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Se il cibo è “bio”, occhio all’etichetta per sapere se è in regola

Comunità scientifica impegnata nello studio della relazione diretta fra cibi da agricoltura biologica e migliore difesa della salute

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(Rinnovabili.it) – Biologo del CNR, esperto del Dipartimento di Scienze Bio Agroalimentari, Mauro Gamboni ha ricoperto svariati incarichi ed è autore di oltre 100 lavori fra pubblicazioni, rapporti tecnici, working-paper e presentazioni a congressi. Già presidente della Rete Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica (RIRAB), oggi è è membro del consiglio direttivo della stessa e, fra le numerose attività, è responsabile dell’Ufficio di Supporto alle attività progettuali del Dipartimento e degli Istituti afferenti del CNR, rappresentante dell’Ente nella task force promossa da FAO e CIHEAM sugli indicatori per valutare la sostenibilità della dieta mediterranea e coordinatore della Piattaforma Tecnologica Nazionale PT Bio Italia, membro della Piattaforma Tecnologica europea TP Organics. In questa intervista a Rinnovabili.it spiega scientificamente perché e quando si può dire che l’alimento è “bio”, analizzando scenari attuali e prospettive future.

 

Per chi fa ricerca, ha senso parlare di agricoltura biologica?

Dal punto di vista semantico, il termine potrebbe prestarsi a interpretazioni fuorvianti. In effetti, tutta l’agricoltura si fonda sull’uso di risorse biologiche. Eppure oggi questa locuzione descrive in modo chiaro un particolare metodo di produzione agricola ben distinto da quello tradizionale. Va innanzitutto detto che l’agricoltura biologica è nata come azione di contrasto all’inquinamento e al deterioramento ambientale determinato dalle pratiche convenzionali in uso in agricoltura. Si configura infatti come un regime di coltivazione o di allevamento basato sulle migliori pratiche ambientali, la salvaguardia delle risorse naturali e la riduzione dell’impatto ambientale. Non a caso, in alcuni paesi europei viene indicata come agricoltura ecologica o, secondo il termine anglosassone, agricoltura organica. E’ importante tuttavia sottolineare che in Italia l’agricoltura biologica è unicamente quella che segue le disposizioni stabilite da un preciso e rigoroso regolamento europeo (regolamento (CE) 834/07) e i cui prodotti sono riconoscibili da un apposito logo adottato da tutti i paesi comunitari. Dunque in Italia tutti i prodotti che si qualificano come “ecologici”, “naturali”, sostenibili o anche biologici ma senza il marchio UE, non sono da considerarsi “biologici” rispondenti alle norme europee.

 

Perché agricoltura ecologica o organica?

I termini “ecologica” o “organica” impiegati in altri paesi, discendono da alcuni principi fondamentali su cui si basa l’agricoltura biologica e cioè l’impiego di un sistema di gestione sostenibile della produzione agricola, l’utilizzo di concimi organici al posto dei fertilizzanti chimici ed il divieto dell’impiego di pesticidi di sintesi. Nella sostanza, quando parliamo di agricoltura biologica parliamo di un tipo di coltivazione o allevamento che tende a minimizzare le ricadute negative sull’ambiente e a tutelare l’agro-ecosistema. C’è da aggiungere che i prodotti biologi possono anche presentare risvolti positivi sul lato della salute dell’uomo. Un prodotto biologico dovrebbe infatti escludere la presenza di residui di fitofarmaci.

 

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Chiariamo che cosa si intende per fitofarmaci?

I fitofarmaci, o prodotti fitosanitari, sono prodotti di sintesi o naturali, impiegati per difendere le colture o per favorire la crescita delle piante. I pesticidi sono una categoria di fitofarmaci destinata a combattere le avversità biologiche (batteri, funghi, insetti, malerbe, ecc.). Questi prodotti sono spesso posti sotto accusa per il potenziale rischio per la salute umana e, tra questi, in particolare quelli chimici di sintesi, ovvero molecole prodotte attraverso processi chimici in laboratorio o negli impianti industriali. Questi prodotti, al di sopra di una certa soglia, possono risultare nocivi per la salute. Quindi, benché l’agricoltura biologica non sia nata con finalità specifiche legate alla salute umana, nella realtà, in considerazione del mancato impiego di pesticidi di sintesi, i prodotti che ne derivano presentano minore rischio potenziale di danno alla salute.

 

E’ provato scientificamente che i prodotti derivati dalla cosiddetta agricoltura biologica siano realmente più sani?

Distinguiamo innanzitutto gli aspetti legati al potenziale rischio per la salute umana, di cui si è parlato in precedenza, da quelli legati al valore nutrizionale e salutistico. Su questo tema esiste una letteratura scientifica ampia che tuttavia non consente di poter dare una risposta univoca. I prodotti provenienti da agricoltura biologica hanno caratteristiche molto diverse tra loro dal punto di vista nutrizionale e possono dipendere non soltanto dal regime con cui vengono coltivati, ma anche da altri fattori, quali ad esempio la situazione climatica locale, il tipo di varietà che viene utilizzata, le caratteristiche del suolo e così via. Tuttavia, alcune sostanze che inducono effetti positivi sulla salute, come ad esempio gli antiossidanti, possono essere presenti in maggiori quantità in colture biologiche dato che essi vengono prodotti in risposta a stress a cui sono sottoposte le piante allevate sotto tale regime. Tipico il caso del pomodoro biologico che contiene maggiore quantità di licopene rispetto al pomodoro coltivato in convenzionale. In linea generale, pur non essendo sempre certa una diretta corrispondenza fra il prodotto biologico e il suo valore salutistico, la presenza di molecole funzionali lo fa presumere. Tipico esempio quello del latte che proviene da allevamenti in regime biologico nel quale si registra una presenza più alta di alcune sostanze ad elevato valore salutistico, come gli omega 3 e la vitamina E.

