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Vino Biologico: come e chi lo definisce tale?

Nel bicchiere degli italiani è in corso una vera e propria rivoluzione “green”: bere BIO è oramai una tendenza conclamata e ricercata da sempre più consumatori

vino biologico

 

(Rinnovabili.it) – La domanda per il vino biologico da parte dei consumatori è crescente e sta dilagando in tutto il mondo conquistando un numero sempre maggiore di professionisti e di semplici fruitori.
Per non cadere nel consueto luogo comune, però, abbiamo avvertito l’esigenza di fare chiarezza su alcuni punti fermi:

 

Quando un vino può essere definito biologico?

Due sono gli ambienti in cui un vino si produce: il vigneto e la cantina. Per essere biologico il vino dovrà essere prodotto con uve coltivate senza l’aiuto di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere) e senza l’uso di Organismi Geneticamente Modificati.

Quindi saranno consentiti solo trattamenti a base di rame e zolfo.

 

In cantina poi si effettua la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici e seguendo i processi autorizzati dal Regolamento Europeo 203/2012, pubblicato sulla gazzetta ufficiale della UE il 9 Marzo 2012 che  ha finalmente consentito di regolarizzare il settore del vino biologico, dopo molti anni di controversie.

La normativa stabilisce nuove regole, per quanto riguarda la produzione di prodotti vitivinicoli biologici, indicando  anche le modalità di vinificazione, approvate dallo Standing  Committee on Organic Farming (SCOF), il Comitato permanente per l’agricoltura biologica.

Tali regole consistono in una serie di restrizioni nell’utilizzo di determinate pratiche enologiche e sostanze coadiuvanti durante la fase di vinificazione. Per avviare la fermentazione del mosto sono ammessi solo i lieviti indigeni (presenti sugli acini) o forniti da aziende selezionate.

 

Un produttore biologico può utilizzare circa la metà del numero di coadiuvanti, che solitamente sono impiegati da  un produttore convenzionale. Il quantitativo di solforosa nei vini biologici, è stato uno degli argomenti più dibattuti dall’Italia, con la decisione finale da parte della UE, di limiti non accettati da parte di molti vignaioli italiani, perché considerati troppo alti.  Le condizioni climatiche del nostro paese, permettono di produrre vini con quantitativi di solfiti mediamente più bassi dei produttori esteri.

Il regolamento approvato ha posto i limiti di solforosa totale per i vini biologici rossi secchi a massimo 100 mg/l, mentre per i bianchi secchi sarà massimo di 150 mg/l. L’anidride solforosa (SO2) è naturalmente presente nel vino ed ha funzione antiossidante ed antisettica. Per questo, è prassi aggiungerne durante le fasi di vinificazione e imbottigliamento, seguendo le direttive del ministero della Salute, che ne indica la quantità massima.

 

Come si individua un vino biologico nello scaffale di un’enoteca?

La normativa permette di riportare il logo europeo in etichetta, per le aziende certificate da un ente autorizzato. L’azienda vitivinicola produttrice necessita di una certificazione di conformità da parte di un ente certificatore.

Alcune aziende scelgono di non aggiungere SO2 (Anidride Solforosa) che ha funzione antisettica e antiossidante ai propri vini. Lo indicano in etichetta scrivendo “non contiene solfiti aggiunti” o “contiene solfiti non aggiunti”.

 

Produrre vino biolgico conviene?

Il vino biologico fa registrare un ottimistico +18% nelle vendite del 2018 rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 4,94 milioni di litri venduti nella grande distribuzione a livello nazionale.

I numeri, del resto, non sono mai stati così positivi per il vino biologico che viaggia con un tasso di crescita sei volte superiore rispetto a quello della media del settore. E la ricerca della “naturalità” abbraccia anche le bollicine con le vendite di spumante bio in rialzo del 12%. Un balzo che a livello quantitativo si traduce in 405.000 litri consumati.

I consumatori non nascondono nelle loro scelte una certa sensibilità ecologica considerato che due italiani su tre hanno acquistato almeno qualche volta prodotti bio.

 

Chi garantisce il consumatore da frodi?

Per  garantire la qualità dei prodotti biologici assicurandone la tutela contro le frodi è nato il protocollo d’intesa tra Coldiretti e Federbio che prevede iniziative comuni per una riforma efficace del sistema di certificazione di settore che garantisca la massima integrità e capacità di prevenzione delle frodi, oltre che la totale trasparenza delle informazioni lungo tutta la filiera, anche nel caso di prodotti importati.

A sostegno di questa forte tendenza di interesse verso la viticoltura ”green” sono aumentate anche le etichette di vini bio anche nella directory di Vinitaly, la più importante manifestazione fieristica di settore svoltasi a Verona dal 7 al 10 Aprile: quasi 3.300 su 18 mila etichette presenti erano vini biodinamici o realizzati con tecniche di agricoltura biologica.

 

A tal fine è stato creato un nuovo spazio, l’Organic Hall, dedicato ai vini biologici prodotti secondo la normativa europea, che a sua volta ha accolto il VinitalyBio, organizzato in collaborazione con Federbio e la collettiva dell’associazione Vi.Te, che da sette anni collabora con Veronafiere per rappresentare i vini artigianali.

Che il gusto per il bio si stia affermando nel panorama dei consumatori italiani lo testimonia anche lo spazio sempre più evidente che i prodotti naturali stanno occupando nella carta dei vini di tutti i ristoranti,  dalla trattoria più semplice al ristorante stellato.

Molte aziende vitivinicole investono attualmente e con un interesse spiccatamente commerciale, in pianificazione di interventi di ristrutturazioni, anche economicamente importanti, al fine di ottenere vini che rispecchino tale tendenza in crescita. E se fino a pochi anni fa una valida strategia di marketing era per un viticoltore inserire nella propria gamma produttiva un vino spumante per essere competitivo nel mercato, oggi la parola d’ordine è offrire al pubblico almeno un vino bio nella propria azienda.