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L’appello dal Pacifico: “Abbandonare il sistema di scambio crediti di emissione”

Le Nazioni insulari in via di sviluppo del Pacifico hanno firmato un documento in cui chiedono ai Paesi sviluppati, e in particolare all'Australia, di abbandonare l'Emission Credit System e di innalzare le proprie ambizioni nella lotta al cambiamento climatico.

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Vista aerea della capitale di Tuvau, Funafuti – Foto di Lily-Anne Homasi / DFAT

Il sistema di scambio dei crediti di emissione è stato introdotto nel 2005 dal Protocollo di Kyoto

 

(Rinnovabili.it) – Le Nazioni in via di sviluppo delle isole del Pacifico hanno lanciato un appello alle nazioni economicamente sviluppate per abbandonare al più presto il sistema per lo scambio di crediti di emissione: nel documento finale dell’ultimo Pacific Islands Development Forum, tenutosi alle isole Fiji negli scorsi giorni, i leader di piccole nazioni insulari come le Maldive, Tuvalu e le isole Marshall, hanno ribadito la necessità di rendere più ambiziosi gli obiettivi di taglio delle emissioni fissati con l’Accordo di Parigi anche abbandonando l’Emission Credit System, la compravendita di crediti di emissione largamente utilizzato dalla più inquinante superpotenza della regione: l’Australia.

 

Il sistema di scambio delle emissioni è stato introdotto dal Protocollo di Kyoto nel 2005: permette a nazioni e imprese di vendere e comprare crediti di emissione, ovvero la quota conferita dalle Nazioni Unite ai singoli Paesi al fine di ridurre la quantità globale di CO2 immessa nell’atmosfera. Paesi e compagnie virtuose possono quindi vendere la propria quota di emissioni ad altre Nazioni o imprese che invece faticano a far calare la quantità di gas serra immessi nell’atmosfera.

 

Un meccanismo che, da una parte, consente la riduzione globale delle emissioni, ma che, come sostengono i firmatari della cosiddetta Dichiarazione di Nady Bay, permette ad alcuni Paesi di limitare i propri sforzi per combattere gli effetti del cambiamento climatico e rientrare nei limiti imposti dall’Accordo di Parigi.

 

E’ il caso dell’Australia, la maggiore potenza economica ed energetica della regione, le cui emissioni sono in crescita negli ultimi 4 anni: il subcontinente sta aumentando la produzione e l’esportazione di carbone e gas naturale liquido (LGN) e difficilmente raggiungerà gli obiettivi nazionali di taglio delle emissioni entro il 2030 (-26% o -28% rispetto ai livelli registrati nel 2005).

 

I 9 Paesi firmatari della Dichiarazione si dichiarano “Fortemente preoccupati per la mancanza di comprensione, ambizione e impegno mostrato dalle Nazioni sviluppate del mondo riguardo l’impedire gravi conseguenze che l’attuale crisi climatica pone per i Piccoli Stati Insulari in via di Sviluppo del Pacifico, i quali contribuiscono con una trascurabile quantità di gas serra a questo problema causato dall’uomo”.

 

Ribadendo l’appello a seguire le indicazioni dei report scientifici dell’IPCC, la Dichiarazione di Nady Bay ricorda come diversi studi prevedano che alcuni atolli potrebbero diventare inabitabili già entro il 2030, mentre per il 2100, nazioni insulari come le Maldive, le Isole Marshall, Tuvalu, Kiribati, Tokelau e molte altre potrebbero essere sommerse dall’innalzamento dei mari.

 

Oltre all’abbandono del sistema di crediti, i 9 Paesi firmatari invitano i produttori di carbone ad abbandonare i progetti per nuovi siti d’estrazione e a programmare l’abbandono entro una decade degli impianti di produzione attivi.

Il documento chiede alle Nazioni economicamente sviluppate di eliminare i sussidi alle energie fossili e di incentivare il trasferimento di tecnologie sostenibili verso i Paesi in via di sviluppo.

 

In vista del prossimo summit sul clima delle Nazioni Unite (che si terrà a New York il 23 settembre), il Segretario dell’ONU Antonio Guterres ha invitato i leader di tutti i Governi mondiali a presentare i piani nazionali per fissare l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2050. Il Governo australiano non ha ancora risposto alla lettera del Segretario ONU, mentre tra due settimane è previsto un incontro tra il Primo Ministro australiano, Scott Morrison, e i leader delle nazioni del Pacifico che parteciperanno al Pacific Islands Forum.