Rinnovabili •

FER termiche, quel gigante addormentato…

Un potenziale inestimato che, da solo, potrebbe raddoppiare gli obiettivi europei al 2020 e che non vuole soldi per essere sostenuto, ma cultura per essere riconosciuto

A detta di chi se ne intende, quelle termiche sono le rinnovabili più efficienti e con più ricadute per l’economia italiana. Eppure nella diatriba, che proprio in questo periodo sta diventando piuttosto calda, le favorite sono le FER elettriche, avvantaggiate rispetto alle FER termiche dallo stanziamento di risorse che ne incentivano da anni una loro diffusione sul panorama italiano. In tanti si sono schierati per sostenere l’attivazione dei diversi strumenti utilizzabili al fine di favorire l’avanzata dell’energia termica, un settore definito addirittura “il gigante dormiente delle rinnovabili” a causa delle enormi potenzialità che, a livello europeo, ancora oggi continuano a essere ignorate. E la cosa si fa ancora più interessante quando si apprende che, in alcuni casi, le rinnovabili termiche, così come l’efficienza energetica, non avrebbero nemmeno bisogno di essere incentivate perché sono già competitive di per sé. Di questi e di altre tematiche si è discusso nel corso della “Terza conferenza nazionale sulle rinnovabili termiche”, l’evento organizzato da Amici della Terra per parlare sia della filiera bosco-legno-energia come elemento per una pianificazione energetica regionale adeguata alle risorse del territorio e rispettosa delle sue caratteristiche, sia delle potenzialità delle rinnovabili termiche per il territorio e per i piani delle Regioni in attuazione del decreto sul Burden Sharing.
Ho avuto l’opportunità di riflettere sulle principali questioni, emerse dalla due giorni di conferenza, con il Presidente di Amici della Terra, Rosa Filippini, a capo di un’associazione ambientalista che dal 1978 promuove politiche e comportamenti orientati alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
In questo caso specifico, la protezione per cui l’Associazione è scesa in campo si rivolge alle rinnovabili termiche, «un comparto al quale – precisa la Filippini – per comodità diamo l’appellativo di “termico”, ma che in realtà produce anche elettricità in cogenerazione, come nel caso delle biomasse». Un comparto che, oltre a esistere, è persino conveniente e va fiero di un’industria nazionale oggi all’avanguardia sui mercati mondiali.

Presidente, cominciamo parlando delle biomasse legnose, argomento della prima giornata di Conferenza…

La prima giornata l’abbiamo intitolata “Custodi del Bosco” perché volevamo indurre una riflessione sul fatto che la biomassa legnosa debba necessariamente essere una risorsa del mondo rurale: è insensato, cioè, pensare di costruire mega centrali importando olio di palma dall’Indonesia, piuttosto che puntare su impianti più piccoli, utilizzando la biomassa prelevata dai nostri boschi, quando questi vengono curati e coltivati. Purtroppo, però, il rischio che corriamo è che le nostre risorse forestali vengano abbandonate, alimentando gli incendi boschivi d’estate e peggiorando i danni delle alluvioni d’inverno. Al contrario, la cura del bosco nell’ambito rurale può essere una importantissima risorsa energetica con la produzione di elettricità e di calore. Fortunatamente, la tendenza di qualche anno fa di costruire impianti dell’ordine di 1 MW sembra oggi preferire macchine più piccole, che possano essere gestite dagli agricoltori e, in generale, dalle aziende di medie dimensioni.

Quali potrebbero essere, dunque, gli strumenti con cui valorizzare la risorsa forestale?

