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Il TTIP può rendere inutile l’accordo sul clima

Nel mandato Ue per la conferenza di Parigi spicca la richiesta di impedire l’uso dell’ISDS contro le misure per il clima, con un palese riferimento al TTIP

ISDS tre italiani provano ad escluderlo dal TTIP -

 

(Rinnovabili.it) – Per un’azione davvero incisiva sul cambiamento climatico, la Commissione europea e gli Stati membri devono proteggere il futuro patto di Parigi dagli effetti negativi di tutti gli accordi commerciali, siglati o in fase negoziale. Il riferimento al TTIP è molto chiaro nella importante risoluzione adottata dal Parlamento europeo (434 a 96, 52 astenuti) in vista della COP 21.

Al punto 80 del testo, si legge chiaramente che la plenaria

 

invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che qualsiasi misura adottata da una Parte dell’accordo di Parigi relativamente all’obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello tale da impedire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico, o relativamente a qualsiasi dei principi o degli impegni di cui agli articoli 3 e 4 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, non sarà soggetta ad alcun trattato esistente o futuro di una Parte nella misura in cui ammette la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato.

 

cambiamento climatico G20 4La clausola di esonero (exemption clause) è stata proposta di recente da un report dell’esperto di diritto internazionale Gus Van Harten, conscio del pericolo che il meccanismo ISDS (sistema di arbitrato privato spesso utilizzato negli accordi bilaterali o multilaterali di libero scambio) può rappresentare per l’azione climatica. Van Harten è convinto che ogni provvedimento teso a ridurre le emissioni o limitare l’attività climalterante delle grandi industrie, potrebbe virtualmente essere impugnato dalle aziende e neutralizzato dalle corti arbitrali private cui possono rivolgersi. Data la frequenza con cui le cause ISDS prendono di mira le politiche ambientali, Van Harten ha teorizzato questa clausola di salvaguardia per non rischiare di rendere inutile l’accordo della COP 21. Il Parlamento europeo l’ha fatta propria nella risoluzione, ora toccherà ai governi nazionali portarla a Parigi e farla approvare.

«Siamo di fronte alla battaglia del secolo – ha dichiarato Gilles Pargneaux (S&D), relatore del provvedimento – Se non riusciamo ad evitare che il riscaldamento globale superi i 2 °C entro la fine del secolo, vedremo molte più siccità, inondazioni, fusioni dei ghiacciai e scomparse di terreni agricoli. Il cambiamento climatico giocherà un ruolo anche nell’aumento dell’immigrazione».

Nella risoluzione, che rappresenta il mandato della delegazione del Parlamento Ue alla conferenza ONU sul clima, gli eurodeputati hanno fissato le proprie richieste per l’Unione:

– una riduzione di almeno il 40% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030

– un obiettivo di efficienza energetica del 40%

– un target del 30% di rinnovabili entro il 2030.

 

Cambiamenti climatici Bruxelles ammette che gli impegni sono scarsi 3

 

Il testo chiede un rilancio generale della politica climatica europea, in linea con le maggiori ambizioni già fissate dall’impegno comunitario: quel che sollecita Strasburgo è un più vigoroso tentativo di puntare su un taglio delle emissioni dell’80-95% rispetto al 1990 entro il 2050.

Per assicurare un successo agli sforzi comunitari, tuttavia, sarà necessario ottenere un patto climatico vincolante e una revisione pre-2020 degli impegni nazionali (INDCs), al fine di renderli più conformi alle recenti valutazioni scientifiche. Stime non proprio lusinghiere per i membri della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC), dato che gli ultimi tre rapporti hanno messo in guardia che i contributi presentati dalle parti alle Nazioni Unite non eviteranno un aumento delle temperature globali compreso fra 2,7 e 3,5 °C.

Anche in relazione a questo pericolo, il Parlamento europeo ha chiesto l’azzeramento dei sussidi ai combustibili fossili entro il 2020.