(Rinnovabili.it) – L’accesso all’acqua e ai servizi igienici, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu, può essere raggiunto entro il 2030 se i Paesi in via di sviluppo investiranno in infrastrutture idriche almeno l’1% del prodotto interno lordo. È una delle conclusioni della conferenza annuale delle Nazioni Unite “Acqua e sviluppo sostenibile. Dalla visione all’azione” , che si è tenuta a Saragozza dal 15 al 17 gennaio e alla quale hanno partecipato circa trecento esperti, compresi i rappresentanti delle Nazioni Unite, i governi, le imprese e le ONG. Una delle domande che hanno animato la conferenza riguardava proprio la possibilità di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile sull’acqua impostati dall’Onu per il 2030. Questi vanno dall’accesso universale all’acqua ai servizi igienici di base, attraverso alcuni step: il miglioramento della gestione, l’efficienza dell’utilizzo, l’eliminazione degli scarichi tossici il miglioramento degli ecosistemi e la riduzione dell’impatto delle catastrofi naturali come inondazioni e siccità.
«Tuttavia, per raggiungere questi obiettivi è necessario un finanziamento, vale a dire che i Paesi in via di sviluppo dovranno investire almeno l’1% del Pil in infrastrutture idriche», ha spiegato Josefina Maestu, direttore dell’ufficio Onu che supporta il decennio internazionale 2005-2015 “Water for Life”.
Oggi 770 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, ma la cifra sale quando si parla di qualità della risorsa. L’altro dramma riguarda servizi igienici adeguati: 2.5 miliardi di persone sul pianeta non ne possono usufruire.
Ecco perché il risanamento dell’acqua è la grande sfida per le aree urbanizzate di molti Paesi poveri: non riguarda infatti solo lo sviluppo economico di una regione, ma ha ricadute gravi anche sulla popolazione. Si stima che 35 milioni di persone ogni anno muoiano prematuramente per malattie legate all’acqua: queste sono anche la principale causa di mortalità infantile in molti Paesi poveri, ha detto Maestu.
Oggi, però, quasi l’80% delle acque reflue viene scaricato in natura senza alcun trattamento, un fatto che provoca ricadute ambientali pesanti e impatti sulla salute.