 

La letteratura scientifica si sta occupando di questo aspetto?

Sì, questo è un tema particolarmente importante sul quale c’è forte sensibilità da parte dei consumatori. Posso citare al riguardo alcuni lavori scientifici molto recenti che affrontano questo problema. In particolare il mese scorso è uscito un articolo riguardante le implicazioni dei prodotti biologici e dell’agricoltura biologica sulla salute. L’articolo mette a confronto gli alimenti biologici con quelli convenzionali rispetto a parametri importanti per la salute umana. Ne deriva che gli alimenti biologici possono ridurre il rischio di malattie allergiche o di fenomeni legati al sovrappeso e obesità, tuttavia sottolinea anche il fatto che i consumatori di prodotti biologici tendono complessivamente ad avere uno stile di vita più sano. Di maggiore rilevanza è l’aspetto legato all’uso di antibiotici nella produzione animale. Infatti, è importante sottolineare che l’uso di antibiotici è normalmente vietato nella produzione biologica con conseguente riduzione del rischio di assunzione attraverso l’alimentazione. Da segnalare infine un altro recente e interessante articolo che ha messo in evidenza la minor incidenza della sindrome metabolica nei soggetti che fanno uso di prodotti biologici, pur rimarcando la necessità di ulteriori studi prospettici e randomizzati.

 

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Abbiamo parlato della salubrità dei cibi per le persone. Rispetto alla salubrità dei terreni delle colture biologiche, esistono norme di controllo per verificare se non insistano ad esempio, su falde acquifere inquinate o si trovino a distanza ravvicinata di aziende inquinanti?

L’obiettivo del biologico è sano, in quanto finalizzato a ridurre l’impatto ambientale del regime colturale o di allevamento che si sta praticando, non utilizzando fitofarmaci di sintesi per le coltivazioni o antibiotici per gli allevamenti. La domanda che viene posta è duplice. Nel primo caso, la risposta investe tutto il settore agricolo e non solo quello biologico. Cioè le norme prevedono livelli di qualità adeguata per l’impiego dell’acqua in agricoltura ed è certamente vietato coltivare su suolo compromesso dalla presenza di sostanze pericolose. Quindi la risposta è che l’intera attività agricola non è consentita laddove si fa uso di acqua inquinata o si coltiva su suolo inquinato. La seconda questione riguarda invece il rischio che le coltivazioni biologiche siano compromesse dalla presenza a distanza ravvicinata di aziende che fanno uso di pesticidi i quali possono trasferirsi accidentalmente sulle colture biologiche. Attorno a questo aspetto si sta sviluppando una discussione molto ampia, anche a livello internazionale, per capire come poter intervenire in tali circostanze. D’altra parte, non è facile, perché se un agricoltore o un allevatore intraprende il percorso giusto e intervengono delle interferenze non causate dalla sua pratica, ma da condizioni esterne, la gestione di questa situazione può diventare complicata.

 

Sulle regole per i siti produttivi biologici c’è quindi un vuoto legislativo?

In effetti, queste problematiche non sono ancora sufficientemente trattate. Nella fase di attuazione di un importante documento, che è il Piano d’Azione Nazionale sull’Uso Sostenibile dei Prodotti Fitosanitari, redatto su richiesta dell’Unione europea ai vari paesi membri  al fine di  ridurre l’uso dei pesticidi ed incentivando pratiche agricole fondate sulla difesa integrata e l’agricoltura biologica, esiste una norma che tratta, tuttavia in modo ampiamente insufficiente, questo aspetto. Nella sostanza stabilisce che “le aziende agricole, al fine di tutelare le proprie produzioni, con particolare riguardo a quelle ottenute con il metodo biologico, possono richiedere alle aziende confinanti di essere informate circa gli interventi fitosanitari e i relativi principi attivi impiegati”. Sostanzialmente non fornisce alcuna garanzia alle aziende bio, anche perché non è prevista nessuna sanzione in caso di mancata risposta. E’ da segnalare un caso concreto verificatosi in Toscana che ha affrontato questo problema.  Si tratta di una grande azienda, specializzata nella produzione di prodotti per il benessere certificati come biologici, che ha minacciato il trasferimento delle proprie produzioni in altre zone o addirittura in Africa a causa dell’uso massiccio di pesticidi nell’area. Trattandosi di un danno economico e occupazionale rilevante, la Regione è intervenuta coinvolgendo i soggetti interessati per assicurare una qualità ambientale tale da consentire il mantenimento delle coltivazioni biologiche e di quelle convenzionali. Questo caso è stato citato come una best practice in un recente convegno dal titolo “Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: il ruolo dei PSR e dell’agricoltura biologica”, tenutosi il 26 e 27 ottobre 2017 a Firenze.

 

Che cosa deve fare invece un’azienda per convertirsi al biologico?

Il caso di un’azienda che si converte al biologico è diverso. L’azienda deve trascorrere due anni di conversione per passare al bio. Questa scelta comporta una serie di adempimenti amministrativi che riguardano la notifica della propria attività all’autorità pubblica competente e ad uno degli organismo di controllo – autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali – il quale procede ad avviare il percorso di certificazione dell’azienda. Viene definito un piano di conversione nel quale sono riportati i dati di partenza che espongono potenzialità e fattori limitanti dell’azienda e le soluzioni tecniche da adottare per convertirsi pienamente al biologico. E’ evidente che sarà necessario all’origine verificare la mancanza di potenziali fonti d’inquinamento e di contaminazione.

