Qual è la strada per la riconversione ecologica dell’economia? Lo hanno spiegato a terra futura la scienziata Vandana Shiva e la politologa Susan George
“E’ in atto una guerra contro la Terra per l’avidità di pochi che concentrano le ricchezze nelle proprie mani mentre le risorse sono necessarie il benessere di tutti e la guerra contro la Terra è una guerra contro gli esseri umani”. Sono le parole con le quali Vandana Shiva, massima teorica dell’ecologia sociale, ha aperto Terra Futura, mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, conclusasi ieri.
Shiva ha espresso le sue preoccupazioni su questa logica drammatica che sta facendo precipitare il nostro pianeta. Il punto di partenza non deve essere quello di considerare la natura come qualcosa di non vivente per cui si ha il diritto di accaparrarsi delle risorse naturali, come l’acqua e le terre coltivabili. Al contrario, il rispetto per l’ambiente è una necessità dell’uomo e, soprattutto in questo momento di crisi, rispettare la natura conviene. Particolarmente sentito il dibattito sulla crisi e la Shiva non si limita a raccontare le vicende dell’India, ricordando che è falso pensare a questo paese solo come una potenza sempre più ricca, dove tutti sono matematici, ingegneri e informatici seduti dietro ai pc, è un’idea sbagliata perché questa rappresentazione rappresenta solo lo 0,1% dell’India, il restante 99,9% sono persone che si trovano ad essere depauperate dei propri beni e delle proprie risorse proprio dalle multinazionali. La verità è che l’India è in prima linea contro la globalizzazione e tutto ciò avviene espropriando terre a persone e comunità. Riguardo la crisi, la pensatrice indiana spiega con semplicità come l’attività economica moderna sia basata sulla crescita, ma questa “pone una frontiera produttiva fittizia al di fuori della quale niente ha valore e questo significa far perdere lavoro e dignità”. La crescita, per la Shiva, è sempre stato un metro di misura sbagliato; oggi è un metodo genocida in quanto presuppone che si possa intaccare la stessa capacità della Terra di dare vita, legittimandone la distruzione con l’unico scopo della sicurezza economica, pagare “il debito” e mantenere un meccanismo finanziario.
Non mancano i riferimenti all’Europa dove la crisi economica è, per la scienziata, la conseguenza dei giochi d’azzardo di Wall Street. Così si cercano aggiustamenti strutturali e le risorse pubbliche sono intaccate e tutto ricade sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati. Il debito è una metafora del nostro tempo: qualcosa di “fittizio” per creare benefici alle banche. Vandana si dice ottimista sulle potenzialità di molte comunità nate nel mondo, forti della consapevolezza che il potere sulle risorse deve tornare nelle proprie mani mettendo in discussione il paradigma della crescita. La crescita non deve essere più misurata sul prodotto finanziario (PIL), ma secondo il benessere e la felicità. Vandana sta collaborando con il governo del Buthan, dedito all’agricoltura biologica, che ha deciso di misurare la sua economia secondo un nuovo indice di ricchezza che sostituisce il PIL, la felicità nazionale lorda.
Alla Shiva ha fatto eco la politologa Susan George che ha espresso preoccupazione per la tenuta della democrazia a causa della dittatura dei mercati e dello spread, considerato qualcosa di indefinibile. La sua è stata una disanima feroce sulla finanza e sul potere che questa ha assunto su “qualunque aspetto della vita”.
Sia la George che la Shiva hanno posto l’accento, in particolare, sulla necessità di usare in maniera appropriata il termine “crescita” per definire con esattezza cosa debba crescere e cosa no: “abbiamo bisogno di un green New Deal, che è un concetto molto più ampio di green economy e assieme a quella ambientale coinvolge anche la dimensione sociale ed economica della sostenibilità” . Entrambe sono convinte che investire nel green serva anche per rilanciare l’occupazione, purché si mettano in campo politiche attive che informino e orientino sulle ampie possibilità occupazionali offerte dai settori.
Nel suo seguitissimo intervento la Shiva, nonostante tutto, ha mostrato ottimismo benché egli stessa ha dichiarato che non è facile trovare una soluzione. Lei crede che l’alternativa esiste e punta su tre paradigmi per riuscire a realizzare un mondo migliore: un grande sforzo, una profonda volontà per compierlo e soprattutto la consapevolezza che è un dovere farlo.
Prima di andare via le viene chiesto se c’è un modo intelligente per rispondere alla crisi. Lei ha risposto con un sorriso: “fare pace fra le persone, dare loro più democrazia, più libertà, più giustizia e più uguaglianza perché – citando Gandhi – la Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, non per l’avidità di alcuni…”.