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DDL n. 1054 per le zone montane, lavoro comune e lungimiranza

Con il DDL n. 1054 si vuole valorizzare il ruolo delle zone montane come presidi di civiltà. L’intenzione è quella di attuare una disciplina organica, ma ancora ci sono punti da discutere. UNCEM ha elaborato un dossier in cui elenca i miglioramenti e le integrazioni e avanza alcune proposte

Foto di Patrick Robert Doyle su Unsplash

Zone montane, sul DDL n. 1054 non ci siano divisioni

Il DDL n. 1054 “Disposizioni per il riconoscimento e la promozione delle zone montane” ha la finalità di introdurre una disciplina organica per la montagna, in attuazione dell’art. 44 secondo comma della Costituzione («la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane»).

Valorizzare le zone montane

In particolare, il DDL n. 1054 intende valorizzare le zone montane, spesso in condizioni svantaggiate, e ridurre il loro divario rispetto alle zone più sviluppate.

L’iniziativa legislativa, che ha preso l’avvio nel 2021 ed è tuttora in corso, ha portato all’elaborazione di tre testi che offrono complessivamente misure per lo sviluppo socio-economico delle zone montane. Tuttavia, sarebbe importante arrivare alla definizione di un unico testo finale, come auspicato da UNCEM, l’Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani.

UNCEM ha infatti elaborato un dossier, DDL Montagna. A che punto siamo e cosa manca, in cui elenca i miglioramenti e le integrazioni da apportare al DDL n. 1054 e avanza alcune proposte.

Ritrovare la comunità

Ad esempio, UNCEM osserva che troppe Regioni hanno «maldestramente distrutto le Comunità montane esistite per 30 anni senza ricostruire un tessuto istituzionale adeguato».

Di fronte alle grandi sfide attuali si deve lavorare insieme, altrimenti è più difficile che arrivino investimenti sulle comunità. Con la frammentazione non si va lontano, perché produce uno spirito campanilista, un “io” che le Comunità montane avevano saputo trasformare in un “noi”.

I dati di Eurostat dicono che il 66% dell’Italia è fatto di zone montane. Secondo UNCEM lo Stato deve definire percorsi che diano ai Comuni opportunità ma anche obblighi da rispettare.

È urgente un riordino organizzativo istituzionale delle zone montane in linea con gli altri Paesi europei, ma questo aspetto è assente dal DDL n. 1054 in discussione al Senato.

Uno scatto in avanti per guardare al futuro

UNCEM auspica «un percorso legislativo a prova di futuro che introduca nel DDL n. 1054 temi che proiettino i territori montani nei prossimi decenni con lungimiranza».

La crisi climatica colpisce duramente anche le zone montane, già afflitte dallo spopolamento: condizioni che richiedono risposte efficaci e immediate. Per non restare ancorati al «piccolo mondo antico» bisogna superare la cultura del no a priori e dire sì alla tecnologia, all’innovazione, alla digitalizzazione, alle reti.

Uno dei primi problemi delle aree interne (che a ruota ne porta molti altri) riguarda proprio l’arretratezza, se non la mancanza, delle infrastrutture di telecomunicazione la cui presenza avrebbe positive ricadute sull’occupazione. Basta pensare alla possibilità di e-commerce per le aziende del territorio o al lavoro da remoto.

Dalle tante buone pratiche realizzate negli anni possono prendere l’avvio politiche diffuse ed efficaci in grado di guardare in prospettiva.

Il problema dei fondi

Nel 2024 resteranno 200 milioni di euro del Fondo montagna. Il DDL n. 1054 ha programmi ambiziosi, come gli incentivi ai medici di base (la cui carenza è drammatica) o le misure per la fiscalità differenziata. È evidente che questa cifra sarà insufficiente dal 2025.

Secondo UNCEM le Regioni devono investire risorse del bilancio regionale, perché non basta chiedere fondi allo Stato. Infatti rimarca che solo cinque Regioni hanno un “fondo regionale per la montagna”.

Le Regioni devono fare di più in termini di servizi ecosistemici-ambientali, per la tutela delle fonti idriche e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Ad esempio, tra gli emendamenti utili da varare, la destinazione alle aree montane di una percentuale della tariffa da tutti pagata per il ciclo idrico integrato, come avviene in Piemonte e in Emilia Romagna.

Le imprese nelle zone montane

Nel DDL n. 1054, sottolinea UNCEM, mancano le «formule giuridiche e amministrative per un nuovo impegno delle imprese, a partire da quelle più grandi dello Stato».

La Legge 6 ottobre 2017, n. 158 recante “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni” (la cosiddetta Legge Realacci, dal nuovo del suo promotore, pubblicata in GU Serie Generale n. 256 del 2 novembre 2017) ha messo un punto fermo sul valore dei piccoli comuni come presidi di civiltà.

Dietro la spinta di questa legge, Poste Italiane ha investito nei piccoli comuni e nelle zone montane. Oggi sarebbe auspicabile che anche ANAS, Trenitalia e RFI seguissero questo esempio.

Collaborazione pubblico-privato contro lo spopolamento

Anche il DDL n. 1054 dovrebbe prevedere una collaborazione tra pubblico e privato. Per far rivivere i piccoli comuni, gli enti locali potrebbero mettere a disposizione spazi pubblici per creare negozi, centri multiservizi, bar, forni: è il modello seguito dalla Francia negli ultimi due anni per contrastare lo spopolamento.

Occorre lavorare con una visione ma senza divisioni al DDL n. 1054, facendo scelte concrete per il bene delle zone montane, che coincide con il bene dell’Italia.

Come ha dichiarato il presidente Marco Bussone, da parte di UNCEM c’è la massima disponibilità a lavorare insieme per trovare una sintesi tra le diverse posizioni.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.