 

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Ma come si fa a capire da dove arriva il prodotto bio?

Questo è un altro aspetto delicato e riguarda le frodi, capitolo drammatico che penalizza il bio svantaggiando proprio le aziende più virtuose. La prima misura da adottare è quella di accertarsi della certificazione del prodotto. I prodotti bio riconosciuti sono contrassegnati da uno specifico logo (la fogliolina verde con le stelle dell’Unione europea). E’ importante anche verificare che oltre all’immagine siano riportati: il codice ISO identificativo del paese europeo (es. “IT” per l’Italia, “FR” per la Francia, “DE” per la Germania, ecc.); il codice a tre lettere riferito al tipo di certificazione, nel nostro caso ovviamente quella biologica (es. “BIO”, “ORG”, “ECO”, “ÖKO” a seconda dei termini adottati dai vari stati membri dell’UE); il numero di tre cifre che identifica l’organismo di controllo che ha concesso la certificazione e, inoltre di grande importanza, l’indicazione del luogo di provenienza.

 

Quali sono i parametri per la certificazione? 

L’ottenimento della certificazione biologica prevede una serie di adempimenti da parte dell’azienda e un controllo da parte degli organismi deputati, accreditati dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. C’è un iter rigoroso da seguire. Per potersi fregiare del logo di agricoltura biologica è necessario seguire il Regolamento comunitario CE 834/2007, in cui sono indicati i passi. Dopo una prima verifica da parte degli ispettori, le aziende bio sono sottoposte periodicamente a dei controlli. La disciplina del biologico prevede numerosissimi adempimenti ed il rispetto di principi specifici che investono numerosi aspetti dell’attività aziendale quali ad esempio: il mantenimento della fertilità naturale del suolo e della sua biodiversità, la prevenzione dell’erosione, la riduzione al minimo dell’impiego di risorse non rinnovabili, la rotazioni delle colture, l’impiego di metodi meccanici e fisici al posto di quelli chimici per la protezione delle piante, la tutela della salute degli animali e del loro benessere. Anche per la trasformazione di prodotti biologici sono indicati principi specifici che comprendono l’impiego di ingredienti provenienti anch’essi dall’agricoltura biologica e la limitazione nell’uso degli additivi chimici.

 

Questo regolamento comunitario è in fase di aggiornamento?

Sì, il regolamento attualmente in vigore risale a dieci anni fa ed è in fase di revisione. Sono a confronto varie anime del mondo bio. Molto semplicisticamente, possiamo dire che vi sia un’anima che tende a rafforzare l’approccio di sistema indirizzato alla visione agro-ecologica, già peraltro insito nel bio ed una tendenza maggiormente orientata ad accentuare gli aspetti di qualità con una sorta di “marchio bio”. Al di là di queste considerazione, va comunque sottolineato che l’estate scorsa è stato raggiunto un accordo preliminare tra il Consiglio dell’UE e Parlamento europeo. Il nuovo testo punta a prendere in considerazione alcuni aspetti di particolare importanza, come ad esempio il rafforzamento del sistema di controllo che farà aumentare la fiducia dei consumatori, la costituzione di un sistema di accertamento della conformità che prevede il rispetto delle norme di produzione e di controllo dell’UE per poter esportare un prodotto dichiarato biologico.

 

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Perché i cibi biologici costano di più rispetto a quelli non bio?

Intanto, occorre sottolineare che almeno nella grande distribuzione la differenza di prezzo si sta riducendo visto l’elevato trend di crescita che il bio sta mostrando. I fattori di queste differenze sono svariati. Prima di tutto la resa per superficie di una coltivazione biologica è inferiore alla resa per superficie di un prodotto convenzionale. I concimi naturali che s’impiegano in agricoltura biologica, infatti, mostrano una resa inferiore rispetto a quelli di sintesi e costano di più. L’altro motivo è che i prodotti bio hanno una rete distributiva meno efficiente di quella utilizzata dalla grande distribuzione per i prodotti dell’agricoltura convenzionale, da tutto il mondo, anche se, come in anticipo segnalato, i prezzi in questo settore stanno decisamente scendendo. Parlando poi dei prodotti trasformati provenienti da materia prima bio, i processi per la loro produzione sono particolarmente onerosi per una serie di accorgimenti richiesti e non presenti nei prodotti alimentari convenzionali. Altra questione è che un’agricoltura bio richiede maggiore mano d’opera, una cura particolare nella coltivazione e nell’allevamento, mezzi meccanici e fisici più onerosi per il controllo delle piante infestanti, aumentando i costi. La ricerca e l’innovazione stanno facendo tuttavia molti progressi. L’agricoltura bio potrà infatti ricevere grossi vantaggi dall’agricoltura digitale.

 

In che cosa consiste? 

L’agricoltura digitale punta all’ottimizzazione e alla razionalizzazione di tutti gli input che servono all’agricoltura, dall’acqua ai pesticidi ai fertilizzanti, consentendo di dosare con grande precisione le quantità necessarie. I droni che sorvolano le piantagioni con le tecnologie così avanzate riescono a percepire l’eventuale attacco di parassiti o altri organismi sulla pianta e consentono di intervenire in modo tempestivo e puntuale. Per l’agricoltura bio tutto questo presenta un grande vantaggio: un’agricoltura tecnologicamente avanzata e poco inquinante. Tornando ai costi dei prodotti bio, queste tecnologie una volta che saranno largamente diffuse e disponibili, potranno contribuire a ridurre il divario in termini di costo produttivo dell’agricoltura bio rispetto a quella convenzionale.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

