In uno scontro degno di Davide e Golia, la Corte d’Appello del Michigan mette al nudo il paradosso di Nestlé sull’acqua pubblica.
(Rinnovabili.it) – La Corte del Michigan infligge un duro colpo alla Nestlé, la multinazionale svizzera attiva nel settore alimentare, e riconosce un’importante vittoria per l’acqua pubblica. Il tribunale ha infatti dichiarato che l’operazione commerciale di imbottigliamento dell’acqua, condotta dall’azienda con il marchio Ice Mountain Nestlé, non può essere equiparata ad un servizio pubblico essenziale di approvvigionamento idrico.
La sentenza d’appello riguarda il procedimento intentato contro la piccola città di Osceola (una comunità agricola di 900 abitanti, a 320 chilometri di Detroit) che nel 2016 ha respinto i piani della multinazionale relativi al progetto di una stazione di pompaggio dell’acqua collegata al fiume Twin Creek, che a detta dell’associazione Michigan citizen for water conservation ne avrebbe comportato il prosciugamento. Per avere accesso all’acqua del fiume, la Nestlé avrebbe dovuto pagare allo Stato del Michigan la cifra irrisoria di 200 dollari l’anno. La decisione della Corte, dunque, rappresenta una vittoria per la piccola cittadina del Michigan, che ha così impedito la costruzione della stazione di pompaggio che, tra l’altro, non avrebbe rispettato le norme di zonizzazione di quell’area. Il progetto di Osceola rappresentava, da parte della multinazionale, la possibilità di aumentare la quantità di acqua che già viene prelevata nella vicina città di Evart. Anche in questo caso, si tratta di una stazione di pompaggio non poco controversa, che cattura dai 950 ai 1500 litri d’acqua al minuto.
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Le argomentazioni della Nestlé facevano leva sulla possibilità di ottenere il riconoscimento legale della stazione di pompaggio come fonte di acqua pubblica, in grado di fornire un servizio idrico essenziale per la comunità. Come riporta il Guardian, però, secondo l’avvocato ambientale Jim Olson, non solo questo tentativo dell’azienda svizzera appariva ridicolo, ma “ciò che mette a nudo è quanto e come i commercianti di acqua privata come Nestlé tentino di privatizzare l’acqua pubblica, i servizi idrici, la terra e le comunità“.
Alla fine del 2017, durante il primo grado di processo, un tribunale aveva emesso una sentenza secondo cui, essendo l’acqua un elemento essenziale per la vita, l’operazione di imbottigliamento da parte di Nestlé rappresentava un “servizio pubblico essenziale”, in grado di soddisfare una domanda. I giudici d’appello, dal canto loro, hanno sì riconosciuto che l’acqua è “essenziale per la vita”, ma hanno scritto che doveva essere preso in considerazione anche il contesto in cui avviene la vendita dell’acqua: in questo caso, la commercializzazione dell’acqua in bottiglia, in un’area in cui è disponibile l’acqua pubblica del rubinetto, non è essenziale.
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Il tribunale ha inoltre osservato che le infrastrutture che forniscono “servizi pubblici essenziali” includono, ad esempio, le fognature, ma che una stazione di pompaggio non rientra in quella categoria. Infine, la Corte ha aggiunto che, secondo le leggi dello Stato del Michigan, le forniture di acqua pubblica sono tali perché “convogliate in un sito attraverso tubi”, mentre l’acqua non essenziale viene fornita in bottiglie.
Oltre alla vittoria della piccola comunità di Osceola, il caso potrebbe ora produrre giurisprudenza rispetto ai diversi tentativi di Nestlé di privatizzare l’acqua nello Stato, facendo sì che in molte altre città vengano riconsiderati i permessi che finora hanno consentito alla multinazionale di prelevare acqua. Inoltre, la sentenza potrebbe avere, a monte, un impatto sul permesso dello Stato del Michigan che consente a Nestlé di portare il suo carico di estrazione a 1500 litri al minuto, rischiando di compromettere definitivamente molte falde acquifere. Infatti, il dipartimento per l’ambiente del Michigan aveva rilasciato il permesso anche perché si riteneva che Nestlé stesse fornendo un servizio pubblico essenziale.
“Nel contesto della domanda chi possiede l’acqua?, oggi si può rispondere lo stato e il pubblico, perché vendere l’acqua in container a scopo di lucro è semplicemente privato, non pubblico”, ha concluso Olson .