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Trivelle, il referendum si fa. Via libera dalla Consulta

La Corte Costituzionale conferma il parere della Cassazione. Un quesito del referendum sulle trivelle sopravvive alle picconate del governo. Ma non è finita

Trivelle, il referendum si fa Via libera dalla Consulta

 

(Rinnovabili.it) – Il referendum sulle trivelle è ammissibile, almeno per il quesito sulla durata delle autorizzazioni già rilasciate per ricerca ed estrazione. Lo ha dichiarato la Corte Costituzionale con una sentenza attesissima che verrà pubblicata entro il 10 febbraio e crea non pochi problemi al governo Renzi. Dopo il parere della Cassazione, che aveva dichiarato ininfluenti alcune modifiche allo Sblocca Italia inserite dall’esecutivo nella legge di Stabilità, un secondo macigno si abbatte su Palazzo Chigi. Il tentativo del Ministero dello Sviluppo economico – braccio del governo nella tenzone – di evitare alle compagnie petrolifere lo scoglio della consultazione popolare sta fallendo.

Il quesito referendario approvato dalla Consulta propone di abrogare la norma che consente alle società, già titolari di permessi e concessioni, di sfruttare un giacimento entro il limite delle 12 miglia marine virtualmente per sempre. Lo stratagemma del governo prevedeva di vincolare le autorizzazioni per ricerca ed estrazione «all’intera vita utile del giacimento», fatto che permetterebbe alle compagnie di prendersela comoda e allontanare i costi di dismissione.

 

Trivelle, il referendum si fa Via libera dalla Consulta 2Per altri due quesiti verrà sollevato un conflitto di attribuzione da 9 Regioni italiane (l’Abruzzo si è sfilato all’ultimo) contro il Parlamento. Con questa mossa, i Consigli regionali sperano di costringere il governo a stabilire vincoli temporali per le autorizzazioni e restituire il Piano delle aree – cestinato dalla legge di stabilità – che obbliga l’esecutivo a rifarsi ad uno strumento di pianificazione delle attività estrattive condiviso con i territori. In caso contrario, l’opinione degli enti locali non avrà voce in capitolo quando toccherà scegliere le zone da trivellare.

Facile immaginare che l’eliminazione di qualsiasi spazio negoziale porterebbe ad un aumento degli attriti fra politica nazionale, locale e movimenti in difesa dell’ambiente. Proprio come la celebre legge obiettivo nel caso Tav, questa scelta può recidere gli ultimi legami tra governo e società civile.

 

Non ha perso tempo il Consiglio regionale del Veneto, che ha approvato all’unanimità la proposta dell’ufficio di presidenza di ricorrere alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione sul caso delle previsioni normative, comprese le autorizzazioni concesse dallo Stato, sulle trivellazioni e ricerca di pozzi petroliferi o giacimenti di gas naturale.

Enzo Di Salvatore, coordinatore No Triv
Enzo Di Salvatore, coordinatore No Triv

Se la Corte ammetterà il conflitto e deciderà che vi è stata effettivamente elusione dei quesiti sulla durata dei titoli e sul piano, la sua decisione annullerà le modifiche del Parlamento su questi due punti. Se così fosse, il referendum si potrà celebrare anche sul secondo e terzo quesito.

«Tre quesiti erano stati superati in senso positivo dalle nuove norme poste in Legge di Stabilità, due andranno di fronte alla Corte per il conflitto di attribuzione, uno è passato – ha detto Enzo di Salvatore, costituzionalista che ha redatto il testo e coordina il movimento No Triv – Al momento il fronte referendario è sul 4-2 con Renzi. Il Governo voleva far saltare i referendum per non sovrapporli alle amministrative, visto che i sondaggi davano la vittoria anti trivelle al 67%. Ora restano in piedi i quesiti su Piano Aree e durata titoli: secondo me la Corte Costituzionale darà il via libera anche gli altri due, quindi se il governo non vuole i referendum dovrà modificare la legge anche stavolta a nostro favore».