Incentivi fotovoltaico, tutti i bonus 2024 per privati e famiglie

Dal reddito energetico ai nuovi incentivi per l’autoconsumo virtuale, dal bonus fotovoltaico al 50% ai contributi regionali. Ecco una guida completa ed aggiornata a tutti gli incentivi dedicati al fotovoltaico in Italia per famiglie e privati

Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie
Guida agli incentivi per il fotovoltaico residenziale 2024

Guida completa e aggiornata agli incentivi statali e regionali per il fotovoltaico 2024

Anche nel 2024, in Italia, i privati cittadini possono dotarsi di un impianto fotovoltaico facendo affidamento su una serie di sussidi dedicati, dai bandi regionali ai contributi statali. Abbiamo raccolto tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024 in una guida, per offrire una panoramica completa e aggiornata degli strumenti di agevolazione finanziaria e fiscale attualmente in vigore e delle modalità per accedervi.

Incentivi al fotovoltaico 2024 per privati e famiglie: bonus e contributi statali

Tra fine del Superbonus 110% e nuove configurazioni dell’energy sharing, i regimi incentivanti per il fotovoltaico dei privati cittadini stanno mutando rapidamente. Oggi la tendenza generale è quella di premiare gli impianti solari in autoconsumo e mettere in campo nuovi strumenti contro la povertà energetica. Dagli ecobonus edilizi “rimaneggiati” al pannelli solari gratuiti per le famiglie a basso reddito, ecco come stanno cambiando gli incentivi per il fv residenziale.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Una delle grandi novità in tema di incentivi statali al fotovoltaico domestico è il Reddito energetico nazionale 2024. La misura permette di ottenere, per alcune fasce economiche della popolazione, pannelli fotovoltaici domestici in maniera gratuita grazie ad un contributo in conto capitale. Con l’obiettivo più ampio di riuscire a realizzare nell’arco di due anni – il 2024 e il 2025 – circa 31mila impianti solari residenziali al servizio di famiglie in condizione di disagio economico. Budget stanziato per il biennio: 200 milioni di euro.

Beneficiari: possono fare richiesta del Bonus Fotovoltaico Reddito Energetico tutti i nuclei familiari con ISEE inferiore a 15.000 euro; oppure inferiore a 30.000 euro ma con almeno 4 figli a carico. L’incentivo è destinato al Soggetto realizzatore dell’impianto.

Tempistiche: le domande per gli incentivi possono essere presentate dal 5 luglio 2024 fino al 31 dicembre 2024, o fino ad esaurimento fondi. Dopo solo 24 ore gli 80 milioni destinati alle Regioni del Sud e le Isole sono andati esauriti. Ad oggi rimangono unicamente quelli per il resto dell’Italia.

Tipologia di intervento: Il bonus Reddito energetico 2024 incentivata i sistemi fotovoltaici residenziali su coperture e/o superfici di edifici con taglia compresa tra 2 e 6 kWp. Il contributo prevede una quota fissa massima di 2.000 euro più una quota variabile di 1.500 euro per ogni kW di potenza installata. Le agevolazioni previste dal Reddito Energetico Nazionale non sono cumulabili con altri incentivi pubblici.

Come fare domanda: L’istanza per il Reddito energetico deve essere inoltrata direttamente dalla piattaforma dedicata del Gse (Gestore dei Servizi energetici), previa iscrizione o identificazione con SPID. L’installazione di moduli fotovoltaici sul tetto va considerata manutenzione ordinaria e pertanto ricade nelledilizia libera che non richiede nessuna autorizzazione o atto amministrativo necessario per procedere immediatamente.

Fotovoltaico gratuito, i contributi del Reddito Energetico (ISEE) 

Bonus Fotovoltaico 50%  

Noto anche come Bonus Casa 50% o Bonus Ristrutturazione, questo contributo permette di portare in detrazione il 50% delle spese sostenute (bonifici effettuati) in caso di interventi di ristrutturazione edilizia. Ma nella lista di lavori rientra anche l’acquisto e l’installazione di impianti fotovoltaici residenziali.

Beneficiari: Possono portare in detrazione le spese sia i proprietari di singole unità abitative, sia i condomìni per le parti in comune.

Tempistiche: le agevolazioni per i pannelli fotovoltaici rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2024 (salvo proroghe).

Tipologia di interventi:  La detrazione fiscale si applica sulla spesa per impianti fv su tetto, balconi e persino le facciate degli immobili, sistemi di accumulo compresi. Coperto anche anche un eventuale ampliamento dell’impianto solare a patto che la potenza di picco resti sotto i 20 kW. Limite massimo di spesa: 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. Questo incentivo permette ancora di optare tra cessione del credito o sconto in fattura, ma unicamente per gli interventi effettuati prime del 16 febbraio 2023, o entro la cui data siano stati stipulati contratti vincolanti. 

Come fare domanda:  La richiesta della detrazione IRPEF deve avvenire tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 50% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti,
  • la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Per approfondire le modalità di richiesta, leggi Bonus ristrutturazione, cosa accade se il bonifico parlante non coincide con il beneficiario.

Bonus Fotovoltaico 50%  

Superbonus 70% per il fotovoltaico residenziale

Il Bonus fotovoltaico 2024 più famoso in ambito residenziale rimane quello definito “super”. Ma abbandonato una volta per tutte il generoso e complesso 110%, il Superbonus per gli interventi di riqualificazione energetica in edilizia, pannelli solari per privati compresi, scende all’aliquota 70%. Tra tutti gli incentivi al fotovoltaico 2024, questo contributo è in assoluto il più generoso ma presenta anche rigidi paletti.

