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Acqua, la Ricerca italiana

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che ruolo gioca la ricerca scientifica nell’ambito della sostenibilità delle risorse idriche? Ne abbiamo parlato con Roberto Farina (Enea)

Si è aperta oggi la Giornata Mondiale dell’Acqua, un appuntamento importante che, insieme al World Water Forum della scorsa settimana (a cui hanno partecipato più di 180 Paesi, 140 delegazioni ministeriali e 600 tra associazioni e Ong), riaccende il dibattito fondamentale sull’accesso alle risorse idriche che ad oggi, almeno per una persona su tre nel mondo, risulta “difficoltoso”. La situazione di “water stress”, considerando gli attuali consumi e il trend attuale di crescita demografica,  potrebbe estendersi ad una porzione tra la metà e i due terzi della popolazione mondiale prima del 2025, insieme ad un ulteriore appesantimento delle problematiche relative ai problemi di inquinamento e di climate change. Da qui l’urgenza di trovare sul piano internazionale delle soluzioni politiche ed economiche “condivise”, in grado di fronteggiare le prossime sfide dell’acqua, soprattutto attraverso un uso razionale della risorsa idrica e una riduzione dell’impronta idrica dell’attività umana. In questo contesto, anche la ricerca scientifica sta giocando (con alcune difficoltà) un ruolo importante nella proposta di progetti e tecnologie innovative orientate alla sostenibilità dell’acqua: ne abbiamo parlato con Roberto Farina, responsabile del Laboratorio Protezione e Gestione della Risorsa Idrica (UTVALAMB-IDR) dell’ENEA, da molti anni impegnato, insieme al suo gruppo di ricerca, in azioni di intervento connesse all’intero “ciclo delle acque”, (dall’approvvigionamento idro-potabile, alla salvaguardia della qualità delle acque, alla gestione sostenibile della risorsa idrica, fino al riutilizzo e riciclo delle acque reflue).

 

Dott. Farina, dal ‘World Water Forum’ alla ‘Giornata Mondiale dell’Acqua’, quanto è importante parlare di “oro blu” in questo momento?

Proprio in occasione del World Water Forum è uscito recentemente un documento dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) dove vengono forniti dei dati sulla disponibilità dell’acqua che saranno, mediamente in Europa, estremamente critici per il 2050. Quindi parlare oggi di “oro blu” è sicuramente una cosa importante. Ritengo però che, nonostante le tante manifestazioni organizzate a favore dell’acqua come bene primario, pubblico e da tutelare a tutti i costi, l’opinione pubblica cada spesso in confusione per quel che riguarda l’effettiva distinzione tra “valore” e “prezzo” dell’acqua, due argomenti che di solito sono in palese contrapposizione tra loro per diversi motivi. Da un lato ad esempio, il concetto di  “valore” imporrebbe, almeno in Europa, una riflessione sul fatto che l’acqua è si un bene pubblico, ma che mantenerla come tale richieda anche un costo per la gestione dei servizi offerti, come l’approvvigionamento idrico, l’irrigazione per l’agricoltura, le dighe per l’energia idroelettrica, i depuratori delle acque reflue, gli impianti di trattamento e gli “aspetti ambientali”. Il valore dell’acqua quindi, può e deve essere misurato concretamente sulla base di questi temi. Altra cosa invece è dire che l’acqua, come bene in sé, ha un prezzo: ciò porterebbe inevitabilmente ad uno spostamento del vero problema, che invece dovrebbe restare indissolubilmente legato alla qualità e all’efficienza dei costi di gestione del servizio idrico, arrivando invece a tutta una serie di degenerazioni e speculazioni che, il più delle volte, rientrano nello “spazio di gioco” della sfera politica ed economica. Detto questo, personalmente non riesco a vedere una vera e propria distinzione tra gestione dell’acqua “pubblica” e dell’acqua “privata”, quanto piuttosto una distinzione tra una buona e cattiva gestione dell’acqua.

Secondo lei, la ricerca scientifica sta dando sufficienti risposte al problema globale dell’acqua?

