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Disastro Samarco, il Brasile vuole i soldi e frena la giustizia

La giustizia brasiliana ha congelato i processi contro Samarco Mineraçao, l’azienda responsabile del disastro ambientale che aveva riversato tonnellate di fanghi tossici nelle acque del Rio Doce

Disastro Samarco, il Brasile vuole i soldi e frena la giustizia

 

(Rinnovabili.it) – La giustizia brasiliana ha congelato i processi contro Samarco Mineraçao, l’azienda responsabile del disastro ambientale che aveva riversato tonnellate di fanghi tossici nelle acque del Rio Doce dopo il cedimento improvviso di due dighe di contenimento nel novembre 2015. La corte federale di Minas Gerais, lo stato dove si è verificata la catastrofe, ha rimesso i fascicoli nel cassetto per facilitare il raggiungimento di un accordo sui risarcimenti tra la compagnia e il Brasile.

 

La decisione non arriva del tutto inaspettata. Il governo non ha mai fatto mistero delle sue vere priorità: risolvere il contenzioso con Samarco, una joint venture tra Vale e BHP Billiton, e far ripartire al più presto le attività estrattive presso le miniere di ferro i cui reflui venivano stoccati nelle dighe crollate. Miliardi di dollari fanno più gola della giustizia, a Brasilia.
Mentre le autorità brasiliane non commentano la decisione, Vale esulta. “Questa è una decisione importante, che riconosce la complessità del caso e l’importanza di raggiungere una soluzione consensuale come modalità efficace per adottare le misure necessarie al fine di porre rimedio agli impatti del crollo delle dighe”, si legge in un comunicato dell’azienda.

 

Cosa succederà adesso? La multinazionale ha tempo 60 giorni per procedere ad una nuova valutazione dei danni ambientali e sociali causati dal disastro. Resta poi ferma la scadenza per accordarsi sui risarcimenti stabilita a gennaio con il governo, cioè il 30 giugno di quest’anno. Samarco considera imprescindibile il riavvio delle sua attività per poter garantire l’erogazione effettiva dei risarcimenti. E il governo non si dice certo contrario. Risarcimenti che per ora ammontano, in tutto, a quasi 50 miliardi di dollari.

La catastrofe del 5 novembre 2015 lasciò senza’acqua potabile 250 mila persone e inquinò i fiumi a valle con un denso sedimento arancione che potrebbe sconvolgere l’ecosistema per anni. Il volume di acqua liberato dalle dighe, che ha sparso rifiuti minerali per circa 500 km, è immenso: 60 milioni di metri cubi, l’equivalente di 25 mila piscine olimpioniche. Per Samarco i fanghi non sono tossici, ma diverse analisi hanno dimostrato che sono nocivi tanto per la fauna quanto per le terre. Oltre a non avere ancora ottenuto risarcimenti, centinaia di sfollati potrebbero ritrovarsi con la fertilità delle loro terre ridotta a zero.