L'impianto potabilizzerà le acque salmastre, prelevando fino a 1.000 l/s di acqua dal fiume Tara, nel rispetto delle sue condizioni. Ad alimentare le operazioni un impianto fotovoltaico e una fornitura green certificata
![Solo rinnovabili per alimentare il più grande dissalatore a osmosi inversa d’Italia](https://www.rinnovabili.it/wp-content/uploads/2025/02/dissalatore-di-taranto-1.jpg)
Fotovoltaico in autoconsumo per il dissalatore di Taranto
Combattere la crisi idrica puntando su soluzioni sostenibili che abbiano il più basso impatto ambientale possibile. Questo l’obiettivo con cui è stato pensato il nuovo dissalatore di Taranto che a regime dovrebbe essere l’impianto ad osmosi inversa più grande d’Italia.
Il progetto individuato dal Piano d’Ambito 2020-2045 approvato dall’Autorità Idrica Pugliese (AIP) dovrebbe sorgere sul fiume Tara producendo acqua potabile sufficiente per 385.000 persone. L’energia per alimentare tutto ciò? Sarà rigorosamente a zero emissioni.
A renderlo noto è oggi Acquedotto Pugliese (AQP) che attraverso una nota stampa fa sapere di avere in progetto un impianto fotovoltaico per soddisfare il 14% il fabbisogno energetico del dissalatore. Il resto sarà coperto tramite contratto di fornitura elettrica verde, certificata tramite Garanzie di Origine. “L’iniziativa nasce dal confronto con Legambiente, con cui AQP ha da tre anni una collaborazione mirata a promuovere la transizione energetica, la tutela del territorio e la sensibilizzazione delle comunità su temi ambientali”, spiega la Società.
La crisi idrica
L’obiettivo è produrre effetti positivi su più livelli, garantendo l’autonomia e resilienza idrica alla Puglia. Passaggio essenziale per un territorio dove gli effetti della crisi climatica sono già ben visibili.
“Il dissalatore è un’opera necessaria”, spiega AQP. “Taranto è l’unica provincia pugliese alimentata da una sola linea di approvvigionamento idrico (lo schema Pertusillo-Sinni) e il territorio è particolarmente esposto alle crisi idriche”.
Come messo in luce dall’Osservatorio permanente dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale il livello di severità idrica per l’acqua potabile pugliese sta peggiorando. Nel 2024 la disponibilità totale degli invasi è inferiore del 62% rispetto ai valori medi storici e la portata media delle sorgenti irpine è in calo di oltre il 12%. Al punto che Acquedotto Pugliese ha dovuto adottare nuove misure per affrontare la perdurante siccità lo scorso autunno. In questo contesto Taranto, proprio in virtù dell’unica linea di approvvigionamento, risulta ancora più a rischio.
Il nuovo impianto di dissalazione dovrebbe dare una mano importante riuscendo a provvedere al fabbisogno idrico di circa un quarto della popolazione salentina.
Dissalatore di Taranto, come funzionerà?
La tecnologia è quella dell’osmosi inversa. Acqua ad alta concentrazione salina viene prima trattata per rimuove eventuali impurità e poi forzata a passare attraverso una membrana semipermeabile, in grado di trattenere le molecole del sale.
In questo caso il dissalatore di Taranto potabilizzerà le acque salmastre del fiume Tara, prelevando fino a 1.000 l/s e convogliando l’acqua in un serbatoio di 200.000 metri cubi. Il prelievo sarà consentito solo quando la portata del fiume supera i 2.000 l/s, in maniera da garantire la tutela dell’ecosistema fluviale e la biodiversità (come confermato da studi scientifici di CNR, ISPRA e Politecnico di Torino).
“AQP da tempo investe su risanamento reti e riuso: la città in questi giorni è interessata da lavori su 90 chilometri di reti idriche per un investimento di 37 mln di euro; i depuratori della provincia dedicati al riuso, inoltre, entro il 2028 diventeranno 16, incluso il Gennarini. Ma recupero perdite e riutilizzo non bastano. Il dissalatore di Taranto risponde all’esigenza di diversificare l’approvvigionamento e rendere il territorio più autonomo grazie a una fonte, le sorgenti del Tara, particolarmente idonea perché non risente particolarmente delle variazioni climatiche e metereologiche. Il tutto nel rispetto del fiume, del mare, del territorio, dell’ecosistema e delle comunità che continueranno a fruirne liberamente”.