Dal 1970 abbiamo perso 1/3 delle zone umide e l’83% della fauna d’acqua dolce
(Rinnovabili.it) – Una pistola puntata contro il 60% del pil globale. Ecco quanto vale l’impatto della crisi climatica sulle risorse idriche in tutto il mondo. Gli ecosistemi acquatici contribuiscono ogni anno a generare qualcosa come 58.000 miliardi di dollari, ma con il progressivo degrado di oceani, mari, laghi, fiumi e zone umide il cambiamento climatico fa barcollare gran parte dell’economia globale.
È il messaggio di allarme lanciato dal WWF nel rapporto The High Cost of Cheap Water, pubblicato ieri in concomitanza con la Giornata mondiale del cibo. Allarme che i numeri della crisi delle risorse idriche dovrebbe far suonare da un pezzo. Negli ultimi 50 anni, il mondo ha perso un terzo delle zone umide, mentre le popolazioni di fauna selvatica d’acqua dolce sono diminuite, in media, dell’83%.
È una tendenza “disastrosa” che si riversa immediatamente sull’uomo. Scarsità d’acqua, insicurezza alimentare (anche a causa delle siccità più frequenti e durature), crescita dell’inquinamento, pressione insostenibile su fauna e flora acquatiche che sono fonti alimentari preziose e spesso irrinunciabili per gran parte dell’umanità.
Calcolare l’impatto della crisi climatica sulle risorse idriche
A che punto siamo oggi? Nonostante l’impatto della crisi climatica sulle risorse idriche sia già molto esteso, i benefici economici diretti, come il consumo di acqua per le famiglie, l’agricoltura e le industrie irrigue, ammontano ad un minimo di 7.500 miliardi di dollari all’anno. Mentre i benefici indiretti, come la purificazione dell’acqua, il miglioramento della salute del suolo, lo stoccaggio del carbonio e la protezione delle comunità da inondazioni e siccità estreme arrivano a 50.000 mld $ l’anno.
Con l’aggravarsi della crisi climatica, la situazione è destinata a peggiorare in modo sensibile. Il WWF calcola che tra cattiva gestione dell’acqua, distruzione degli ecosistemi di acqua dolce e maggiori rischi idrici per le imprese e le economie, entro il 2050, circa il 46% del pil globale potrebbe provenire da aree a rischio idrico elevato, rispetto al 10% attuale.
“L’acqua e gli ecosistemi d’acqua dolce non sono solo fondamentali per le nostre economie, sono anche la linfa vitale del nostro pianeta e del nostro futuro”, sottolinea Stuart Orr, responsabile globale dell’acqua dolce del WWF. “Dobbiamo ricordare che l’acqua non proviene da un rubinetto – viene dalla natura. L’acqua per tutti dipende da ecosistemi di acqua dolce sani, che rappresentano anche il fondamento della sicurezza alimentare, degli hotspot della biodiversità e di una migliore protezione e assicurazione contro l’intensificarsi degli impatti climatici. Invertire la perdita di ecosistemi di acqua dolce aprirà la strada a un sistema più resiliente, un futuro positivo per la natura e sostenibile per tutti”.