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Smog, Pechino fissa nuovi limiti alle polveri sottili

L'obiettivo per il 2017 è non sforare i 60 microgrammi al mc, ma il limite di sicurezza indicato dall'Oms è meno della metà

Smog, Pechino fissa nuovi limiti alle polveri sottili

 

(Rinnovabili.it) – Sotto la pesante cappa di smog che continua ad ammantare Pechino, la capitale cinese ha fissato gli obiettivi 2017 per la qualità dell’aria. Cifre che fanno capire quanto sia profondo il problema e quanto poco le autorità cinesi riescano (e vogliano) fare per ripulire il cielo. Di fronte al parlamento, presentando il rapporto annuale sulle attività dell’amministrazione, il sindaco Cai Qi ha affermato che “lavoreremo sodo per mantenere i PM2,5 ad una media annuale di circa 60 microgrammi per metro cubo”. Peccato che la soglia massima indicata come accettabile dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sia la metà: tra i 20 e i 25 microgrammi per mc.

Il sindaco ha poi provato a cancellare la situazione critica in cui si trova da mesi la città con una serie di dati ottimisti. La qualità dell’aria è migliorata del 9,9% nell’ultimo anno, ha snocciolato il primo cittadino, mentre la media delle polveri sottili più insidiose (i PM2,5) si è attestata su 73, meglio di quanto richiesto dall’obiettivo fissato per 2016 che fissava il limite a 76,6. Dati che significano poco, visto che nelle fasi più acute dell’emergenza è stata ripetutamente sfiorata la soglia di 300 microgrammi al mc e il governo ha diramato delle istruzioni per sopravvivere.

 

Tra fabbriche all’interno del tessuto urbano, impianti di riscaldamento e mezzi di trasporto vecchi e molto inquinanti, cantieri edili che sollevano polveri e contribuiscono a peggiorare la situazione, Pechino e i suoi 21 milioni di abitanti continuano ad avere un’aria irrespirabile. Gli sforzi del governo fino a questo momento sono stati più provvedimenti di facciata che di sostanza. Di pochi giorni fa è la notizia della creazione, proprio a Pechino, della prima polizia ambientale cinese, nuova forza pubblica schierata dalla capitale contro gli ecoreati urbani, dall’uso dei barbecue all’incenerimento di rifiuti e biomasse.

Una misura che passa per ridicola perché non affronta il vero problema cinese: la sua dipendenza dal carbone, che pesa ancora per il 60% del mix energetico, e la lentezza con cui sta affrontando la transizione energetica. Come ogni anno, Pechino annuncia il giro di vite contro le aziende che inquinano oltre i limiti, ma nella realtà dei fatti i provvedimenti sono pochi e ininfluenti.