Livelli troppo alti di biossido d'azoto e depurazione inadeguata: Bruxelles porta ancora una volta l'Italia di fronte alla Corte di Giustizia europea
Italia a rischio di nuove maxi multe per gli alti livelli di smog
(Rinnovabili.it) – Troppo smog e mancato trattamento adeguato delle acque reflue urbane. La bacchettata all’Italia arriva dalla Commissione europea, che ha deferito il nostro Paese alla Corte di Giustizia europea in merito alla legislazione ambientale su qualità dell’aria e depurazione dei reflui. Le norme UE sulla qualità dell’aria impongono agli Stati membri l’adozione di misure che tutelino i cittadini dall’esposizione agli inquinanti atmosferici. La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, invece, obbliga gli Stati membri a garantire che negli agglomerati o insediamenti urbani vengano raccolte e trattate in modo adeguato le acque reflue, che altrimenti possono essere contaminate da batteri e virus nocivi per la salute dei cittadini.
Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, per la Commissione UE è mancata da parte dell’Italia la protezione dei cittadini dal biossido di azoto (NO2), i cui valori limite – 40 microgrammi per metro cubo – sono sforati in 10 agglomerati, per un totale di 7 milioni di persone coinvolte.
Questo nonostante la Direttiva 2008/50/CE con cui l’Europa ha imposto agli Stati membri, già a partire dal 2010, di garantire ai cittadini la qualità dell’aria su tutto il territorio. Direttiva che ci è valsa già un deferimento., a maggio 2018, per gli alti livelli di particolato registrati sul territorio nazionale.
Le conseguenze di una simile mancata osservanza di quanto prescritto sono sia sanitarie, perché l’inquinamento atmosferico provoca malattie gravi e croniche a livello cardio-vascolare e respiratorio, sia economiche, considerato che le malattie imputabili allo smog costano miliardi di euro in giornate di lavoro perdute. “L’inquinamento atmosferico continua ad essere un’emergenza cronica nella Penisola non più giustificabile con le avverse condizioni meteo-climatiche della pianura padana o legate alla sola stagionalità invernale – commenta il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. “Se continuiamo di questo passo potrebbero arrivare altri deferimenti e nuovi possibili maxi-multe, e a pagare ancora una volta sarebbero i cittadini in termini di salute e soldi”.
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Per quanto concerne la seconda causa, invece, quella sull’inquinamento dell’acqua, nonostante le prescrizioni della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, l’Italia non ha garantito la predisposizione delle adeguate reti fognarie per agglomerati superiori a 2.000 abitanti e nemmeno un adeguato trattamento delle acque reflue prima dello scarico. Gli agglomerati urbani che secondo la Commissione violano le norme UE sono 620 in 16 regioni d’Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto). Si tratta peraltro di violazioni che vanno avanti da 13 anni, sulle quali sono già state confermate due cause, di cui in una l’Italia è stata condannata dalla Corte al pagamento di ammende. “Ancora oggi nella Penisola – aggiunge Ciafani – circa il 25% delle acque di fognatura viene scaricato in mare, nei laghi e nei fiumi, senza essere opportunamente depurato, nonostante siano passati oltre dieci anni dal termine ultimo che l’Unione Europea ci aveva imposto per mettere a norma i sistemi fognari e depurativi”.