Nel 2023, l’Italia ha voltato pagina dopo il biennio di forte siccità, salvo alcune aree del Sud con la Sicilia in testa. I volumi annui di pioggia sono tornati molto vicini alla media di lungo periodo. Ma la disponibilità di acqua nel Belpaese è in calo di oltre il 18% rispetto alla media degli ultimi 70 anni. I motivi? Sono legati all’impatto del cambiamento climatico. È quanto si evince dal rapporto dell’Ispra sul bilancio idrologico dell’Italia, aggiornato al 2023.
A prima vista potrebbe sembrare che il 2023 sia stato un anno “normale” dal punto di vista della quantità di risorsa idrica. Nel 2021-2022 l’Italia aveva attraversato la peggiore siccità dal secondo dopoguerra, con ripercussioni pesanti su agricoltura, industria, produzione energetica e consumi civili. Invece, il bilancio dell’anno scorso segna una netta inversione di tendenza.
Un 2023 “normale”?
Nel 2023, la precipitazione totale annua in Italia è pari a 923,8 mm, corrispondenti a circa 279,1 miliardi di metri cubi. La quantità di risorsa idrica legata alle precipitazioni è aumentata del 28,5% sul 2022 (quando è stato toccato il minimo storico dal 1951 con 719 mm).
Tuttavia, il dato sul bilancio idrico dell’Italia nel 2023 non è affatto “normale”. Per tre ragioni:
- Non è normale in termini assoluti, perché inferiore (anche se di poco) alla media del lungo periodo che arriva a quasi 950 mm.
- Non è normale per la distribuzione delle precipitazioni, nel tempo e nello spazio. Quasi tutto l’aumento sul 2022 è stato concentrato nel mese di maggio 2023. In 30 giorni sono piovuti quasi 163 mm, circa 49 mld m3. Più del doppio della norma. E la maggior parte delle precipitazioni sono avvenute in Emilia-Romagna (causando l’alluvione), Sicilia e Calabria.
- Non è normale perché la pioggia ha ricaricato gli acquiferi meno del solito (nelle falde è finito il 19% delle precipitazioni, contro il 22,7% di media storica) e la risorsa idrica è evaporata molto più della norma. L’evapotraspirazione nel 2023 ammonta al 59,4% della pioggia totale, contro il 52% della media di lungo periodo.
Tutti fattori che sono influenzati dalla crisi climatica. L’aumento dell’evapotraspirazione “è stato causato dalle alte temperature, superiori alle medie climatologiche di riferimento, verificatosi anche nel 2023”, specifica l’Ispra. Anche l’alterazione della frequenza degli eventi estremi, incluse le precipitazioni torrenziali, è un riflesso del cambiamento climatico.
Crollo del bilancio idrologico dell’Italia: -16% in appena 30 anni
A tirar le somme, emerge che il bilancio idrologico dell’Italia mostra un forte deficit sia rispetto al lungo che al medio periodo. Il dato da considerare è la disponibilità naturale di risorsa idrica rinnovabile, cioè la quantità di precipitazione – al netto della perdita per evapotraspirazione – che rimane disponibile nell’ambiente per gli ecosistemi e per i diversi usi.
Nel 2023, la disponibilità naturale di risorsa idrica si è fermata a circa 373 mm, pari a 112,4 miliardi di metri cubi sul territorio nazionale. Rispetto al drammatico 2022 si registra un aumento del 68%. Tuttavia, rispetto alla media di lungo periodo 1951-2023 la flessione è del 18,4%. E rispetto alla media trentennale del 1991-2020 il calo di disponibilità di risorsa idrica rinnovabile è di quasi il 16%.
“Tale riduzione è l’effetto combinato di un deficit di precipitazione, specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione dagli specchi d’acqua e dal terreno e di evapotraspirazione dalla vegetazione”, precisa l’Ispra.