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Dall’Italia arrivano cerotti “smart” per curare i coralli malati

Testati in laboratorio e poi in mare, i cerotti realizzati dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) in collaborazione con il MaRHE Center e l'Università di Milano-Bicocca possono essere applicati sui coralli infetti per curarne le ferite grazie al rilascio di farmaci e antibiotici

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Di U.S. Fish & Wildlife Service – Pacific Region’s Photo credit: Jim Maragos/U.S. Fish and Wildlife Service – Coral Reef at Palmyra Atoll National Wildlife Refuge, CC BY 2.0, Collegamento

 

Da applicare direttamente sulle ferite dei coralli, i cerotti sono completamente biodegradabili e biocompatibili

(Rinnovabili.it) – Minacciati dall’acidificazione delle acque dal surriscaldamento degli oceani e dalla crescente attività umana, i coralli sono oggi tra le specie marine più a rischio. L’inquinamento in particolare rappresenta per i coralli un grave pericolo, a fronte di un aumentata sensibilità a infezioni fungine, virali e batteriche. Dal Pacifico all’Atlantico, negli ultimi 50 anni l’ecosistema corallino s’è ridotto del 50% a causa delle malattie provocate da diversi microrganismi patogeni che, ad oggi, rappresentano per le barriere coralline una delle cause principali di declino. In particolare, le malattie che minaccianoquesti organismi sono circa una quarantina e, almeno fino ad oggi, non esistevano metodi efficaci per prevenirle o curarle. La tecnica più utilizzata rimane quella della totale o parziale rimozione della specie malata, onde evitare l’infezione dell’intera colonia.

 

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Dopo mesi di studi, ricerche e test, gli scienziati dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) in collaborazione con il MaRHE Center (Marine Research and High Education Center alle Maldive) dell’Università di Milano-Bicocca potrebbero tuttavia aver trovato una più efficace soluzione al problema.
Si tratta di  “cerotti smart” in grado di somministrare farmaci e antibiotici “corallo-mirati”. Completamente “biocompatibili” e “biodegradabili”, i cerotti possono essere applicati applicati sulle parti malate dove rilasciano in modo controllato cure e antiossidanti, proteggendo al contempo la ferita da ulteriori attacchi.

Il metodo s’è rivelato efficace sia su scala medio piccola – in acquario – che potenzialmente su larga scala, nell’ambiente naturale. Condotti per dieci giorni in un acquario e per quattro mesi alle Maldive, i primi test effettuati sui coralli della specie Acropora muricata – una tra le più a rischio indicate dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) – hanno già dato i primi risultati positivi.

 

Il trattamento consentirà di poter caricare nel primo cerotto farmaci specifici a seconda del tipo di infezione, da anti-batterici ad anti-protozoi e anti-fungini, così da creare un trattamento ad hoc per le specifiche infezioni dei coralli“, ha spiegato Marco Contardi, del gruppo Smart Materials dell’Iit e primo autore dello studio. Un secondo cerotto sigilla poi la parte danneggiata per impedire ulteriori infezioni. E’ “una novità assoluta nello studio e nel trattamento delle malattie dei coralli”, rileva Simone Montano, del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (Disat) e del MaRHE center dell’Università di Milano-Bicocca.

Ad oggi, per limitare l’impatto di queste patologie, la tecnica che viene più comunemente utilizzata è la totale o parziale rimozione della colonia, con conseguente ulteriore danno alle comunità coralline. Grazie a questo studio – aggiunge – si potrebbe curare direttamente in loco i coralli malati permettendo una conservazione più efficace di uno degli ecosistemi naturali più meravigliosi del nostro pianeta”.

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