Beneficiari: possono portare in detrazione le spese i condomìni e le persone fisiche per interventi su edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari distintamente accatastate. 

Tempistiche: il Superbonus 70% rimane in vigore fino al 31 dicembre 2024, poi l’aliquota si abbassa al 65%.

Tipologia di intervento: il Bonus Fotovoltaico al 70% copre le spese sostenute nel 2024 per l’installazione di impianti solari, accumuli compresi, anche se i lavori non vengono effettivamente eseguiti nel medesimo anno. Con l’obbligo però di migliorare la certificazione energetica (APE) dell’immobile di almeno 2 classi. Il massimo che può essere detratto è 2.400 euro per ogni kW di potenza fotovoltaica installata, entro un massimo di 48.000 euro. In alcuni casi è ancora possibile chiedere la cessione del credito 2024.

Come fare domanda: Anche in questo caso la richiesta della detrazione IRPEF avviene tramite la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per usufruire del bonus fotovoltaico al 70% è necessario:

  • il bonifico parlante, 
  • l’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti i requisiti tecnici dei lavori eseguiti e la congruità delle spese con computo metrico,
  • l’APE,
  • l’invio della comunicazione della scheda tecnica all’ENEA entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

Gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili e l’Autoconsumo Diffuso 

Una forma di incentivi fotovoltaici 2024 molto convenienti è stata introdotta dal nuovo Decreto CACER e premia l’energia generata da impianti solari (ma non solo) e condivisa virtualmente nei gruppi di autoconsumo diffuso e nelle comunità energetiche rinnovabili (CER). Il regime prevede una tariffa premio riconosciuta sull’energia condivisa incentivabile e un corrispettivo di valorizzazione ARERA a rimborso di alcune componenti tariffarie (nel 2023 è stato di 8,48 euro/MWh).

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi i condomìni nel caso dell’autoconsumo diffuso, i privati cittadini per le CER.

Tempistiche: la misura è già in vigore e può essere richiesta fino al trentesimo giorno successivo alla data di raggiungimento dei 5 GW incentivati totali; o in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2027.

Tipologia di intervento: Possono essere incentivati unicamente impianti entro 1 MW di potenza unitaria. La tariffa premio per il fotovoltaico delle CER e dei gruppi di autoconsumo varia a seconda della zona geografica e si suddivide in una tariffa fissa, legata alla potenza dell’impianto, e una tariffa variabile in funzione del Prezzo zonale.

Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale
Tabella incentivi al fotovoltaico nelle configurazioni di autoconsumo virtuale

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”. 

Incentivi per l'Autoconsumo Fotovoltaico: CER e autoconsumo diffuso 

Incentivi per pannelli fotovoltaici nel Conto Termico 3.0 

E’ ancora presto per poter richiedere queste agevolazioni ma è opportuno parlare anche della proposta di Conto Termico 3.0, schema che modifica l’attuale regime incentivante per le rinnovabili termiche. L’attuale bozza del provvedimento propone di ampliare gli interventi ammissibili, incentivando accanto alle fonti rinnovabili termiche anche l’installazione di pannelli fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, presso l’edificio o nelle relative pertinenze. A patto di sostituire contestualmente gli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti a pompe di calore elettriche

Beneficiari: La misura è aperta a privati, PA ed enti del terzo settore.

Tempistiche: Il Decreto Ministeriale è in fase di valutazione, dovrebbe entrare in vigore nel 2024 (salvo ritardi).

Tipologia di interventi: L’agevolazione è un contributo a fondo perduto (valore da definire). Attualmente sono in vigore incentivi che variano dal 40% al 65% della spesa sostenuta. Il Conto Termico è cumulabile con altri incentivi di natura non statale.

Come accedere: L’invio della richiesta di accesso al servizio per l’autoconsumo diffuso può essere fatto solo dal Soggetto Referente e l’istanza deve essere trasmessa tramite il Portale informatico del GSE “SPC-Sistemi di Produzione e Consumo”.

conto termico 3.0

Fotovoltaico, gli incentivi regionali 2024

Non esistono solo gli incentivi statali. Diverse Regioni in Italia offrono oggi delle agevolazioni per i pannelli fotovoltaici, destinate a privati cittadini o comunità. E in molti casi i contributi sono cumulabili con le misure di supporto distribuite a livello nazionale. Vediamo nel dettaglio i bandi regionali 2024 che sostengono la crescita del fotovoltaico residenziale, assieme a tempistiche e modalità per presentare la richiesta.

Gli incentivi al fotovoltaico residenziale del Friuli Venezia Giulia

Il bando del Friuli Venezia Giulia ammette a finanziamento l’acquisto e installazione di impianti fotovoltaici con annessi sistemi di accumulo a batteria, realizzati a servizio di unità immobiliari a uso residenziale con categoria catastale da A1 ad A9 e A11 situati nel territorio regionale.

Beneficiari: Possono partecipare al bando del FVG le persone fisiche residenti nel territorio regionale, ma la richiesta deve essere legata ad un solo immobile.

Tempistiche: il bando regionale è stato lanciato nel 2023 ma le richieste possono essere ancora presentate fino alla fine del 2024.

Tipologia di intervento: gli incentivi sono concessi a fondo perduto nella misura del 40% del costo totale dell’intervento. Per un impianto fotovoltaico di taglia sotto i 800 W (compresi anche i sistemi fotovoltaici Plug and Play da balcone) è ammissibile un costo massimo di 1.720 euro; per un impianto di potenza pari o superiore a 800 W, è ammissibile un costo massimo di 3000 euro al kW (per un totale massimo di 18.000 euro).

