La siccità nello Stato americano è la peggiore di sempre. Un problema sistemico, forse irrisolvibile. L’unico a tentare di salvare l'acqua è un ricercatore NASA
(Rinnovabili.it) – La California sta esaurendo l’acqua, e sta accadendo più velocemente di quanto si creda. Il Los Angeles Times riporta che il gennaio 2015 è stato il più asciutto dal 1895. Le acque sotterranee e la neve hanno visto un abbassamento dei rispettivi livelli medi e, secondo i satelliti NASA, l’asticella nei bacini idrici di Sacramento e San Joaquin River è 42 miliardi di cubi sotto la norma. Secondo le stime del 2014, allo Stato restavano circa due anni di riserve. Sembra che i dati fossero piuttosto accurati, perché adesso gli aggiornamenti evidenziano che ne rimane solo uno.
La colpa è, neanche a dirlo, del riscaldamento globale di origine antropica. Gli scienziati di Stanford hanno individuato una persistente zona di alta pressione atmosferica sull’Oceano Pacifico, che ha deviato verso nord i banchi di nuvole carichi di pioggia prima dell’arrivo sulla California. Questa calotta, dicono gli esperti, è probabile sia stata originata dalla concentrazione dei gas serra, e sta tenendo lontane le piogge dallo Stato ormai dal 2013.
Quasi due terzi delle acque sotterranee sono stati sfruttati dagli agricoltori per irrigare le colture. Ora i pozzi sono in secca, e la terra si sta prosciugando. Gli effetti devastanti di questa siccità non si possono nascondere. A questo punto, il sentimento comune è di sconforto: tutto ciò che resta da fare sembra sia mettersi a pregare.
Eppure, qualcuno nutre ancora una speranza: Jay Famiglietti, un ricercatore del Jet Propulsion Laboratory della NASA, propone alcune misure per salvare California.
In primo luogo, servirebbe un razionamento delle risorse idriche a tutti i livelli: municipale, residenziale, commerciale ed agricolo. In secondo luogo, il suo piano invita i legislatori ad mettere in atto al più presto la legge sulle acque sotterranee sostenibili del 2014.
«La legge prevede la nascita di numerose agenzie regionali sulla sostenibilità delle acque sotterranee entro il 2017 – spiega Famiglietti – Dopo questo primo step ogni agenzia deve adottare un piano entro il 2022, e raggiungere la sostenibilità 20 anni dopo. A questo ritmo, serviranno 30 anni prima di sapere cosa sta funzionando. Ma a quel punto potrebbero non essere rimaste acque sotterranee da sostenere».
Per provare a sveltire il processo, il ricercatore propone la creazione di una task force di esperti che producano soluzioni a lungo termine.
Lo stress idrico non è una novità per i californiani, ma oggi non si può più chiudere un occhio sulla questione, perché il problema è sistemico. «La gestione delle acque nel nostro Stato è complessa – ammette Famiglietti – Ma esistono la tecnologia e le competenze per evitare un futuro straziante. Ci sarà bisogno di importanti cambiamenti nelle politiche e nelle infrastrutture che potrebbero richiedere decenni, per questo è oggi, non domani, il momento di cominciare».