L’University of Science di Tokyo ha messo a punto un approccio ecologico per ottenere i precursori dei biocarburanti direttamente dalle molecole di cellulosa
Nuova tecnica di degradazione della cellulosa in prodotti utili
(Rinnovabili.it) – La cellulosa vegetale è la forma più abbondante di biomassa a livello globale e dal suo polimero possono essere ricavati, in teoria, i componenti base di una lunga lista di prodotti utili. Ad esempio, è possibile ottenere molecole come glucosio e xilosio, sfruttabili nella produzione di bioetanolo. Peccato che tra teoria e pratica vi sia ancora un profondo gap. A causa della sua struttura rigida e densa questo polisaccaride è insolubile in acqua e presenta quindi problemi di lavorazione. Da anni in tutto il mondo biotecnologi e chimici cercano di trovare una tecnica che non richieda condizioni estreme per degradare la molecola, ma né le microonde, né l’idrolisi o gli ultrasuoni si sono dimostrati sostenibili ed efficaci.
Oggi, tuttavia, un gruppo di scienziati della University of Science di Tokyo è riuscito a sviluppare una nuova tecnica di degradazione della cellulosa che potrebbe mettere un punto alla questione. Il processo si avvale dell’IR-FEL, un laser a elettroni liberi a raggi infrarossi, che sfrutta elettroni ad altissima velocità muovono liberamente attraverso una struttura magnetica. Questo nuovo metodo rappresenta una promettente tecnologia verde per il degrado a zero emissioni di cellulosa vegetale.
Il responsabile della ricerca, Takayasu Kawasaki, ha spiegato che “una delle caratteristiche uniche dell’IR-FEL è che può indurre un assorbimento multifotonico in una molecola modificandone la struttura. Finora, questa tecnologia è stata applicata in fisica, chimica e medicina, ma volevamo usarla per stimolare i progressi nella tecnologia ambientale”. L’intuizione era corretta: il laser è riuscito a decomporre le molecole di cellulosa in glucosio e cellobiosio, basi fondamentali per la produzione di bioetanolo. E lo ha fatto con una resa elevata.
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Inoltre “poiché questo metodo non richiede condizioni di reazione difficili come solventi dannosi, alte temperature e alta pressione – continua Kawasaki – è decisamente migliore rispetto ad altri processi convenzionali”.
Non è unicamente nel campo dei biocarburanti però che questa nuova tecnica di degradazione della cellulosa potrebbe portare a un punto di svolta. Anche la produzione di membrane cellulari biocompatibili, di fogli antibatterici e materiali in carta ibrida potrebbero ottenere risultati promettenti grazie alla scoperta del gruppo dell’University of Science di Tokyo. Per Kawasaki in ogni caso la ricerca non si deve fermare alla lavorazione della cellulosa: potrebbe dimostrarsi utile anche per il riciclaggio della biomassa forestale. “Speriamo – conclude – che questo studio contribuirà allo sviluppo di una società libera dal petrolio”.
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