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Gli accordi commerciali dell’UE contrastano le norme sui biocarburanti

accordi commerciali

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Accordi commerciali e politiche ambientali sono incompatibili?

 

(Rinnovabili.it) – Il problema è ormai conclamato: le politiche ambientali dell’Unione Europea non sono compatibili con quelle sul commercio. La deregolamentazione progressiva portata avanti con i numerosi accordi commerciali bilaterali e multilaterali di libero scambio cozza con le regole approvate a livello comunitario e internazionale per ridurre le emissioni. I rapporti e le analisi che vanno in questo senso non si contano più, e ad essi va ad aggiungersi una nuova pubblicazione della ONG Transport&Environment (T&E). Il dossier mette in risalto il contrasto tra i nuovi accordi sul commercio negoziati dall’UE con paesi asiatici e latinoamericani e le politiche sui biocarburanti volte a decarbonizzare nel vecchio continente il settore dei trasporti.

Nell’ambito della revisione della direttiva sull’energia rinnovabile (RED), la Commissione Europea ha proposto di ridurre il contributo dei biocarburanti convenzionali nei trasporti dal 7% nel 2021 al 3,8% nel 2030. Inoltre, ha stabilito l’obbligo di aumentare al 6,8% la quota di altri combustibili a basse emissioni, in particolare elettricità da rinnovabili e biocarburanti di seconda generazione. Tuttavia, T&E avverte alcuni accordi commerciali attualmente in fase negoziale contraddicono lo spirito della direttiva. Si tratta ad esempio dell’accordo UE-Mercosur, portato avanti con Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay, ma anche delle trattative UE-Indonesia e UE-Malesia (sebbene queste ultime siano in stallo dal 2012).

 

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Questi due paesi sono i primi produttori di olio di palma e insieme rappresentano l’85% della produzione mondiale, mentre i paesi dell’Unione Europea si collocano al secondo posto, dopo l’India, tra i più grandi importatori. L’Indonesia ha esportato 4,37 milioni di tonnellate di olio di palma in UE lo scorso anno, secondo i dati dell’Associazione Indonesiana Palm Oil (Gapki), mentre la Malaysia ha raggiunto i 2,06 milioni di tonnellate.

Su ciascuno di questi tavoli si sta preparando un capitolo dedicato ad energia e materie prime, che punta alla rimozione di barriere commerciali per aumentare gli scambi tra blocchi. Ma ciò significa semplicemente aumentare le importazioni di biocarburanti non sostenibili a base colture industriali. Fatto che, spiega il rapporto, comportebbe maggiore deforestazione, perdita di biodiversità, crescita delle emissioni. E i criteri di sostenibilità per i biofuel inseriti nella direttiva sulle rinnovabili servono a poco, perché non tengono in conto degli effetti indiretti del cambiamento di uso di suolo (ILUC) provocati dai biocarburanti. Eppure, nel caso della soia e dell’olio di palma, si tratta di impatti negativi sostanziali, che contribuiscono in maniera determinante a fare di queste colture una materia prima insostenibile per il trasporto.

Transport&Environment è particolarmente preoccupata per l’aumento potenziale delle importazioni di biodiesel insostenibile dall’Argentina, che ha già fatto un esposto all’organizzazione mondiale del commercio (WTO) che contesta i criteri di sostenibilità dei biocarburanti dell’UE. Il paese produce già carburante a basso costo da piantagioni di soia due volte più impattante sul clima del gasolio tradizionale, spiega T&E. Di conseguenza, l’accordo UE-Mercosur rappresenta un potenziale rischio di ammorbidimento delle politiche europee del settore.

 

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