Come accedere: la domanda di incentivo deve essere presentata esclusivamente “online” attraverso il sistema “ISTANZE ONLINE” della Regione. L’incentivo è cumulabile con le detrazioni fiscali nazionali e con altri incentivi, purché la somma delle agevolazioni ottenute non superi la spesa complessivamente sostenuta.

Emilia Romagna: Contributi per le Comunità energetiche rinnovabili

L’Emilia Romagna ha lanciato un Bando del valore di 6 milioni euro, per favorire lo sviluppo di CER, in coerenza con la L.R. 5/2022, attraverso la concessione di contributi economici a copertura dei costi per l’installazione degli impianti fotovoltaici di  accumulo dell’energia a servizio delle comunità energetiche stesse e delle relative spese tecniche.

Beneficiari: le Comunità Energetiche Rinnovabili ubicate sul territorio della Regione Emilia-Romagna.

Tempistiche: il bando dell’Emilia Romagna si è aperto il 12 giugno 2024 per chiudersi il 31 ottobre 2024.

Tipologia di intervento: Per ogni Impianto/Unità di produzione deve essere presentata una singola domanda di contributo ed è riconosciuto il 25% dell’importo minore tra: la spesa ammissibile effettivamente sostenuta per l’investimento e  il massimale di spesa ammissibile previsto per l’investimento. La percentuale di contributo riconosciuta per ciascun impianto potrà essere aumentata del 5% qualora la CER sia situata in aree montane ed interne del territorio regionale, oppure vi prendano parte Soggetti economicamente svantaggiati (ISEE fino a 15.000 €), o il progetto sia localizzato nelle aree interessate dall’emergenza alluvione del Maggio 2023.

Come accedere: La domanda di contributo dovrà essere trasmessa alla Regione tramite applicativo web Sfinge 2020. I contributi del bando sono cumulabili con altri aiuti di Stato.

Fotovoltaico residenziale, il bando 2024 della Toscana

Quest’anno la Toscana ha pubblicato il Bando contributi “Casa a zero emissioni” finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria nei 14 Comuni dell’area di superamento “Piana lucchese”. L’intervento stanzia 6 milioni di euro per interventi di dismissione di generatori di calore già installati e a uso residenziale a favore di pompe di calore ad alta efficienza, a cui possono essere aggiunti pannelli fotovoltaici con sistema di accumulo a batterie. 

Beneficiari: possono richiedere gli incentivi al fotovoltaico i cittadini residenti nei comuni Altopascio, Capannori, Lucca, Porcari, Buggiano, Chiesina Uzzanese, Massa e Cozzile, Montecatini Terme, Monsummano Terme, Montecarlo, Pescia, Pieve a Nievole, Ponte Buggianese, Uzzano. Ma le richieste devono riferirsi ad un singolo immobile per famiglia.

Tempistiche: il bando è stato aperto il 15 febbraio 2024 e rimarrà in vigore fino a esaurimento fondi.

Tipologia di intervento: in caso di sostituzione di caminetto a legno o stufa a biomassa, il bando della Toscana permette usufruire di un contributi a fondo perduto fino ad un massimo di 3.000 euro per l’acquisto di un impianto fotovoltaico. Più altri 500 euro in caso di aggiunta di un sistema di accumulo. L’incentivo scende a 2.400 euro massimi in caso di sostituzione di un impianto a gasolio.

Come Accedere: solo online tramite la piattaforma di Sviluppo ToscanaLe agevolazioni sono cumulabili con gli incentivi nazionali del Conto Termico e degli ecobonus edilizi e possono essere incrementate in base all’ISEE.

Fotovoltaico Basilicata, il bonus 2024

Per il 2024 la Regione Basilicata ha messo a disposizione 15 milioni di euro con cui incentivare il fotovoltaico residenziale e altri impianti rinnovabili domestici. Alla cifra si aggiungono 24 milioni di euro per il 2025.

Soggetti beneficiari: proprietari o usufruttuari di immobili in cui gli stessi hanno la residenza.

Tempistiche: Il bonus fotovoltaico della Basilicata può essere richiesto dall’8 aprile fino al 31 dicembre 2025 o fino a esaurimento budget.

Tipologia di interventi: Il regime lucano assegna contributi a fondo perduto valido per impianti fotovoltaici con una potenza non inferiore a 3 kWp (5% di tolleranza). Il sussidio può arrivare fino a un massimo di 10.000 euro compresi i sistemi di accumulo.

Come accedere:  La procedura di prenotazione delle risorse è “a sportello”. Le istanze devono essere presentate attraverso la piattaforma “Centrale bandi” della Regione Basilicata.

Bonus fotovoltaico basilicata 2024

Incentivi al fotovoltaico 2024, il bando della Lombardia

La Regione Lombardia è storicamente uno delle amministrazioni territoriali che più ha incentivato il fotovoltaico residenziale. Dai bonus destinati ai pannelli solari sul tetto a quelli per l’accumulo fotovoltaico passando per i contributi elargiti alle comunità energetiche, la Regione si è sempre distinta. Divenendo non a caso, la prima in Italia per numero di impianti solari in esercizio e per autoconsumo solare. Nel 2024 lo slancio “locale” si è affievolito, per lasciare spazio ai nuovi sussidi statali. Reddito Energetico Nazionale e Bonus fotovoltaico 70% in primis. Ma qualcosa ancora persiste come nel caso del Bando Rifugi Alpini del valore di 5.000.000 euro, finalizzato a supportare interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico.

Soggetti beneficiari: Possono chiedere gli incentivi i gestori o i proprietari di rifugi alpinistici ed escursionistici di Comuni montani o parzialmente montani.

