Legambiente: “Ambientalisti, enti locali e pescatori uniti contro la scellerata scelta di politica energetica che ora rischia di coinvolgere anche i territori fino ad ora tutelati"
(Rinnovabili.it) -“La Regione prenda subito una posizione netta contro il rischio di nuove trivellazioni”. Questa la richiesta di Legambiente all’Emilia Romagna, la regione in cui è approdata ieri Goletta Verde. E mentre il battello ambientalista fa il punto della situazione delle acque territoriali, gli attivisti rilanciano #StopSeadrilling – NO OIL il manifesto internazionale che promuove l’impegno comune per il futuro del Mare Adriatico. La campagna sta raccogliendo le adesioni di cittadini ed enti locali, ma all’appello manca ancora una voce importante: quella dell’amministrazione regionale, pronta ora a tornare sui quegli stessi passi che nel 23 aprile del 2014 l’avevano portata a sospendere «qualsiasi nuova attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi».
Eppure oggi il territorio è uno dei punti nevralgici del piano sblocca-trivelle del Governo; tra le tre richieste di concessione di coltivazione, ultimo passaggio per poter avviare delle nuove estrazioni, che sono attualmente in fase di valutazione di impatto ambientale, c’è quella ad esempio di cui è titolare ENI, ubicata di fronte la costa tra Rimini e Cesenatico per un’area di 103,6 kmq. Tra le istanze di permesso di ricerca, che si trovano tutte in fase istruttoria (l’inizio dell’iter tecnico amministrativo), c’è quella dell’Adriatic Oil a largo della costa tra Rimini e Cervia per un’area di 430,8 kmq.
“A preoccupare è anche la recentissima scelta del ministero dello Sviluppo Economico che ha autorizzato la società petrolifera Po Valley Operations ad ampliare un titolo già esistente al largo del Delta del Po, nel ravennate. Un’autorizzazione già impugnata dalle associazioni ambientaliste – spiega Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna. La riperimetrazione della superficie precedentemente concessa ha portato ad un’estensione dell’area di ricerca di gas e petrolio in mare da 197 chilometri quadrati a 526 chilometri quadrati e per di più entro le 12 miglia dalla costa, area vincolata e vietata per legge. Se l’ampliamento andasse in porto, a nostro avviso, si avrebbe un via libera per poter trivellare i nostri mari ovunque: a due passi dalle coste e dalle spiagge, dalle aree protette, sempre più a ridosso di luoghi ad alto valore turistico, da nord a sud. Chiediamo che la Regione prenda una posizione netta contro questi rischi”.
L’associazione ambientalista ha anche presentato i risultati dell’analisi condotta da Goletta in undici punti lungo la costa emiliano-romagnola. Il risultato? Tre sono risultati con una carica batterica superiore ai limiti consentiti dalla legge. Un giudizio di fortemente inquinato arriva per il prelievo effettuato alla foce del canale sfioratore sulla spiaggia di Torre Pedrera/Bellaria – Igea Marina nel comune di Rimini; mentre di “inquinati” quelli effettuati alla foce del torrente Marano a Riccione e alla foce del fiume Uniti in località Lido di Dante del comune di Ravenna.
Una situazione che dimostra come non va abbassata la guardia sul fronte del controllo degli scarichi, anche in una regione come l’Emilia-Romagna dove esiste un’alta percentuale di depurazione dei reflui urbani. Ecco perché Legambiente ha chiesto anche che Regione e amministrazioni comunali, sia dei centri costieri che dell’entroterra, si attivino immediatamente per verificare i deficit depurativi ancora presenti.