Dopo l’emanazione del decreto sul burden sharing, di sicuro saranno le Regioni a farsi carico di raggiungere gli obiettivi comunitari al 2020, e ovviamente ciascuna lo farà tenendo in considerazione le risorse dei propri territori. Basta fare quattro conti per vedere che, mentre il PAN prevede un obiettivo specifico di diffusione delle rinnovabili termiche fissato intorno al 17% dei consumi totali di calore (circa 10,5 Mtep) e riserva alle biomasse legnose il 50% di questi consumi finali, i dati Eurostat indicano che i consumi di biomasse legnose a fini termici per il 2010 sono equivalenti a oltre 4 Mtep, cioè quasi l’80% del contributo atteso al 2020. Si tratta cioè di consumi sottostimati e, a nostro parere, l’obiettivo al 2020 può essere tranquillamente raddoppiato. Consideri che politiche di sostegno per il raggiungimento di questo obiettivo costerebbero intorno ai 500 milioni di euro all’anno, una cifra che, se confrontata con quanto destinato annualmente al fotovoltaico (circa 6 miliardi di euro, a fronte di 0,9 Mtep di consumo rinnovabile), fa capire l’enormità del potenziale della biomassa legnosa e quanta attenzione dovremmo dedicare a questa fonte.

Perché siamo arrivati a questa situazione e qual è la pianificazione energetica che stiamo facendo in Italia?

Innanzi tutto per un motivo culturale. Si è pensato esclusivamente alla produzione di energia elettrica e alle fonti cosiddette nuovissime, come l’eolico o il fotovoltaico, e non si è pensato a un approccio integrato a questo problema, cioè non si è considerato l’insieme di tutte le voci che formano un bilancio energetico, anche rinnovabile. Quando l’UE ha considerato anche le rinnovabili termiche come necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo al 2020, in Italia sarebbe dovuto scattare immediatamente un campanello d’allarme, che invece non è scattato. Adesso si tratta di riequilibrare un po’ la situazione. Al di là dell’incertezza sui decreti attuativi del Decreto Legislativo 28/2011, i Sottosegretari Fanelli, per il Ministero dell’Ambiente, e De Vincenti, per lo Sviluppo Economico, intervenuti alla Conferenza, hanno riferito che il prossimo decreto rinnovabili termiche riguarderà la pubblica amministrazione, e che il sostegno alle FER termiche continuerà a essere l’esenzione fiscale del 55% sugli investimenti fatti, una misura che negli anni pare verrà stabilizzata. Per ciò che riguarda la pubblica amministrazione che non presenta la dichiarazione dei redditi e che quindi non potrebbe recuperare l’investimento fatto, ci sarà un decreto apposito: il cosiddetto “conto energia termico”, atteso nel giro di poche settimane.

In che posizione si trova il nostro Paese rispetto al resto d’Europa?

L’impressione che mi sono fatta è che in altri Paesi ci siano misure più variegate e strumenti specifici per ogni fonte energetica, però poi tutto il mondo è paese…Tutti gli operatori che appartengo alla filiera hanno parlato di “gigante dormiente” in tutta Europa, cioè dell’enorme e sottostimata allo stesso tempo potenzialità che c’è in Europa. Noi in Italia abbiamo un’industria di eccellenza che deve la sua fortuna soprattutto alle esportazioni. Per esempio, nel ramo dei caminetti termici o in quello delle stufe a legna, siamo leader mondiali anche sulla produzione. E lo dovrebbero sapere tutti che, in tempi di crisi, c’è un’industria che continua a esportare, non licenzia, ma aumenta le produzioni, ha degli eccellenti livelli di performance (che hanno ridotto di tantissimo l’inquinamento), così come eccellenti sono i rendimenti in termini di costo, tant’è vero che vende anche senza nessun tipo di incentivo. Ovvio che una filiera non si sostiene solo con i soldi, ma anche con tutta una serie di politiche di promozione fondate sulla formazione dei cittadini o sulla possibilità di mettere in contatto settori diversi. Sul piano delle pompe di calore, per esempio, noi di Amici della Terra abbiamo intenzione di intraprendere un’azione di informazione e di promozione della risorsa geotermica, soprattutto quella a bassa entalpia, perché riteniamo che attualmente sia misconosciuta un po’ da tutti. Io stessa su questo tema mi sono ricreduta: fino a quando l’utilizzo delle pompe di calore era rimasto legato al condizionamento estivo, l’idea di modificare l’assetto delle tariffe elettriche non l’ho mai digerita; da quando le pompe di calore hanno dimostrato altissimi livelli di efficienza, sia in estate che in inverno, probabilmente rivedere lo schema tariffario consentirebbe un notevole alleggerimento della bolletta elettrica.