Spende 3.5 milioni l’anno per bloccare leggi scomode. Paga un esercito di 43 lobbisti. Così Volkswagen tiene in pugno la Commissione europea
(Rinnovabili.it) – Come ha fatto Volkswagen a truccare impunemente i test delle emissioni fino a qualche giorno fa? Possibile che nessun organo di garanzia abbia sentito puzza di bruciato dal 2009 ad oggi? A queste domande prova a rispondere una analisi del Corporate Europe Observatory, centro di ricerca sull’operato delle lobby in seno alle istituzioni europee.
Il CEO parte da un assunto: l’industria automobilistica è, per tradizione, uno dei più forti gruppi di pressione nei palazzi del potere di Bruxelles. E in particolare quella tedesca, come mostrano i dati reperiti su LobbyFacts.eu, ricavati dal registro di trasparenza della Commissione: nel 2014, i produttori di auto e le loro associazioni di categoria hanno speso oltre 18 milioni di euro per operazioni di lobbying nella capitale belga. Il budget maggiore, fra i 2.5 e i 3.5 milioni, è stato speso da tre case tedesche: Volkswagen, Bmw e Daimler. Queste cifre sono 5 volte più alte di quelle impiegate dal primo grande produttore non tedesco, Fiat-Chrisler (700 mila euro).
L’industria dell’automotive tedesca ha alle sue dipendenze un vero esercito di lobbisti: 43 per VW, per Daimler, 8 per Bmw. E sono solo quelli registrati. Tra le case di altre nazioni, quella con la schiera più nutrita è Honda (10 persone).
I numeri parlano da soli e sono in vertiginoso aumento rispetto allo scorso anno. Le grandi case automobilistiche della Germania, inoltre, promuovono i propri interessi anche attraverso le associazioni di categoria continentali, come ACEA e BusinessEurope. Entrambe possiedono una schiera di lobbisti dedicati, che tentano di infiltrare continuamente il processo legislativo europeo. A testimoniarlo ci sono le agende dei commissari e dei loro membri di gabinetto: nei primi sei mesi di mandato, ciascun funzionario ha incontrato almeno 20 volte gli inviati delle aziende automobilistiche: il 75% di questi proveniva da case tedesche o da associazioni di categoria in cui la Germania è ben rappresentata.
L’industria dell’auto è anche molto presente nei gruppi consultivi della Commissione, formalmente classificati come gruppi di esperti, che hanno redatto leggi importanti. Volkswagen si trova in cinque diversi panel, spesso seduta accanto ad altri produttori o associazioni di categoria.
Il Corporate Europe Observatory ha notato che neanche parlamentari europei sfuggono alla presa delle case automobilistiche: è facile agganciare gli uomini chiave presenziando – o addirittura organizzando – grandi eventi come il Forum for Mobility and Society. È in queste kermesse che nascono molti emendamenti scritti su misura per l’industria.
Dagli anni ’90 ad oggi, la storia della legislazione sulle emissioni è costellata di sconfitte. O di vittorie, se si adotta la prospettiva di chi ha lavorato quotidianamente per far fallire ogni proposta restrittiva. Fino al 2007, la Commissione europea non ha potuto stabilire nessun obiettivo vincolante per le emissioni da trasporti su gomma, e quelli che ha introdotto ormai 8 anni fa sono stati decisamente annacquati. Anche per quanto riguarda i test l’industria ha lavorato – e tutt’ora si spende – per falsarne i risultati. Le denunce di Transport & Environment sui tentativi di truccare le prove di laboratorio sono arrivate fino a noi.
Di recente è anche emerso che sia la Commissione europea che il governo tedesco sapevano dei test manipolati. Lo sapevano le associazioni dei consumatori, che si sgolavano da tempo per contestare l’impunità di cui godono i colossi dell’automotive. E con buona probabilità, lo sapevano anche gli altri Stati membri.