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Stop agli HFC, 100 Stati vogliono tempi più rapidi

In vista del summit di ottobre a Kigali, in Ruanda, si consolida il fronte di quei paesi che premono per un anticipo sulla data di phase out di questi gas serra dall'altissimo potere climalterante

Stop agli HFC, 100 Stati vogliono tempi più rapidi

 

(Rinnovabili.it) – Dalla conferenza dell’Onu a New York è uscita soltanto una formula senza troppi dettagli, ma potrebbe essere una svolta importante. “Early freeze date”, cioè un anticipo consistente sulla tabella di marcia del phase-out degli idrofluorocarburi (HFC). È l’impegno che si sono assunti più di 100 Paesi (tra cui tutti i 28 membri dell’Unione Europea, tutti i 54 Stati africani e gli Usa) in vista del prossimo – e decisivo – incontro in Ruanda in calendario per ottobre. Nel paese africano si metterà nero su bianco il piano per eliminare questi diffusissimi gas serra, che faranno aumentare la temperatura globale di ben 0,5°C entro la fine del secolo se non li si metterà fuorilegge. L’intesa che verrà raggiunta in Ruanda sarà poi ratificata in Marocco durante la COP22 di novembre.

Cosa significhi nello specifico “early freeze date” non è ancora chiaro. Ma si tratta di un passo in avanti per la revisione del Protocollo di Montreal, che nel 1987 aveva bandito i clorofluorocarburi (CFC) responsabili dell’allargamento del buco dell’ozono. Ma l’industria ha risposto con gli HFC, che hanno un potere climalterante centinaia di volte superiore e fino a 10mila volte più potente delle emissioni di CO2. Questi gas sono usati negli impianti di condizionamento e refrigerazione e sono particolarmente diffusi nei paesi in via di sviluppo.

 

La tempistica decisa nel precedente incontro (il summit di Vienna del luglio scorso) era a due velocità. Per i paesi più industrializzati il limite è il 2030, per gli altri il 2040. A spingere per questa soluzione erano proprio i secondi, India in testa, che temono di essere danneggiati a livello industriale e chiedono più tempo per adeguarsi. Perciò l’incontro in Ruanda si annuncia come un braccio di ferro tra le due posizioni, e l’accordo di massima raggiunto a New York è importante appunto perché dà più forza al fronte di chi preme per anticipare.

In parallelo, dalla conferenza è arrivato un altro risultato di rilievo: sono stati messi sul tavolo i primi fondi reali che saranno destinati ad aiutare nella transizione i paesi più svantaggiati. Per il momento si tratta di appena 80 milioni di dollari destinati soprattutto al miglioramento dell’efficienza energetica.