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Rischio acqua contaminata nello Ionio. Sigilli all’impianto nucleare ITREC

La Procura di Potenza ha posto sotto sequestro le vasche e la condotta dell'impianto di Rotondella per un presunto rischio di inquinamento ambientale

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Impianto ITREC di Rotondella – Esterno Credit: Sogin

 All’Itrec di Rotondella acqua contaminata direttamente in mare

(Rinnovabili.it) – Sono scattati stamane i sigilli all‘impianto Itrec, la struttura lucana utilizzata per la conservazione e la sperimentazione del ritrattamento del combustibile nucleare, e all’adiacente “ex Magnox”. La Procura della Repubblica di Potenza ha posto sotto sequestro tre vasche di raccolta delle acque di falda e la condotta di scarico della struttura a seguito di un’inchiesta sullo sversamento in mare di acqua contaminata. Ne dà notizia l’Ansa specificando che i reati ipotizzati dalla Procura sono inquinamento ambientale, falsità ideologica, smaltimento illecito di rifiuti e traffico illecito di rifiuti.

L’impianto in questione è situato nel Centro di ricerca Enea-Trisaia di Rotondella (MT) e dal 2003 è gestito dalla Sogin con l’obiettivo di realizzarne il decommissioning entro il 2019. Attualmente stocca a 64 barre di combustibile irraggiato del ciclo uranio-torio provenienti dalla centrale statunitense di Elk River.

 

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Per far luce sul problema che ha portato al sequestro delle vasche è necessario risalire al settembre 2015, quando la rete di monitoraggio ambientale allestita dalla società aveva per la prima volta individuato valori anomali di alcune sostanze. Nell’ambito della Conferenza di Servizi, a fine 2015, Sogin aveva assunto il compito di realizzare il piano di caratterizzazione ambientale, ossia l’insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali. Gli esiti dell’indagine sono arrivati a metà del 2017 (e quindi trasmessi all’Arpa Basilicata): le analisi confermavano valori sopra la soglia limite nei pozzi di drenaggio e negli “effluenti liquidi” prelevati nei bacini di raccolta dell’impianto. A seguito di questi dati sono partite le indagini mentre il comune di Rotondella emetteva un’ordinanza ambientale e sanitaria per vietare “l’utilizzo ed emungimento delle acque sotterranee, per qualunque scopo, nell’area interessata, comprendente l’intero centro Enea della Trisaia ed aree adiacenti, oltre quelle attraversate dal fiume Sinni fino allo sbocco sul mare”.

 

Secondo i risultati dell’inchiesta – riporta sempre l’Ansa- sarebbe stato accertato il grave stato di inquinamento della falda acquifera sottostante il sito a carico di sostanze quali il Cromo VI e Tricloroetilene, utilizzate nel riprocessamento del materiale nucleare. L’acqua contaminata non sarebbe stata in alcun modo trattata; al contrario attraverso una condotta, “dopo aver percorso alcuni chilometri, si immettevano direttamente nel mare Ionio”.

 

Per il consigliere regionale Paolo Castelluccio “i reati ipotizzati dalla procura della Repubblica di Potenza che ha disposto il sequestro destano ancora più allarme perché di fatto rafforzano le preoccupazioni che sono diffuse da anni sul pericolo che con la contaminazione della falda acquifera l’inquinamento si riversa in mare […] E purtroppo le indagini sul grave stato di inquinamento ambientale causato da sostanze chimiche – cromo esavalente e tricloroetilene, che sono cancerogene – si svolgono già da anni senza arrivare a conclusione. Per questo è inadeguato il comportamento dell’Arpab che si limita a fornire prescrizioni per mettere in sicurezza la ‘migrazione’ del cromo VI all’esterno dell’immobile Enea a Rotondella, mentre non ci sono più alibi e pretesti per procedere alla dismissione del serbatoio e della condotta del vecchio impianto Magnox, individuati verosimilmente come la fonte di contaminazione primaria”.