferenza di ecosistemi già sotto pressione. E, soprattutto, fanno gli interessi di pochi. Accaparrando la risorsa idrica già scarsa per beneficio di una manciata di player dell’agribusiness, sottolineano le associazioni che organizzano le proteste. La posta in gioco, insomma, non è locale ma globale e riguarda il modello di approccio al problema della siccità più che la gestione specifica di questo o quel territorio.

Secondo i piani, questi mega bacini irrigui da 10 ettari l’uno che possono contenere l’equivalente di 250 piscine olimpioniche di acqua dovrebbero essere riempiti con acqua di falda estratta d’inverno, quando in teoria dovrebbe piovere. Ma senza precipitazioni, le falde non si ripristinano. Lo scorso inverno, nell’area il deficit di precipitazioni è stato del 30%. E il danno all’ecosistema circostante è aggravato da quella che dovrebbe essere una soluzione. A partire da quelli acquatici, incluse le zone umide.

Senza citare i costi delle opere – finanziati in gran parte con fondi pubblici – che talvolta sono fuori scala rispetto al progetto. Ma si tratta di progetti ritenuti essenziali dall’agribusiness che, nella zona di Sainte-Soline, da anni ha puntato sulla coltivazione intensiva di mais – che richiede molta acqua – a scapito di altre colture.

Anche nella comunità scientifica ci sono dubbi sull’efficacia di questi progetti. “Per più di 50 anni, tutto il lavoro idrologico è consistito nel drenare l’acqua dalle paludi al mare il più rapidamente possibile in autunno e in inverno. I fiumi venivano deviati, prosciugati e i prati e le paludi si asciugavano per poter seminare il mais a marzo. Il paesaggio è stato organizzato per evacuare l’acqua e ora ci rendiamo conto che non c’è abbastanza acqua in primavera e in estate. E si dice che la soluzione è quella delle riserve sostitutive”, commenta Vincent Bretagnolle, direttore di ricerca del CNRS presso il Centro di studi biologici di Chizé (Deux-Sèvres), vicino a Sainte-Soline. “Non è questa la soluzione da privilegiare. Dobbiamo rallentare il ciclo dell’acqua che noi stessi abbiamo accelerato. Poi possiamo aggiungere bacini dove potrebbero essere necessari”.

Exit mobile version