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La grande acqua alta a Venezia del novembre 2019, i perché di una mancata previsione

Contenuto realizzato nell’ambito del progetto CNR 4 Elements

acqua alta venezia
Credits: Comune di VeneziaCC BY 3.0, commons.wikimedia.org

di Luigi Cavaleri, Jacopo Chiggiato, Christian Ferrarin

Quando, soffiando da sud-est sull’Adriatico, il vento di scirocco accumula l’acqua verso la sua parte settentrionale, si creano le condizioni favorevoli per l’allagamento di Venezia. Due sono i fattori principali che contribuiscono ad innalzare localmente il livello del mare: il primo è lo storm surge, ovverosia l’innalzamento locale del mare dovuto agli elementi meteorologici, e il secondo è la marea astronomica, con ciclo di 12 ore (più o meno), dovuta alla Luna ed al Sole. Poiché lo storm surge è anch’esso un fenomeno transitorio, della durata di qualche ora, è chiaro che l’effetto complessivo, e quindi l’allagamento di Venezia, dipendono in maniera cruciale dall’intensità e dalla coincidenza dei due contributi.

Figura 1 – Piazza San Marco allagata. Quadro di Federico Moja, ca 1850

Le acque alte a Venezia non sono un fenomeno recente. La Figura 1 riporta un quadro di metà dell’800, ed è evidente che, anche se rappresentato in termini rilassati, il fenomeno era già presente, con meno frequenza e certo meno previsioni, anche allora. Tuttavia teniamo presente che, sia per l’aumento del livello del mare che per la locale subsidenza (l’abbassamento, naturale o antropico, del suolo), rispetto all’epoca del quadro Venezia è oggi più bassa rispetto al mare di almeno 34 cm (cifra ufficiale). È ovvio che le inondazioni siano più facili e frequenti.

Dati i fattori in gioco, la loro tempistica relativa stabilisce il livello totale, e quindi se Venezia sarà soggetta ad allagamento o meno. Ad esempio, il 29 ottobre 2018 la tempesta di scirocco fu molto intensa, ma l’inondazione “limitata”, o meglio meno peggio di quanto avrebbe potuto essere, proprio perché il picco dello storm surge avvenne durante la bassa marea astronomica. Il contrario avvenne un anno dopo, il 12 novembre 2019. Qui non solo i contributi meteorologico ed astronomico furono in fase, ma altri fattori, di cui 2 altamente improbabili, aggiunsero il loro contributo. Il 12 novembre fu il tipico caso in cui fattori diversi, nessuno di per sé rilevante, contribuirono, operando insieme, a quella che per pochi centimetri non fu la peggior inondazione storica di Venezia. Questo è un breve resoconto di cosa e come avvenne attraverso la descrizione del ruolo di tutti i fattori concomitanti. 

La prolungata bassa pressione atmosferica– Abbiamo tutti imparato il principio dei vasi comunicanti. Se da un lato vi è una pressione maggiore, il livello dell’acqua nell’altro si alza. Così avviene anche nel mare. Nelle zone di alta pressione il livello dell’oceano tende a scendere (poco, 1 cm ogni hPa, ovverosia ogni vecchio mbar) rispetto alle zone di bassa pressione. È semplicemente uno spostamento d’acqua per compensare le differenze atmosferiche. Così avvenne nel Mediterraneo nel novembre 2019. Estese e prolungate condizioni di bassa pressione rispetto all’Atlantico del Nord fecero innalzare il livello del Mediterraneo centro-occidentale di 20-30 cm. Come le differenze di pressione, il fenomeno è transitorio, ma tale era (+35 cm) la condizione il 12 novembre. Poco, si dirà. Sì, ma quando una città vive per buona parte non più di 50 cm sopra i livelli di normale alta marea, la cosa diventa rilevante.

Lo storm surge – La mareggiata di scirocco, il vento da sud-est su tutto l’Adriatico, era ben previsto. Niente di particolarmente intenso, ma certo un tipico esempio che porta il livello del Nord Adriatico a sollevarsi per qualche ora di, in questo caso, 47 cm. A titolo di paragone il 29 ottobre dell’anno prima il contributo meteorologico era stato molto maggiore, 140 cm.

Marea astronomica – Non fu molto alta, +36 cm, ma questo era il picco di quella fase mareale, ed avvenne praticamente in coincidenza con quello meteorologico. 

Wave set-up – In pratica, l’accumulo d’acqua verso riva dovuto alle onde in arrivo. Le onde non erano molto alte, circa 3 m o poco più (l’anno prima erano 6, quindi con 4 volte più energia). Propagandosi in acque sempre più basse, le onde frangono. Ne segue una tendenza ad accumulare acqua verso la costa, con conseguente aumento del livello marino locale. Il contributo di questo processo è limitato, ma sommandosi ai precedenti 35+47+36 cm, cominciamo a vedere l’effetto cumulativo. In effetti, nelle ore precedenti il picco, il locale servizio di previsione aveva annunciato un’alta marea sostenuta, prevedendo un picco di 150 cm. Questo non è poco: significa 70-80 cm d’acqua a S. Marco, ma è ormai fra i valori cui i veneziani, se non abituati, non guardano più con stupore. Senonché il fattore improbabile stava per avvenire.

All’interno della struttura generale della perturbazione le previsioni meteorologiche avevano identificato già da qualche giorno la probabile apparizione di un piccolo centro di bassa pressione che, nato nell’Adriatico centrale, si sarebbe poi propagato verso nord, lungo la costa italiana. 

