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Sussidi al carbone: dall’Accordo di Parigi non è cambiato niente

Negli ultimi undici anni, i 10 stati membri più inquinanti hanno elargito sussidi al carbone per 6,3 miliardi di euro l’anno. Anche dopo Parigi

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(Rinnovabili.it) –  Quasi sei miliardi e mezzo di euro. È questo l’ammontare dei sussidi pubblici al carbone elargiti da dieci stati membri dell’Unione Europea a dispetto dell’Accordo di Parigi. Si tratta dei paesi che totalizzano l’84% delle emissioni climalteranti di tutta l’UE, che secondo una media 2005-2016 hanno coperto d’oro l’industria più inquinante sul pianeta: 6,3 miliardi di euro l’anno negli ultimi undici anni, attraverso 65 tipi diversi di aiuti statali.

Invece di investire in tecnologie innovative, denunciano gli analisti dell’Overseas Developement Institute (ODI) che hanno redatto il dossier, i più potenti governi europei stanno utilizzando la transizione verso una economia low carbon per sovvenzionare impianti obsoleti e inquinanti, che andrebbero invece rapidamente sostituiti. La giustificazione opposta per  queste operazioni di capacity payment è l’intermittenza delle fonti rinnovabili, alle quali le centrali a carbone possono subentrare nel momenti in cui dei picchi negativi potrebbero lasciare dei vuoti di offerta.

Ma secondo il rapporto dell’ODI, si tratta di una falsa giustificazione, che nascerebbe da previsioni sbagliate della domanda e dalla volontà di privilegiare gli operatori storici senza alcuna prova che possano costituire una soluzione reale al problema.

 

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In totale, il rapporto ODI ha identificato 65 sussidi del valore di € 6,3 miliardi l’anno per le attività di estrazione del carbone e di generazione elettrica in Francia, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito. Ma è probabile che i dati siano ancora peggiori, dal momento che alcune informazioni non sono disponibili.

Anche dopo l’Accordo di Parigi, nel 2015, sei stati membri presi in considerazione hanno introdotto nuovi sussidi per 875 milioni di euro. Il paese più generoso è la Germania, particolarmente premurosa nei confronti delle imprese che estraggono lignite dalle sue immense miniere. L’impegno del governo è chiudere i rubinetti entro il 2018. Seguono Polonia e Spagna.

La Commissione Europea raccomanda che  i nuovi impianti beneficiari di capacity payment dovrebbero emettere non più di 550 grammi di anidride carbonica per chilowattora. Altrimenti scatta l’aiuto di stato illegittimo. Ciò escluderebbe le centrali a carbone, a meno che non siano dotate di sistemi per la cattura e stoccaggio della CO2. Ma per gli impianti esistenti, c’è tempo fino al 2026 per adeguarsi. O per chiudere.