Tempistiche: le domande possono essere presentate a partire dalle ore 10.00 del 10 luglio 2024 ed entro le ore 16.00 del 31 ottobre 2024.

Tipologia di Intervento: Si tratta di una sovvenzione a fondo perduto di massimo 300.000 euro a per singolo rifugio. Gli incentivi supportano tra le altre cose, anche l’installazione di impianti fotovoltaici ed eventuali sistemi di accumulo. Ogni soggetto richiedente può presentare più domande nel limite dell’importo max. complessivo di 600.000 euro.

Come accedere: La domanda deve essere presentata esclusivamente mediante la piattaforma Bandi e Servizi della Regione Lombardia all’indirizzo www.bandi.regione.lombardia.it.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili del MASE è entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 2 luglio 2024. Ecco tutte le norme e la suddivisione regionale della nuova potenza verde

Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili è entrato in vigore
le nuove norme del Decreto Aree Idonee 2024. Via depositphotos

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Dopo un lungo periodo di rimpalli tra MASE (Ministero dell’Ambiente) e Regioni, il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili ha concluso il suo iter normativo. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024, il provvedimento ministeriale è entrato ieri formalmente in vigore. Nato con l’obiettivo di fare chiarezza sulle aree da destinare o meno agli impianti eolici e fotovoltaici, il testo finale, tuttavia, non centra a pieno l’obiettivo. Il braccio di ferro innescato da poter centrale e potere locale ha ottenuto come risultato quello di demandare il peso delle decisioni più importanti alle amministrazioni regionali. Senza compiere di fatto quella semplificazione e omogeneizzazione inizialmente sperata.

Ma il decreto in questione è molto di più. Nelle sue pagine sono infatti contenute le nuove quote di Burden Sharing, ossia le ripartizioni regionali dell’obiettivo nazionale per la capacità rinnovabile 2030. Nel dettaglio le 19 Regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno spartirsi 80 GW di potenza verde attesa per la fine del decennio.

Decreto Aree idonee 2024, cosa contiene il testo

Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è composto da 9 articoli in totale, suddividendo le norme in due capitoli: la ripartizione della potenza fra regioni e province autonome; i principi e i criteri per l’individuazione delle cd. aree idonee.

La disciplina è stata voluta dal decreto legislativo n. 199 del 2021, ma nella pratica avrebbe dovuto rispondere ad un bisogno “storico”. L’obiettivo iniziale era, infatti, quello di ridurre al minimo quegli spazi di dissidio che hanno connotato in passato il rapporto tra livelli di Governo proprio in riferimento al tema delle FER.

Tuttavia il provvedimento risponde anche ad una seconda esigenza, ossia dividere tra i territori quegli 80 GW di potenza verde che il Belpaese dovrebbe installare entro la fine di questo decennio. Nel dettaglio a ogni regione è stata assegnata una capacità minima da raggiungere annualmente, a partire dal 2021. Nel conteggio annuale rientrano tutti i nuovi impianti e i progetti di potenziamento. Sia terra che in mare. Ma vediamo la ripartizione nel dettaglio.

Burden Sharing 2030, le nuove capacità rinnovabile regionale

 Ai fini del calcolo per il raggiungimento degli obiettivi territoriali, il Decreto Aree Idonee Rinnovabili tiene conto della potenza nominale degli impianti nuovi, potenziati, riattivati, ricostruiti integralmente o oggetto di rifacimentoentrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento”. Compreso il 100% della capacità installata in mare.

Per questi ultimi il Decreto prevede, in caso di connessioni ricadenti in regioni diverse da quelle in cui insistono gli impianti offshore, una speciale ripartizione della potenza. Il 20% a carico del territorio  in cui si trovano le infrastrutture di connessione  alla  rete  elettrica  e  il restante 80%, “in via proporzionale rispetto alla reciproca  distanza, tra le altre regioni  la cui costa sia direttamente  prospiciente l’impianto”. 

Ai fini del raggiungimento dei target regionali il nuovo schema Aree Idonee Rinnovabili riconosce per gli impianti geotermici ad alta e media entalpia e quelli idroelettriciuna potenza nominale aggiuntiva pari alla potenza di ogni fonte rinnovabile per il relativo parametro di equiparazione”. Contestualmente il testo affida al GSE il compito di pubblicare i parametri di equiparazione sulla base della producibilità media rilevata da idro e geotermia rispetto a quella da fonte fotovoltaica.

Il contributo maggiore? Sempre quello della Sicilia con oltre 10,4 GW per la fine del decennio, seguita dalla Lombardia (8,7 GW) e dalla Puglia (7,3 GW).

Decreto Aree Idonee 2024, la capacità assegnata alle Regioni

Impianti rinnovabili: aree Idonee, non idonee, ordinarie o vietate

In base al provvedimento Regioni e Province avranno 180 giorni per individuare sul loro territorio con propria legge quattro tipologie di zone:

  • Le aree idonee, caratterizzate da un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a rinnovabili.
  • Le aree non idonee, le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti, sulla base delle linee guida governative già emanate.
  • Le aree ordinarie, ossia aree diverse dalle precedenti in cui si applicano i regimi autorizzativi ordinari.
  • Le aree vietate, zone che in base alle nuove norme introdotte con l’art.5 del DL Agricoltura sono precluse agli impianti fotovoltaici a terra.

Il potere di definire zone “appropriate e non” rimane, dunque, in mano alle autorità regionali e provinciali, ma, in caso di mancata adozione delle legge nei termini previsti e dopo un richiamo ufficiale con nuovo termine, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica adotterà “le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”.