Figura 2 – Percorso del piccolo minimo di pressione secondo le previsioni dei giorni precedenti.

La Figura 2 ne mostra la traccia secondo le previsioni fatte alla mezzanotte del 9, 10, 11, 12 novembre. Con una certa variabilità della traiettoria, tutte queste previsioni indicavano il passaggio del minimo (vedere il punto nero della Figura 3) al di fuori, a sinistra, della laguna di Venezia. Per quanto intenso ed accompagnato da forti venti, il minimo aveva un’area di influenza molto limitata con una trascurabile influenza sul livello dell’acqua a Venezia. Tuttavia, avvennero due cose impreviste.

Tsunami meteorologico – Nell’ultimo tratto prima di raggiungere il litorale veneto il minimo ebbe un percorso più esterno (cioè sul mare) di quanto previsto. Invocando nuovamente il principio dei vasi comunicanti risulta intuitivo che in corrispondenza del minimo di pressione debba esservi un sollevamento del livello marino. Il fenomeno è generalmente limitato: il minimo si sposta rapidamente. Tuttavia, se “l’onda” sollevata dal minimo ha, data la locale profondità, una naturale tendenza a propagarsi con la stessa velocità del minimo di pressione, l’effetto naturalmente si esalta, creando quello che in gergo oceanografico si chiama “tsunami meteorologico”, appunto perché generato non da un terremoto sottomarino, ma meteorologicamente dal passaggio di una perturbazione atmosferica. Questo ebbe un effetto evidente sui livelli in mare con un innalzamento di circa 28 cm.

Figura 3 – Laguna di Venezia ed Adriatico prospicente. Traiettoria e posizione prevista del minimo di pressione (punto blu) ed associata distribuzione del vento. Le frecce e cerchio bianchi mostrano invece il vento misurato alle 22 (ora locale) e la probabile posizione del minimo.

Vento violento in laguna – I dati di vento registrati dalle stazioni costiere ed alla piattaforma oceanografica “Acqua Alta” del CNR-ISMAR (sita 15 km al largo di fronte a Venezia) indicano con sufficiente sicurezza che, nel suo moto verso nord, il minimo passò pochi chilometri ad ovest della città. La Figura 3 mostra (frecce e cerchio bianchi) il vento misurato e la probabile posizione del minimo alle 22 (ora locale) del 12 novembre. La distribuzione del vento (frecce) nella Figura assume, come da previsione, che il minimo fosse tutto a sinistra (punto nero). Quello che importa è che vi fosse un fortissimo moto antiorario attorno al minimo, molto forte proprio vicino al suo centro. Quando il minimo, fra le 22 e 23 locali, si avvicinò a Venezia, vi furono forti venti da nord-est verso sud-ovest, con un rapido accumulo d’acqua nella parte sud della laguna. Dopo una brevissima pausa senza vento (passaggio del minimo), i venti si invertirono, soffiando improvvisamente e con violenza verso nord-est (misurati più di 100 km/h). Ma allora di colpo tutta l’acqua della laguna sud fu scaraventata contro Venezia, dal lato di S. Marco, con anche alte onde che, per l’elevato livello marino, contribuirono al disastro dei locali natanti. Questo “colpo di frusta” fu breve. Il minimo si muoveva rapidamente, ma si sommò, per un breve lasso di tempo, proprio al picco che le condizioni oceanografiche e meteorologiche a più larga scala avevano creato, raggiungendo il drammatico livello di 189 cm.

In quella breve mezz’ora le condizioni a Venezia furono pesantissime. L’accumulo d’acqua dal lato sud-ovest della città fece sì che vi fosse una sostanziale differenza di livello (circa 20 cm) rispetto al lato di nord-ovest. Di conseguenza tutti i canali della città congiungenti i due lati furono percorsi da fiumi d’acqua, con correnti fino ad 1-2 ms-1. La città si era preparata, nei limiti del possibile, al livello di +150 cm. Quando, nell’ultima ora, i bollettini dei servizi di previsione annunciarono freneticamente continui aggiornamenti al rialzo non era più possibile, e le condizioni non lo permettevano, intervenire sui negozi, magazzini o case a pianterreno.

Nella sapienza a posteriori ne seguirono molte discussioni. Prevedibilità? Nello specifico le condizioni generali (livello medio del mare, stormsurge, marea astronomica) erano tutte state ben previste ed annunciate. Il fattore di differenza fu dato dal minimo meteorologico e dalla sua traiettoria ben più ad est di quanto previsto dai modelli meteorologici. Prevedibilità a lungo termine, o capacità di considerare diverse possibilità alternative? Sì, tutto questo viene fatto, ma è chiaro che più lontano guardiamo nel futuro, maggiore è l’incertezza, non solo su ’quanto’, ma anche su ‘cosa’. La natura ha molta più fantasia di noi, ed è difficile immaginare tutti i possibili avvenimenti, magari mai visti prima, che potrebbero contribuire nel futuro. Non esistevano precedenti esperienze di un piccolo, intenso minimo di pressione in veloce movimento e che passi al momento e nella posizione peggiori. L’esperienza insegna, questo è vero, ma ricordiamo che, come fantasia, la natura ci è largamente superiore.

di Luigi Cavaleri, Jacopo Chiggiato, Christian Ferrarin – Istituto di Scienze Marine, CNR-ISMAR, sede di Venezia

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