Greenpeace, Legambiente e WWF commentano i deludenti risultati raggiunti dai quasi 200 Paesi durante il vertice Onu
Il vertice Onu sui cambiamenti climatici si chiude tra i tiepidi entusiasmi degli addetti ai lavori e la profonda delusione della società civile e del mondo ambientalista. Con i grandi inquinatori restii a prendere un impegno serio prima del 2020, con un progetto di finanza climatica fatto ancora solo di promesse e un Kyoto-bis firmato solo da Unione Europea, Australia e poche altre nazioni, c’è da chiedersi se i politici saranno mai davvero in grado di trovare un accordo “salva-Pianeta”. Il ritardo sulla chiusura del summit, la stanchezza dei negoziatori l’inusuale conclusione voluta della presidenza del Qatar, senza la consueta votazione, sono sintomi di un processo decisionale che fatica a produrre risultai concreti.
A commentare per noi il “Doha Climate Gateway”, ovvero il documento finale del vertice, le tre associazioni principe dell’ambientalismo italiano: Greenpeace, Legambiente e WWF.
Archiviata Doha, da dimenticare. Troppo grande la distanza tra le decisioni prese e quelle necessarie. La classe politica mondiale si è dimostrata incapace di cogliere la sfida e di imboccare con determinazione la strada giusta. Né Kyoto 2, per quanto indispensabile, può far modificare il giudizio complessivo: troppo timidi gli impegni. Ora l’Europa dove impegnarsi con una determinazione maggiore di quella mostrata a Doha, a cominciare dalle risorse per i paesi poveri e proseguire senza incertezze verso la green economy. L’Italia deve colmare il ritardo rispetto a molti paesi europei: eliminazione dei 9 miliardi di sussidi alle fonti fossili, revisione della Strategia energetica nazionale sulle trivellazioni, sostegno alle rinnovabili e all’efficienza. Farebbe bene all’Italia e alla prossima COP 19 che si terrà a Varsavia.
Vittorio Cogliati Dezza
Presidente Nazionale Legambiente
Pur avendo trovato un accordo per un secondo periodo del Protocollo di Kyoto, le numerose scappatoie lo rendono inutile ai fini della riduzione globale delle emissioni di CO2. Non c’è nessun carattere di “urgenza” nel contrasto ai cambiamenti climatici: il ritmo con il quale si prevede di operare ulteriori tagli alle emissioni di gas serra è lontano da quello che la comunità scientifica delinea come necessario. Gli USA rimangono fuori dal Protocollo, i Paesi emergenti non si impegnano e la stessa Europa non è stata in grado né di isolare la posizione polacca né di aggiornare i target al 2020, essendo il 20% di riduzione già stato raggiunto.
Giuseppe Onufrio
Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia
La COP 18 si avvia a concludersi con un avvio di processi negoziali e non con azioni concrete e adeguate. Dopo gli allarmi degli istituti scientifici e gli eventi estremi di quest’anno in tutto il mondo, a Doha i Governi non hanno iniziato le trattative per un nuovo accordo sul clima entro il 2015 con lo spirito giusto, ambizioso e in linea con quanto condiviso dalla comunità scientifica. Manca non solo capacità di leadership, anche capacità politica. In tutto il mondo le persone e le organizzazioni sociali vogliono agire, ma i governi non ne sono capaci. Occorre aumentare da subito i tagli delle emissioni, aiutare economicamente i Paesi in via di sviluppo a disaccoppiare sviluppo e inquinamento, occorre dividere gli impegni secondo un principio di equità. Stati Uniti, Giappone, Canada, Polonia e Russia continuano con i veti che in realtà permettono loro di non muoversi e quindi non ridurre le emissioni. Il WWF impegnerà i Governi di tutto il mondo fin da domani perché abbiano seri piani di decarbonizzazione in casa propria e partecipino con uno spirito nuovo ai negoziati internazionali, coscienti che con gli egoismi non si vince, ma si perde tutti.
Mariagrazia Midulla
Responsabile Clima e Energia WWF Italia