(Rinnovabili.it) – Cartiere, raffinerie di petrolio e produttori di pesticidi che inquinano l’acqua verranno messi fuori legge entro la fine del 2016. Non succede nella progredita Europa, ma in Cina, dove il malcontento pubblico sta costringendo il governo a mettere in piedi una politica ambientale che raggiunga finalmente degli obiettivi di minima. Il tentativo è quello di provvedere al miglioramento della qualità delle risorse idriche, un piano a lungo atteso che arriva quando ormai un terzo dei fiumi del Paese sono inquinati e il 60% delle acque di falda contaminate.
Le persone si ammalano e muoiono per il degrado ambientale, ma dopo anni di silenzio stanno cominciando a sollevarsi. Anche per questo il governo ha multato un mese fa la più grande compagnia energetica dello Stato, la China National Petroleum Corporation, costringendola a pagare l’equivalente di 15 milioni di euro di indennizzi per aver scaricato benzene nella rete idrica di Lanzhou, nel nord-ovest della Cina.
Ma gli esperti dicono che c’è ancora molto da fare per proteggere le scarse risorse: «L’acqua è il collo di bottiglia per lo sviluppo industriale della Cina – ha dichiarato Alex Zhang, presidente della McWong Environmental Technology, una società di tecnologia idrica con sede negli Stati Uniti – Le miniere di carbone e le fabbriche situate nelle regioni occidentali soffrono di carenza d’acqua. Se lo scarico delle acque reflue non verrà trattato e la risorsa rimessa in circolo, la pressione crescerà».
I contenuti del piano cinese sull’acqua
Il nuovo piano, reso pubblico dal Consiglio di Stato cinese, entro il 2020 si propone di aumentare la quota d’acqua di buona qualità di oltre il 70% nei sette principali bacini fluviali, e di oltre il 93% per quanto riguarda la fornitura di acqua potabile urbana.
Inoltre, verrà limitata la costruzione di impianti petrolchimici e di fusione del metallo lungo i principali corsi d’acqua.
La Cina attualmente controlla l’utilizzo della risorsa assegnando specifici volumi a ciascuna provincia, e rifiuta le richieste che provengono dalle zone che hanno esaurito anzitempo le quote assegnate. Il governo ha in mente un tetto di 670 miliardi di metri cubi al consumo complessivo entro il 2020, e vuole ridurre l’uso di acqua in agricoltura, che oggi supera oltre 3,7 miliardi di metri cubi, migliorando l’efficienza dell’irrigazione entro il 2018.
Quest’anno verrà introdotto anche un meccanismo di prezzi differenziati per gli utenti residenziali, così da incoraggiare il risparmio. Per gli utenti non residenziali, invece, sarà previsto un sistema di tassazione progressiva che scatta non appena si eccedono le quote assegnate.