La siccità che affligge l'Africa potrebbe colpire in futuro gli Stati Uniti e la Cina, primi produttori mondiali di mais, con effetti letteralmente incontenibili
I paesi produttori di mais più esposti a gravi siccità
(Rinnovabili.it) – L’agricoltura globale non è resiliente, produce monocolture con tecniche industriali impattanti sul terreno e l’ambiente ed è lontana dal risolvere la fame del mondo. Ma soprattutto, la può aggravare. I governi stanno infatti seriamente sottovalutando i rischi di catastrofe nelle principali regioni agricole di tutto il pianeta, esponendo la popolazione mondiale a potenziali carestie dovute ad un inasprimento degli effetti del cambiamento climatico, come siccità e ondate di caldo.
Lo ha rilevato uno studio condotto dai ricercatori britannici del Met Office, che hanno utilizzato il nuovo supercomputer dell’istituto per dimostrare che eventi climatici estremi potrebbero devastare la produzione di cibo se si verificassero in diverse aree chiave contemporaneamente. Il team ha condotto 1.400 simulazioni per capire quali variazioni potrebbero interessare il clima nei prossimi anni, scoprendo che la probabilità di una grave siccità è superiore a quella stimata a seguito di paragoni con i dati storici. Gli scienziati hanno concluso che le attuali politiche agricole potrebbero sottovalutare notevolmente il vero rischio del cambiamento climatico sulla coltivazione del mais e l’approvvigionamento alimentare.
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Gli esperti hanno scelto questa coltura, perché tra le più diffuse al mondo ed è pertanto esposta al riscaldamento globale. Secondo l’analisi, caldo e siccità sono i primi fattori di rischio per il mais, mentre le inondazioni hanno un ruolo marginale. Del resto, basta osservare a quel che è successo in Africa lo scorso anno, con siccità che hanno falcidiato i raccolti in Zambia, Congo, Zimbabwe, Mozambico e Madagascar, gettando sei milioni di persone sull’orlo della fame. Anche se con probabilità più basse, un effetto simile potrebbe colpire in futuro gli Stati Uniti e la Cina, primi produttori mondiali di mais. Una carestia in questi paesi avrebbe impatti letteralmente devastanti, che colpirebbe il 60% della produzione globale.
Dopo aver studiato i rischi connessi a questa coltura, il gruppo di ricercatori britannici sta proseguendo negli approfondimenti: altre produzioni saranno prese in esame, come riso, grano e soia, tre colture che costituiscono il 51% dell’apporto calorico del mondo. Qualsiasi crollo di produzione avrebbe conseguenze calamitose.