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Stato del Clima: il 2019 sul podio degli anni più caldi della storia

L'agenzia meteorologica delle ONU rileva che l’anno in corso è sulla buona strada per essere il secondo o il terzo anno più caldo della storia, con una temperatura media globale da gennaio a ottobre, circa 1,1 gradi Celsius rispetto all'era preindustriale.

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Credit: WMO -Photographer: Aleksandar Gospic (CC BY-NC-ND 2.0)

 

WMO pubblica Provisional Statement sullo Stato del Clima globale

(Rinnovabili.it) – “Non siamo in alcun modo sulla buona strada”. Non ci sono parole migliori dei quelle del segretario generale della WMO (Word Meteorological Organization), Petteri Taalas, per commentare gli ultimi dati “climatici” del 2019. La fine dell’anno è ormai prossima e l’Organizzazione ha colto l’occasione della COP 25 di Madrid per pubblicare la versione provvisoria della Dichiarazione sullo Stato del Clima Globale. Il documento, come è facile immaginare, non porta con sé buone notizie: il 2019 mette fine a un decennio segnato da eccezionali aumenti di calore, dalla ritirata dei ghiacci e da una crescita senza precedenti del livello del mare.

Il tutto è strettamente connesso ai gas serra di origine antropica, la cui concentrazione in atmosfera continua a salire, anno dopo anno. Basti pensare alla sola anidride carbonica: nel 2018 la CO2 ha raggiunto un livello record di 407,8 parti per milione (ppm) e nel 2019 non vi è nessun segno di senso contrario.

Le emissioni continuano ad alimentare il riscaldamento globale e con lui tutta una serie di effetti climatici a cascata. Il dato delle temperature è ovviamente il più evidente: secondo gli esperti della WMO il 2019 dovrebbe essere al secondo o terzo posto nella classifica degli anni più caldi mai registrati. Primo indiscusso rimane invece il 2016, iniziato con un episodio insolitamente forte di El Niño. La maggior parte del Pianeta ha registrato temperature più alte rispetto la media recente, specialmente Sud America, Europa, Africa, Asia e Oceania. 

 

Secondo il documento sullo Stato del Clima globale, l’oceano, che funge da cuscinetto per assorbire il calore e l’anidride carbonica, sta pagando uno dei prezzi più pensanti dell’attuale cambiamento climatico. Il suo contenuto termico ha raggiunto livelli eccezionali e le ondate di calore marino sono in aumento. L’acidità dell’acqua di mare è aumentata del 26% dall’inizio dell’era industriale e gli ecosistemi vitali che ospita si stanno progressivamente degradando (leggi anche Oceani e criosfera sono ormai cambiati, l’adattamento è l’unica via).

Altro indicatore climatico preoccupante: il declino a lungo termine del ghiaccio marino artico è stato confermato anche nel 2019. L’estensione media mensile di settembre (di solito la più bassa dell’anno) è la terza registrata per record negativo.

Non stanno meglio le calotte glaciali. Solo la Groenlandia ha perso circa 260 Gt di ghiaccio all’anno dal 2002 al 2016.

 

 

“Su base giornaliera, gli impatti dei cambiamenti climatici si manifestano in condizioni meteorologiche estreme e anormali”, ha aggiunto Taalas. Nel 2019 ciò è significato un intensificazione di ondate di calore e alluvioni. Dalle Bahamas al Giappone passando per il Mozambico: è lunga la lista dei paesi che ha subito gli effetti devastanti dei cicloni tropicali mentre gli incendi boschivi spazzavano Artico e Australia. “Uno dei principali impatti del cambiamento climatico è la pioggia più irregolare”, ha aggiunto il capo della WMO. “Questa è una minaccia per i raccolti agricoli e, combinata con la crescita della popolazione, rappresenterà importanti sfide per la sicurezza alimentare per i paesi più vulnerabili”.

Leggi qui il Provisional Statement sullo Stato del Clima globale