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Europa 2030: in cerca dell’ambizione climatica che cambierà il futuro

Le associazioni ambientaliste lanciano l'ennesimo grido di allarme: "questa è la prima generazione a sperimentare gli effetti del climate change, ma anche l'ultima a poter fare qualcosa"

Europa 2030: in cerca dell'ambizione climatica che cambierà il futuro

 

(Rinnovabili.it) – Qual è la posizione dell’Italia rispetto ai target UE per il 2030 e quale ruolo vuole svolgere come Presidenza di turno? Questo era l’interrogativo da cui ha preso il via oggi a Roma il Convegno “Europa 2030. Obiettivi ambiziosi per la lotta ai cambiamenti climatici e l’energia”, organizzato da Greenpeace, Legambiente e WWF. Un interrogativo a cui però hanno risposto quasi unicamente i rappresentati della società civile, lasciando piuttosto silenziosa – e forse proprio per questo molto più indicativa – la replica del Governo italiano. A soli 14 di giorni dal Consiglio europeo in cui si definirà il nuovo pacchetto clima energia 2030, all’Italia è chiesto a gran voce un forte ruolo da leader per portare avanti quell’ambizione che attualmente manca alle proposte comunitarie. Peccato che i riscontri provenienti oggi dalla politica nazionale – dalle misure contenute nello SbloccaItalia ai tagli retroattivi alle green energy – sembrino dare segnali di opposta direzione. Il convegno capitolino è però servito a segnare il punto, a mettere ben chiaro quello che l’inazione climatica significa in termini di costo per il Pianeta stesso. Un costo proibitivo come ha spiega in apertura Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia WWF Italia, che chiede un approccio che sappia andare oltre alla logica dell’emergenza e soprattutto un ruolo attivo dei decisori politici. Ed è paradossale in questo contesto il ruolo dell’Europa, passata da prima potenza mondiale ad avere una visione precisa sulla decarbonizzazione del sistema economico, ad economia reticente anche sugli impegni green di base.

 

Attualmente ai Ventotto è imputato “solo” il 10% delle emissioni globali di diossido di carbonio, merito anche, come ha sottolineato Pippo Onufrio, Direttore Esecutivo Greenpeace, del precedente pacchetto clima energia, il celebre “20-20-20”. Gli indirizzi comunitari hanno fatto sì, spiega Onufrio, che in relativamente pochi anni i costi delle tecnologie per lo sfruttamento delle rinnovabili si siano ridotti rapidamente raggiungendo lo stato di commodities e aumentando l’appeal degli investitori finanziari. Ecco perché questo percorso “non va fermato” ma al contrario ”bisogna agire ora”. Anche perché ha esplicitato Antonio Navarra, Presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici ai ritmi attuali, la crescita delle temperature nei prossimi anni potrebbe raggiungere tra 1,8 e 4 gradi centigradi di aumento globale entro la fine del Ventunesimo secolo.

 

Ma nonostante l’Unione europea sia già facendo i conti con un’intensificazione delle “abitudini del clima” più rare (vedi gli eventi meteorologici estremi) e nonostante sia pronta a parole a spiegare che impegni più ambiziosi sul fronte climatico porteranno a risultati ambientali ed economici maggiori quello chiederà ai suoi Stati membri rassomiglia quasi ad una barzelletta: un solo obiettivo vincolante, quello per la riduzione del 40% della CO2, “almeno” un 27% di energia rinnovabile nel consumo da raggiungere come media europea e nessun obiettivo specifico sull’efficienza energetica. Di tutt’altro avviso sono le associazioni ambientaliste europee. Come spiegato da Wendel Trio, direttore di Can Europe, gli obiettivi a cui puntare dovranno essere ben altri: meno 55% di emissioni, meno 40% di consumo energetico, più 45% di energia rinnovabile. Tutti vincolanti con impegni nazionali e tutti vincolanti.

E ciò non solo per riprenderci un ruolo credibile all’interno dei negoziati climatici internazionali, ma anche e soprattutto, afferma Trio, per garantire la sicurezza energetica che oggi tanto preoccupa i Ventotto. Basti pensare, aggiunge il direttore di Can Europe, che solo “portando il target dell’efficienza energetica al 40% permetterebbe di ridurre le importazioni di energia di oltre 500 miliardi di euro”. Si tratta di stime che Bruxelles ben conosce, e come scoperto dall’associazione del Panda sono state fin dall’inizio nei documenti base per la redazione del pacchetto clima energia 2030.

 

Gli fa eco Jason Anderson responsabile dell’European climate and energy policy del WWF europeo che, grafici alla mano, ha fornito un quadro puntuale di quella che oggi la situazione energetico climatica della UE-28. Se il 20-20-20 ha portato i suoi risultati dal punto di vista energetico, emissivo e occupazionale, la situazione in cui ci si ritrova oggi è quella di un vuoto d’azione che lascia a briglia sciolta l’inquinamento. Ai lati opposti di questo gap troviamo da una parte un sistema di ETS inefficiente che ha avuto il solo risultato di abbassare il prezzo del carbonio e tagli pensanti su tutte le politiche di supporto alle rinnovabili europee, dall’altro un continuo sforzo verso tecnologie dalle alte potenzialità ma anche dagli alti costi iniziali come il carbon capture and storage. Se confermata, la direzione intrapresa dall’Unione Europe non sarà in grado di invertire la rotta. Ecco perché associazioni ambientaliste sottolineano all’unisono il bisogno “di un accordo politico ambizioso” e “che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, come Presidente di turno Ue, deve guidare con coraggio proponendo come target”. Sono necessarie scelte coraggiose perché come ha ricordato Midulla siamo “la prima generazione a sperimentare gli effetti del cambiamento climatico ma anche l’ultima che possa fare davvero qualcosa”.