Decreto Aree Idonee Rinnovabili: Principi e Criteri di individuazione

Il tema è stato uno dei più discussi durante l’iter di approvazione. Dopo una serie di rimaneggiamenti del testo, la formula finale del DM Aree idonee 2024 chiede alle Regioni di prendere in considerazione la massimizzazione delle aree da individuare al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Burden sharing. Dando priorità all’impiego di superfici di strutture edificate, quali:

  • capannoni industriali
  • parcheggi, 
  • aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica.

E verificando  nel contempo l’idoneità di aree non  sfruttabili per altri scopi, come ad esempio le  superfici agricole non utilizzabili.

Alle amministrazioni regionali è lasciata la possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto. Tenendo conto “delle aree immediatamente idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Nelle aree non idonee entreranno automaticamente tutte quelle zone e superfici ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 

Una delle parti più contestate? Le nuove fasce di rispetto, ossia quelle porzioni di territorio a protezione di elementi sensibili nelle quali le trasformazioni urbanistico-edilizie sono sottoposte a disciplina specifica. In base al nuovo decreto le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto. Con un limite massimo di 7 chilometri. I rifacimenti sono esclusi.

Leggi qui il testo in Gazzetta Ufficiale

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Rinnovabili • Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore

Con oltre 10mila richieste inoltrate attraverso lo sportello del GSE, le famiglie del Mezzogiorno e delle Isole hanno rapidamente saturato il contingente. Ora restano solo gli incentivi di reddito energetico per le altre regioni

Incentivi Reddito Energetico, il Sud termina i fondi in 24 ore
Il contatore degli Incentivi del Reddito Energetico 2024. Credits: GSE

 In un giorno prenotato l’80% delle risorse del REN 2024

Gli incentivi del Reddito Energetico Nazionale sono stati un successo. Perlomeno nelle Regioni del Sud Italia, dove in appena 24 ore sono andati esauriti gli 80 milioni di euro messo a disposizione dal regime. Lo hanno fatto sapere il 6 luglio, con note stampa separate, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetici (MASE) e il Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Al netto  dei controlli e delle possibili rinunce, il REN 2024 ha mostrato come l’interesse per il fotovoltaico residenziale sia ancora particolarmente attivo. E come la misura, nata nel 2019 come strumento regionale di contrasto alla povertà energetica, abbia seguito il giusto corso.

Il Reddito Energetico ha visto la luce la prima volta nel Comune di Porto Torres, in Sardegna, come un progetto fortemente voluto dal sindaco pentastellato Sean Wheeler. L’obiettivo? Portare avanti un percorso sociale di rilancio economico del territorio, dotando le famiglie in difficoltà di pannelli solari gratuiti.

La bontà dell’iniziativa, dimostratasi fin da subito un successo, ha convinto prima altre regioni a replicare lo strumento e il poi il Governo Conte a studiare un meccanismo applicabile a tutto il paese. Tuttavia per trasformare l’idea in realtà sono occorsi anni, a causa sia del cambio di Governo e del rimpasto delle funzioni ministeriali che del particolare periodo storico.

Oggi appare chiaro che l’intuizione di Porto Torres possa costituire uno strumento interessante per alleviare la povertà energetica (allora, ben lontani dal caro bolletta 2022, si stimava un risparmio per famiglia di 150-200 euro). Un’opinione condivisa dal ministro dell’Ambiente Pichetto secondo cui “lo strumento ha avuto un buon  impatto e si rivelerà molto utile; in chiave economica ed energetica per le famiglie che lo hanno scelto, ma anche più in generale verso i nostri obiettivi di crescita delle rinnovabili sul territorio”.

Ma veniamo ai dati di questo fine settimana. Secondo le informazioni condivise dal GSE, le domande provenienti da Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna hanno saturato il contingente dedicato al Mezzogiorno. Ossia 80 milioni di euro su un totale annuale di 100 milioni.

Da questi territori sono arrivate, infatti, oltre 10.500 richieste di accesso agli incentivi Reddito Energetico 2024 in appena 24 ore, dalle 12.00 di venerdì 5 luglio 2024.

Ma il portale del GSE resterà aperto. In ballo ci sono ancora le risorse destinate alle famiglie con basso ISEE nel resto delle Regioni e Province autonome d’Italia. In questo caso il budget di 20 milioni di euro risulta “prenotato” solo per un quarto (dati aggiornati all’8 luglio 2024). Con 618 richieste pervenute.

Per controllare l’andamento degli incentivi REN 24 viene in aiuto il Contatore del GSE che mostra le risorse residue, suddivise per zona geografica e in funzione delle richieste depositate.

In attesa di capire quando il bando sarà definitivamente chiuso e se il Gestore riaprirà lo sportello nel corso dell’anno per riassegnare le risorse liberate da rinunce ed esclusioni, c’è chi propone di anticipare gli incentivi del Reddito energetico 2025.

“Visto il grande successo, chiediamo al Governo di anticipare il bando di febbraio, che prevede altri 100 milioni di euro, in modo da permettere a tutti coloro che sono rimasti esclusi di poter fare richiesta”, scrive Antonio Trevisi, Senatore del Movimento 5 Stelle. “È fondamentale agire rapidamente per soddisfare le esigenze dei cittadini e sfruttare al meglio le risorse disponibili e per questo motivo lancio un appello per l’apertura del nuovo bando nazionale già a settembre, evitando di aspettare fino al 2025, e sollecito la Regione Puglia a riaprire il bando del reddito energetico per i fondi residui. E non dimentichiamo che il reddito energetico non è solo un aiuto economico per le famiglie italiane, ma rappresenta anche un passo significativo sul piano ambientale, verso un futuro più sostenibile”.

Leggi anche Incentivi fotovoltaico, i bonus 2024 per privati e famiglie

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