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Giustizia per Berta Caceres? Inizia il processo al mandante

Berta Caceres: inizia il processo al presunto mandante dell’omicidio
credits: coolloud via Flickr | CC BY-NC-ND 2.0

Berta Caceres fu uccisa da un commando armato il 2 marzo 2016

(Rinnovabili.it) – “L’impunità per chi commette crimini resta una costante”. Lo diceva un mese fa al Manifesto la figlia di Berta Caceres, l’attivista ambientale vincitrice del Goldman Prize uccisa nel 2016 per la sua lotta contro la mega diga di Agua Zarca. Un progetto responsabile di deforestazione illegale e di violazioni dei diritti del popolo indigeno Lenca, a cui apparteneva Berta. Per Bertha – la figlia porta quasi lo stesso nome – “ci sono enormi interessi economici per lo sfruttamento delle terre dove vivono le popolazioni indigene di Honduras. E l’impunità viene utilizzata come messaggio deterrente per chi vuole opporsi ai progetti di sfruttamento”.

Chi c’è dietro l’omicidio di Berta Caceres?

L’impunità continua? Finalmente l’assassinio di Berta Caceres arriva in un’aula di tribunale. Il 6 aprile è iniziato il processo al presunto mandante dell’omicidio, David Roberto Castillo Mejía. Secondo l’accusa è lui ad aver coordinato gli esecutori materiali, che hanno freddato a colpi di arma da fuoco l’attivista nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016. David Castillo è il presidente dell’azienda Desarrollos Energetico (Desa), la compagnia energetica che voleva sfruttare la mega diga contro cui si batteva Berta.

Castillo è un ex ufficiale dell’intelligence militare. Prima di morire, Caceres aveva rivelato a Global Witness  (l’ong che monitora la situazione degli attivisti ambientali e non in tutto il mondo e pubblica un report annuale) che Castillo Mejía aveva provato a corromperla. Soldi in cambio dello stop alle proteste contro la diga. Lei non accettò, il resto è storia nota.

L’anatomia dell’azienda rivela quanto sia stretto l’intreccio tra affari e politica in Honduras. Il segretario di Desa è Roberto Pacheco Reyes, ex ministro della Giustizia. Il vice-presidente invece è Jacobo Nicolás Atala Zablah, presidente anche della banca BAC e membro di una delle famiglie honduregne più importanti nel mondo degli affari. Come nel caso di altri omicidi di attivisti ambientali senza responsabili accertati, anche per Berta Caceres la politica ha fatto di tutto per frenare la giustizia.

Secondo Global Witness, i progetti al centro di questi conflitti ambientali sono legati alle élites più potenti e ricche del paese, tra cui molti esponenti della politica e delle forze armate. Sono questi ambienti a portare avanti una vera e propria strategia criminale per terrorizzare le comunità locali nella più totale impunità.

Per questo la famiglia di Berta Caceres punta più in alto con questo processo e ritiene che Castillo sia solo un primo passo verso la ricerca di giustizia contro coloro che hanno ordinato l’omicidio. E’ evidente che puntano a sfondare il muro di impunità e arrivare al livello della politica nazionale. “Per noi l’importanza del caso contro Roberto David Castillo Mejía è che spiana la strada alle vere menti” dietro l’omicidio, ha detto ad AP Víctor Fernández, l’avvocato che rappresenta la famiglia di Caceres.

La storia di Berta Caceres

Berta si opponeva a uno dei più grandi progetti idroelettrici dell’America Centrale. Quattro mega dighe presso la cascata di Agua Zarca, sul fiume Gualcarque in Honduras. Soltanto uno di centinaia di progetti simili, ugualmente distruttivi per l’ambiente, sponsorizzati dalla nuova giunta salita al potere nel paese dopo il colpo di Stato del 2009. Nel caso di Agua Zarca, la politica ha dato l’ok alle dighe senza alcuna consultazione delle comunità locali, come invece richiede la legge.

Caceres era a capo dell’organizzazione COPINH per la difesa dei diritti dei popoli indigeni. Il COPINH aveva preso la guida della lotta contro questo progetto e dava voce e organizzazione al popolo Lenca. Grazie alla capacità di mobilitazione aveva creato problemi alle compagnie dietro il progetto. E l’abilità nell’usare gli strumenti del diritto internazionale aveva consegnato al COPINH una vittoria importante.

Berta si è era appellata alla Convenzione ILO 169, un diritto fondamentale dei popoli indigeni di fronte alla presenza di progetti industriali estrattivi nel loro territorio che ne sancisce il diritto all’autodeterminazione. Così aveva obbligato due colossi come la Banca mondiale e la Sinohydro a ritirarsi dal progetto. Vittoria che ha portato in dote a Berta il premio Goldman ma anche le attenzioni degli squadroni della morte honduregni.

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