Le soluzioni ‘scientifiche’ che vengono proposte al problema dell’acqua sono tantissime, come ad esempio quelle che riguardano sia la gestione dell’acqua al livello industriale che in ambito di edilizia civile e, da un punto di vista puramente tecnologico, le soluzioni per risparmiare sui “consumi” di questo bene non solo sono molteplici, ma potrebbero essere addirittura implementate. Tutto questo comprende certamente anche l’aspetto più generale relativo alla gestione sostenibile dell’acqua, dove si potrebbero fare ancora tante cose.

La ricerca ovviamente, molto spesso si deve scontrare con una serie di problematiche relative all’ambito applicativo dei suoi progetti: alcuni di essi vengono infatti respinti perché considerati dagli investitori, “fuori mercato”. C’è, a questo punto, anche un problema di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui temi relativi alla sostenibilità dell’acqua dove manifestazioni come il Word Water Forum o la Giornata Mondiale dell’Acqua possono certamente aiutare ad aumentare, al livello internazionale, le chance di intervento della ricerca scientifica in questo ambito.

Restando sul piano dei finanziamenti, ci sono degli ostacoli che frenano la ricerca italiana nell’attuazione di progetti dedicati alla sostenibilità delle risorse idriche?

Nonostante l’aria della crisi economica pesi inevitabilmente sui finanziamenti (pubblici e privati) erogati a favore della ricerca scientifica, le attività di ricerca relative alla realizzazione di progetti sull’uso sostenibile delle risorse idriche continuano ad essere molte. Certo, da un lato, non sono tantissimi i fondi che vengono effettivamente destinati ai progetti sull’acqua e, per quei pochi fondi che ci sono, certe volte si assiste a delle duplicazioni delle attività di ricerca (e questo magari è negativo), però il grande problema in Italia, non è tanto sulla qualità dei progetti in sé, quanto piuttosto che molti di essi, (pur dando risultati utili e per questo considerati tra i migliori del settore), vengano messi da parte per una serie di motivazioni politiche e soprattutto economiche. Da un lato infatti, l’acqua è un bene che appartiene a tutti però, come dice anche la stessa Direttiva Quadro Acqua dell’Ue, (2000/60/CE), questa risorsa è anche un bene “economico” e ciò la porta a dover sottostare a certe norme che di fatto vengono regolate dal mercato, al di fuori quindi dell’area di interesse pubblico.

Quali attività ha svolto in questi anni l’Enea sulla sostenibilità dell’acqua?

In Italia stiamo lavorando su diversi argomenti: dalla tutela delle acque naturali, sul monitoraggio della loro qualità sia al livello superficiale che sotterraneo. Negli anni scorsi è stato fatto ad esempio, un grande lavoro di monitoraggio per il livello dei nitrati nelle acque di falda e superficiali e lo studio dell’origine di questi. Più recentemente abbiamo aderito a diversi progetti che rientrano nel VII Programma Quadro della Comunità Europea per la gestione dell’acqua in ambito industriale, nell’ottica di ridurre sia i consumi idrici che gli inquinanti contenuti nelle acque reflue, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

Stiamo inoltre lavorando con il Ministero degli Esteri e attraverso programmi della Comunità Europea nell’area Mediorientale cercando di presentare attività che riguardino la tutela dell’ambiente: abbiamo appena stipulato una convenzione che ci permetterà, ad esempio, di portare progetti di sostenibilità riguardanti il settore dei rifiuti e dell’acqua in Libano. Stiamo iniziando adesso un’attività, sempre nell’ambito di un altro programma Europeo, che darà assistenza ad alcuni paesi dell’area Sud Mediterranea (come il Marocco, Giordania e Tunisia), nella gestione e nell’implementazione di tecnologie specializzate nel riciclo e nel riutilizzo delle acque reflue civili dopo adeguato trattamentoper l’irrigazione dei campi. E’ la seconda volta che in l’ENEA interviene in quest’area, la prima con il progetto EM WATER agli inizi del 2000 e da lunedì inizierà un nuovo progetto denominato Sustain Water MED.