Gli effetti ambientali a lungo termine dell’inquinamento da microplastiche rimangono oscuri. Un nuovo esperimento aiuta a chiarire quanto possano essere dannose per gli ecosistemi d’acqua dolce
(Rinnovabili.it) – L’impatto di nano e microplastiche sull’ambiente è un problema di rilevanza globale, ma “la nostra negligenza rispetto ai suoi effetti in situ è inquietante”. Lo hanno scritto i ricercatori in uno studio pubblicato su Science Advances il 31 gennaio dedicato all’analisi delle comunità bentoniche d’acqua dolce.
L’esperimento è proseguito per oltre un anno sulle creature che vivono nei sedimenti fangosi in acqua dolce e ne ha studiato i comportamenti con diversi livelli di contaminazione da microplastiche. Infatti, come scrivono gli studiosi, era fondamentale iniziare a valutarne gli effetti in quanto, “nonostante le crescenti preoccupazioni per i pezzetti di plastica che riempiono i corsi d’acqua del mondo, gli effetti ambientali a lungo termine di tali inquinanti rimangono oscuri”. Sono stati così valutati in condizioni ecologicamente realistiche gli effetti a lungo termine (fino a 15 mesi) di cinque concentrazioni di nano e microplastiche per quanto concerne la ricolonizzazione naturale dei sedimenti da parte di comunità di macroinvertebrati. Gli effetti sono stati valutati sulla composizione della comunità, sulle dimensioni della popolazione e sulla diversità delle specie presenti nei sedimenti.
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Lo studio è stato condotto in acque dolci in quanto particolarmente colpite da questo inquinamento: qui, infatti, i sedimenti accumulano nano e microplastiche a causa della vicinanza alle fonti di produzione delle stesse. I ricercatori hanno incorporato vassoi di sedimenti con diverse quantità di particelle di polistirene – con concentrazioni dallo 0 al 5% di plastica – sul fondo di canali dove insetti, lumache e altre creature avrebbero colonizzato il fango. Dopo 15 mesi nei vassoi con il 5% di polistirene gli organismi viventi erano meno di 300 mentre nei vassoi con microplastiche dallo 0 allo 0,5 percento erano presenti in media 500/800 vermi. In particolare con una concentrazione di plastica al 5% vi era un forte calo nella popolazione di vermi Naididae, come ha sottolineato il coautore dello studio Bart Koelmans, studioso alla Wageningen University & Research nei Paesi Bassi. Questa riduzione dei vermi Naididae suggerisce che l’inquinamento da nano e microplastiche può compromettere gli ecosistemi d’acqua dolce: questa famiglia di vermi funge infatti da preda per altri animali e svolge un ruolo chiave nel ciclo del carbonio mediante la decomposizione della materia organica.
“È un lavoro davvero importante” per Richard Thompson, esperto degli effetti ambientali dell’inquinamento da plastica all’Università di Plymouth in Inghilterra, non coinvolto nello studio. “La nostra comprensione dell’impatto di micro e nanoplastiche sugli ecosistemi proviene i gran parte da studi condotti in laboratorio”, mentre questo esperimento apre la strada a una valutazione degli effetti reali e a lungo termine di questi inquinanti.
Ad oggi, per esempio, il fango del fiume Reno soffre di inquinamento da plastica fino allo 0,1%, ma “è probabile che ci siano luoghi in cui la concentrazione è più elevata”, come ha detto Koelmans aggiungendo che “le concentrazioni di oggi non sono le concentrazioni del futuro”. Infine, nonostante i ricercatori non abbiano osservato effetti significativi da concentrazioni di plastica inferiori sulle comunità di acqua dolce studiate, “non significa che questi effetti non vi siano”, ha affermato Ana Luísa Patrício Silva, ecotossicologa dell’Università di Aveiro in Portogallo. Infatti il semplice censimento degli organismi che vivono nel fango inquinato da nano e microplastiche, ha concluso Silva, non esclude la possibilità che questi inquinanti compromettano il loro ciclo vitale.
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