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Acqua certificata

La San Benedetto è stata la prima azienda italiana ad ottenere la Certificazione ambientale del Ministero dell’Ambiente “testando” una nuova metodologia per il calcolo dell’impronta di carbonio

Foto di Baudolino da Pixabay
Foto di Baudolino da Pixabay

Non risulta così agevole immaginare una bottiglia di acqua minerale a “CO2 compensata”. Né tanto meno che un’azienda di imbottigliamento sia la prima in Italia a sperimentare un metodo, generato dal Ministero dell’Ambiente, per valutare l’impronta ecologica e definire le azioni per compensarla. E invece è accaduto. Prima di altre aziende, teoricamente più vicine al mondo della sostenibilità, San Benedetto ha messo in produzione una linea ad impatto 0, fortemente “osservata” da competitor di tutto il mondo. L’ennesima bella storia del nord est italiano che siamo andati di persona a conoscere dalle parole del suo presidente, Enrico Zoppas.

Mauro Spagnolo: Lei ha un cognome molto noto che evoca nella memoria degli italiani uno slogan storico e l’immagine dell’elettrodomestico. Come è avvenuto il passaggio dal frigorifero all’acqua minerale?


Enrico Zoppas: L’azienda San Benedetto faceva già parte del gruppo Zoppas. Era, infatti, una delle attività già presenti nel business della famiglia nata, oltre che dall’intuizione di mio padre, dal fatto che la fonte era di proprietà di un nostro parente. Si tratta di un’acqua già nota nel 1700 quando i veneziani di allora venivano a curarsi alla fonte che veniva chiamata l’acqua della salute. L’utilizzo a livello commerciale della fonte, poi, è partito dal 1956.

MS: Le cito una sua frase: “Non c’è bene per l’azienda che non sia un bene anche per il territorio e il Paese dove questa stessa opera”. Lei spesso parla di etica imprenditoriale nei confronti del territorio e dell’ambiente, cosa intende esattamente?


EZ: Alludo a quelle forme imprenditoriali che nascono dall’intento di sviluppare le proprie iniziative tenendo ben presente le risorse del territorio e le risorse umane ad esso legate. Due componenti essenziali, per mia esperienza, per una corretta attività di sviluppo del business. Questo è il segreto dell’imprenditoria veneta, che si è sviluppata in tante direzioni e forme diverse. In particolare il settore in cui svolgiamo la nostra attività, l’acqua, è particolarmente vitale per la sopravvivenza stessa dell’uomo. La tutela quindi della risorsa è un bene fondamentale, un valore essenziale su cui costruire tutto il resto, come ad esempio l’innovazione tecnologica finalizzata ad avvicinare al consumatore, in modo sempre più sicuro, il valore della qualità della risorsa. Vede tra i nostri obiettivi non c’è quello di sostituire l’acqua del rubinetto con quella minerale, ma di proporre un prodotto che abbia una qualità certificata, una garanzia legata alle specificità del nostro territorio.

MS: A proposito di acqua di rubinetto, cosa risponde alle contestazioni di chi individua l’acqua minerale come un pericolo per l’ambiente, o comunque inutile essendo quella dell’acquedotto assolutamente di qualità?


EZ: Bisogna partire da presupposti chiari: esistono obiettivi assolutamente diversi. L’acqua di acquedotto ha il compito di portare il servizio idrico ai cittadini, all’interno delle proprie case, nelle migliori condizioni in cui si può. Si tratta di un prodotto potenzialmente di ottima qualità finalizzato non solo al bere, ma anche e specialmente agli usi sanitari e a quelli della cucina. Se poi vogliamo confrontare scientificamente la qualità dell’acqua da bere nelle due diverse opzioni, la differenza principale dell’acqua imbottigliata è che le sue caratteristiche sono certificate all’origine e garantite fino all’utilizzo finale. In altre parole chiunque apra la bottiglia ha la certezza della qualità del prodotto, cosa che non può accadere, per motivi tecnici e ben comprensibili, con quella di acquedotto.

