Con l’emergenza climatica la siccità non è più una crisi saltuaria ma un problema cronico in tutto il mondo. Molti Paesi già in situazioni di stress idrico, altri sono solo all’inizio di una ripida salita. Il conto più salato della siccità lo paga l’agricoltura e questo mette a rischio sia la sicurezza alimentare di intere popolazioni che la stabilità sociale ed economica delle comunità
di Isabella Ceccarini
(Rinnoabili.it) – Con il perdurare dell’emergenza climatica la siccità non si può più considerare più una crisi saltuaria, ma un problema cronico che si aggrava da un anno all’altro. La mancanza d’acqua è un altro segno di un clima anomalo che sta condizionando le vite di miliardi di persone nel mondo.
Il conto più salato lo paga l’agricoltura
I climatologi continuano a documentare una situazione globale preoccupante che vede molti Paesi già in situazioni di stress idrico mentre altri stanno affrontando difficoltà che sono solo l’inizio di una ripida salita.
Non è un caso se le Nazioni Unite ritengono che la siccità sarà «la prossima pandemia mondiale per la quale non esistono vaccini».
Il conto più salato della siccità lo paga l’agricoltura e questo mette a rischio la sicurezza alimentare di intere popolazioni e la stabilità sociale ed economica delle comunità.
La situazione peggiore si osserva in Africa, un Continente che da sempre è “abituato” a fare i conti con la scarsità di acqua.
La siccità è un problema globale
Nell’Africa australe le persistenti condizioni di siccità e le temperature superiori alla media a dicembre hanno influenzato lo sviluppo delle colture e la rigenerazione dei pascoli. Le piogge sono leggermente migliorate a gennaio, ma le prospettive non sono favorevoli: le previsioni meteorologiche indicano precipitazioni inferiori alla media nei prossimi due mesi.
Ad aggravare la situazione, il passaggio di una tempesta tropicale su Madagascar, Malawi e Mozambico ha provocato lo straripamento di fiumi, inondazioni e frane e ha causato vittime e danni diffusi.
Nell’Africa orientale, Kenya, Somalia ed Etiopia hanno dichiarato l’emergenza siccità. La produzione agricola è stata inferiore alla media, e i fragili sistemi agroalimentari di questi Paesi subiscono una ulteriore pressione dovuta a un’economia debole e ai conflitti: più di 20 milioni di persone sono a rischio della peggiore crisi alimentare degli ultimi 35 anni.
L’Africa occidentale ha registrato risultati migliori del previsto, ma il permanere dei conflitti continua a essere un fattore di insicurezza alimentare.
In Nord Africa le precipitazioni sono arrivate in ritardo e le colture soffrono lo stress da siccità.
Anche in Asia la situazione si presenta complessa. Nelle aree centrali le colture promettono risultati nella media, se non superiori, ma le precipitazioni previste per i prossimi tre mesi saranno inferiori alla media e questo comprometterà la produzione agricola.
In alcuni Paesi dell’America centrale, come l’Honduras,si prevede che la produzione agricola sarà inferiore del 50% rispetto ai valori medi, ma anche in Colombia, Guatemala, Nicaragua e Haiti si osservano cattive condizioni generali della vegetazione.
La situazione in Italia
Anche in Italia il quadro generale non è molto confortante. Il deficit idrico riguarda ormai tutta la Penisola. Al Nord non piove da due mesi, il Po segna un livello più basso che in estate, e lo stesso vale per i grandi laghi come Iseo, Como e Maggiore, anche la neve – che rappresenta un potenziale idrico – è diminuita del 58% sommando Alpi e Appennini.
Le temperature anomale fanno anticipare le fioriture e la siccità può compromettere le coltivazioni che si trovano nella fase di accrescimento. Se permane l’attuale stato di siccità, gli agricoltori dovranno irrigare – dove possibile – i prati destinati all’alimentazione degli animali.
Ricordiamo che siamo ancora in inverno, e la possibilità di gelate è alta con la conseguenza di “bruciare” le gemme (un problema purtroppo già vissuto anche nel 2021, che si è classificato al decimo posto tra gli anni più caldi dal 1800).
La ciliegina sulla torta riguarda i boschi: la prolungata mancanza di precipitazioni alza il rischio di incendi.
Verso la tropicalizzazione
Come rileva Coldiretti, i cambiamenti climatici stanno portando l’Italia alla tropicalizzazione: «Il moltiplicarsi di eventi estremi con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, siccità e alluvioni e il rapido passaggio dal freddo al caldo hanno fatto perdere oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra cali della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne».
Per quanto riguarda l’acqua ci sono soluzioni da adottare immediatamente. Oltre a ristrutturare la rete idrica nazionale (che perde il 42% dell’acqua immessa) si può riutilizzare l’acqua piovana raccogliendola in una rete di piccoli invasi distribuiti sul territorio con un ridotto impatto ambientale, come Coldiretti sostiene da tempo.
L’agricoltura rigenerativa, infine, mantiene il terreno nelle condizioni migliori.
Il futuro si prepara nel presente
Non pensiamo infine che la siccità sia solo un problema delle colture. La mancanza di precipitazioni nelle città alza il livello di inquinamento che peggiora la qualità dell’aria. Benvenuta allora la realizzazione di aree verdi per contrastare l’inquinamento. Le soluzioni ci sono, cominciamo da quelle più semplici, realizzabili a costi contenuti.
Quando si dice che la transizione verde ha un costo, dovremmo chiederci quanto ci costa restare dove siamo, ovvero in una situazione che ha impatti enormi non solo economici: oltre ai disastri ci sono le vite umane, le colture perse, la distruzione del territorio, la perdita di biodiversità. Tutti problemi con effetti immediati e contemporaneamente di lungo periodo.
Si parla sempre di come sarà il futuro, di come costruirne uno migliore e più sostenibile. Ma il futuro si prepara nel presente, pensiamoci ora, non quando sarà troppo tardi.