I tanto declamati danni all’immagine e alla credibilità del vecchio continente sono solo la foglia di fico. In realtà Bruxelles rischia l’estromissione dalle decisioni che contano davvero
(Rinnovabili.it) – Sulla ratifica dell’accordo sul clima di Parigi l’Unione Europea è ancora la grande assente. Ma qual è la reale posta in gioco? È davvero solo una questione di immagine, di credibilità, che sarebbero calpestate se i Ventotto si presentassero a mani vuote alla COP22 di Marrakesh, al via il 7 novembre, dove l’accordo sembra proprio che entrerà in vigore? E per l’Italia sarebbe soltanto un problema di onore offeso, in quanto membro fondatore dell’Unione ma diversi vagoni più indietro della locomotiva franco-tedesca? Come spesso capita quando in ballo ci sono economia e interessi globali, la facciata ridipinta di “spirito di Ventotene” nasconde aspetti decisamente più prosaici. E per comprenderli bisogna fare una veloce incursione negli aspetti tecnici (ma non troppo), tenendo a portata di mano calcolatrice e calendario.
A che punto è la ratifica dell’accordo sul clima
La tabella di marcia per l’entrata in vigore del patto sul clima ha subito un’accelerazione decisiva con la ratifica da parte di Usa e Cina al recente G20 di Hangzhou. Nei giorni scorsi alla conferenza Onu a New York ai due più grandi inquinatori del pianeta si sono poi aggiunti altri Stati. E le loro firme sono state un giro di boa. L’accordo di Parigi infatti ha due clausole: deve avere la firma di almeno 55 Stati, che rappresentino almeno il 55% delle emissioni globali. Due calcoli e vediamo che i paesi che hanno ratificato sono ormai 60, la prima soglia è superata. Ma “pesano” soltanto per il 47,5% delle emissioni. Ma a breve anche India e Giappone aggiungeranno la loro firma e i requisiti saranno entrambi soddisfatti. L’Unione Europea resta fuori da tutto questo.
La stanza dei bottoni si chiama CMA
Chi ne fa parte? Solo gli Stati che hanno ratificato. E quali compiti ha il CMA? Supervisionare l’accordo, decidere come e con quali tempi deve essere implementato. Ma a quel tavolo l’Ue non siederà senza la ratifica dei Ventotto. E non potrà aver voce in capitolo: saranno altri i centri decisionali, i luoghi dell’agenda setting, ben distanti da Bruxelles. Questo non è più soltanto un danno all’immagine del vecchio continente, bensì un pericolo reale perché impedisce di contrattare le condizioni migliori – non necessariamente per il clima, ma per l’industria e l’economia europee certamente sì.
La contromossa dell’UE
La soluzione potrebbe arrivare il 4 ottobre. In programma una seduta del Parlamento che potrebbe procedere alla ratifica a livello comunitario, usando quella firma per accedere al CMA. Infatti in Ue soltanto Francia, Ungheria, Austria e Slovacchia hanno detto sì all’accordo, e la Germania dovrebbe unirsi al gruppo nel volgere di qualche giorno (l’Italia non ha nemmeno calendarizzato una seduta parlamentare dedicata). Per evitare che i membri ritardatari strepitino per la forzatura di Bruxelles, che di fatto scavalca la sovranità dei singoli Stati, secondo fonti di Euractiv sarebbe pronta una dichiarazione di Consiglio e Commissione in cui si assicura che la mossa non costituisce un precedente per altre decisioni future.