MS: Parliamo espressamente del vostro percorso ambientale. Mi sembra che tutto sia nato da un accordo volontario con il Ministero dell’Ambiente. Quando e come è nato?

RZ: E’ nato nel 2009 grazie ad un incontro illuminante con l’allora Direttore del Ministero dell’Ambiente, Corrado Clini, che ci ha portato a conoscenza di quelle che erano le potenzialità scaturite dall’accordo di Kyoto rispetto alla riduzione delle emissioni. E’ stato quindi l’attuale Ministro che ci ha fatto capire che esisteva un valore enorme nella sua proposta. Valore che non riguardava unicamente un prodotto, ma un nuovo modo di porsi dell’Azienda nei confronti dell’ambiente e del mercato. Abbiamo allora percepito che si trattava di un progetto importante che avrebbe da lì a poco cambiato radicalmente l’approccio alla nostra attività: la strada per limitare il peso dell’azienda sull’ambiente.

MS: In pratica cosa vi ha proposto Corrado Clini?

EZ: Abbiamo scelto come test un nostro prodotto per “mappare” il suo impatto ambientale e tutte le implicazioni che ne derivano attivando una sorta di “virus aziendale” che rapidamente avrebbe mutato il nostro modo di fare impresa. A dire il vero l’azienda era già sensibile al contenimento dei consumi e dei materiali, ma l’esperienza con Clini ha definito, per la prima volta, una strategia sistematica e razionale finalizzata alla sostenibilità non solo economica, ma anche e specialmente, ambientale e sociale. Questo ormai è un tema che dobbiamo porci tutti, ci piaccia o meno.

MS: Ecco, coniugare la sostenibilità economica con quella ambientale, un tema centrale, e non credo solo per questa azienda. Qual è stato il principale obiettivo dell’accordo…

RZ: E’ stato fondamentale il fatto di iniziare a tracciare, grazie a questo progetto, i consumi e le relative emissioni di ogni fase produttiva attraverso una mappatura che ci ha fatto capire in quali ambiti avevamo maggior dispendio energetico e quali i rimedi da adottare per ridurlo. In pratica, attraverso il protocollo del Ministero, abbiamo per la prima volta testato una metodologia e verificato ogni suo aspetto nella pratica. E questa sfida ci ha portato non solo a tracciare le emissioni, certificate dall’Ente internazionale ed indipendente Buraux Veritas, ma a creare una coscienza ecologica anche nei nostri consumatori.

MS: In cosa consiste esattamente il programma di lavoro generato dall’accordo?

RZ: Abbiamo dapprima, come accennato, testato la metodologia per mappare le emissioni attraverso l’LCA (life Cycle Assessment). Calcolata la nostra impronta ecologica, abbiamo operato azioni a tre livelli. Il primo: l’efficentazione energetica dei nostri stabilimenti, per ridurre i consumi. Il secondo: l’istallazione di generatori fotovoltaici sulle coperture dell’azienda. Il terzo: attenzione alla qualità ambientale delle bottiglie attraverso la riduzione del peso e l’utilizzo al 100% di PET riciclato.

Infine il programma prevede azioni di compensazione come l’acquisto di crediti di carbonio per finanziare progetti di sostegno ambientale.

MS: Presidente, nell’ambito della sua attività lei ha più volte dimostrato grande lungimiranza e sensibilità all’innovazione. Qual è la prossima scommessa della sua azienda?

RZ: In questi tre anni di attività di sensibilizzazione ambientale, abbiamo ottenuto il 30% di risparmio su tutte le emissioni dell’azienda. E’ un dato straordinario se pensa che attualmente il 10% della nostra produzione rientra nell’Accordo volontario. Il mio impegno e di arrivare, nel giro di pochi anni, a certificare ogni tipologia di prodotto ed ottenere un abbattimento delle nostre emissioni ancora più consistente.

E’ un impegno importante che vogliamo rispettare.