(Rinnovabili.it) – La acidificazione del Mediterraneo può sconvolgere l’ecosistema dell’Europa meridionale e dell’Africa del Nord. Un’indagine condotta dal Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica spagnolo (CSIC) ha constatato per la prima volta con precisione la diminuzione del pH dell’acqua che, dal Mare Nostrum, fuoriesce nell’Oceano dallo Stretto di Gibilterra. La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica Scientific Reports, ha confermato l’alta vulnerabilità del Mediterraneo al processo di acidificazione.
L’assorbimento di anidride carbonica di origine antropica da parte degli oceani è la causa di questa acidificazione, secondo gli esperti: «Così, se da una parte la cattura della CO2 contribuisce a mitigare gli effetti climatici delle emissioni di questo gas, la conseguente diminuzione del pH porta a conseguenze negative per l’ecosistema marino, poiché ne modifica i cicli biogeochimici e tutta la catena alimentare», ha spiegato Emma Huertas, dell’Istituto di Scienze Marine andaluso, che ha partecipato alla ricerca.
Il Mediterraneo è particolarmente sensibile all’acidificazione: si tratta infatti di un mare semichiuso, fatto che influenza la sua composizione chimica e i meccanismi di circolazione delle sue masse d’acqua. A ciò si aggiunge il flusso di carbonio di origine antropica, proveniente dall’Oceano Atlantico, che fa il suo ingresso attraverso le Colonne d’Ercole.
La diminuzione del pH marino influenza lo sviluppo di plancton, coralli e molluschi bivalvi. I meccanismi cellulari alla base della loro vita vengono alterati, così come la capacità di accumulo del carbonato, da cui sono costruite le strutture calcaree marine. Il carbonato di calcio ha la tendenza a dissolversi in soluzioni acide e questo crea un grosso problema, perché viene a mancare una sostanza essenziale per la formazione delle conchiglie dei molluschi, degli scheletri dei coralli, delle corazze dei crostacei, ma anche di molti organismi animali e vegetali di minori dimensioni fondamentali per gli ecosistemi marini, gli organismi planctonici.
Questo processo porta con sé la possibilità di inquietanti effetti di feedback. L’aumento della CO2 genera una acidificazione delle acque marine sempre più grave. Una volta superato il punto di saturazione del carbonato di calcio, si assisterà a una diminuzione della capacità degli oceani di assorbire l’anidride carbonica, perché tale capacità è direttamente proporzionale alla quantità di carbonato presente in acqua. Questo significa che perderemo una importante risorsa nello stoccaggio della CO2 planetaria, e il riscaldamento globale non potrà che peggiorare.